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Articolo Pubblicato il 18 Marzo, 2022

Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Il PTPCT

La legge 190 del 2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, composta di due soli articoli (votata con un voto di fiducia) segna i confini di una serie di istituti volti da una parte, a definire la “politica” e la “strategia” in materia di reati contro la P.A., dall’altra (in modo più estensivo, nel senso di “oltre l’aspetto penalistico”), interviene su una molteplicità di materie e discipline con il fine di rendere trasparente l’azione amministrativa (poi estesa con il modello c.d. FOIA), incidendo sulla condotta del dipendente pubblico allo scopo di ridurre il rischio corruttivo e i conflitti di interessi, ovvero la maladministration intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari (il c.d. interesse secondario)[1].

Il primo PNA tra gli obiettivi strategici ed azioni indicava:

  • ridurre le opportunità che si manifestano casi di corruzione;
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione:
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

Il PNA costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni, ai fini dell’adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPCT), e per gli altri soggetti di cui all’articolo 2 bis, comma 2, del decreto Trasparenza, ai fini dell’adozione di misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, individuando, anche in relazione alla dimensione e ai diversi settori di attività degli enti, i principali rischi di corruzione e i relativi rimedi e contiene l’indicazione di obiettivi, tempi e modalità di adozione e attuazione delle misure di contrasto alla corruzione, confermando un grado di autonomia ai destinatari sulla stesura dei propri Piani, diversamente non si comprende l’esigenza di stendere questi documenti in piena aderenza (sartorialità) ai singoli soggetti, evitando una standardizzazione od effetti c.d. “copia incolla”.

Lo strumento a livello territoriale (decentrato) in grado di assolvere a questa funzione “elettiva” e “valoriale”, in adesione alle indicazioni del PNA, viene individuato nel Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (documento di natura programmatica) che, ai sensi del comma 8 dell’art. 1 della “legge anticorruzione”, viene adottato dall’organo di indirizzo su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) entro il 31 gennaio di ogni anno (quest’anno il 30 aprile)[2].

L’attività di elaborazione (stesura) del Piano non può essere affidata a soggetti estranei all’Amministrazione, essendo una competenza del RPCT, il quale entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, ovvero inserendo all’interno del PTPCT degli obiettivi di formazione obbligatoria individuale sulle diverse misure all’interno delle aree a rischio in relazione all’attività istituzionale dell’amministrazione o del soggetto obbligato (ossia, di quei soggetti che già sono sottoposti al modello MOG 231, vedi l’art. 2 bis, Ambito soggettivo di applicazione, del d.lgs. n. 33/2013, richiamato dal comma 2 bis dell’art. 1 della cit. legge).

La procedura di adozione

Le indicazioni della legge e quelle fornite nei PNA fanno ritenere che il processo di adozione segue un iter formativo con una fase di partecipazione estesa verso l’esterno dell’Ente Locale, visto che la stesura deve coinvolgere necessariamente i responsabili di servizi e il personale (oltre ovviamente all’organo di indirizzo, l’OIV, l’UPD, i collaboratori).

La norma del comma 8, dell’art. 1 della legge n. 190/2012 prevede che l’organo di indirizzo definisca «gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, che costituiscono contenuto necessario»:

  • dei documenti di programmazione strategico-gestionale (DUP);
  • e del Piano triennale per la prevenzione della corruzione.

Un primo passaggio generale sugli indirizzi da parte del Consiglio comunale, si desume dalla lettura della norma ma non risulta indicato dalla legge, rilevando, tuttavia, che nel PNA 2015, al punto 4.1. Ruolo degli organi di indirizzo e dei vertici amministrativi, si forniscono chiare indicazioni in tale direzione: «Per gli enti territoriali, caratterizzati dalla presenza di due organi di indirizzo politico, uno generale (il Consiglio) e uno esecutivo (la Giunta), è utile l’approvazione da parte dell’assemblea di un documento di carattere generale sul contenuto del PTPC, mentre l’organo esecutivo resta competente all’adozione finale. In questo modo l’organo esecutivo (e il suo vertice, il Sindaco/Presidente) avrebbe più occasioni di esaminare e condividere il contenuto del PTPC».

Un secondo passaggio finale di approvazione da parte della Giunta comunale, come espressamente individuata dalla fonte primaria.

Il comma 6, del cit. art. 1, in chiave di semplificazione (e in attesa del PIAO, quale strumento principe di razionalizzazione, semplificazione e delegificazione) stabilisce che «I comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti possono aggregarsi per definire in comune… il piano triennale per la prevenzione della corruzione».

La fase di consultazione pubblica

Questa fase “preadozione” ha l’obiettivo di acquisire le proposte dei c.d. stakeholder (il mondo esterno all’ente), così come espressamente previsto nell’adozione del codice di comportamento (ex comma 5 dell’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001, «con procedura aperta alla partecipazione»), assicurando il coinvolgimento del maggior numero di soggetti, in piena coerenza con il processo di adozione individuato nel primo PNA: «individuazione degli attori esterni all’amministrazione che hanno partecipato alla predisposizione del Piano nonché dei canali e degli strumenti di partecipazione» (anche con i c.d. canali di ascolto), peraltro riportato nella parte 4.1. Trasmissione ed elaborazione dei dati relativi alla pianificazione, attuazione e all’impatto delle politiche anticorruzione, ove si richiede di indicare «le misure di consultazione attuate in sede di elaborazione del PTPC ed i soggetti (interni e/o esterni) sentiti/consultati in sede di elaborazione del PTPC».

Invero, la sez. B.1.1.7, Forme di consultazione in sede di elaborazione e/o di verifica del P.T.P.C., precisa dettagliatamente che «le amministrazioni debbono realizzare delle forme di consultazione, con il coinvolgimento di cittadini e di organizzazioni portatrici di interessi collettivi, ai fini della predisposizione del P.T.P.C., della diffusione delle strategie di prevenzione pianificate, nonché sui risultati del monitoraggio sull’implementazione delle relative misure».

L’indicazione appare cogente in quanto attraverso la consultazione ex ante l’adozione del PTPCT, le amministrazioni possono acquisire delle proposte integrative (una sorta di diritto di accesso partecipativo, ex art. 10 della legge 241/1990, ovvero di dibattito pubblico, ex art. 22 del d.lgs. n. 50/2016), dovendo «poi tener conto dell’esito della consultazione in sede di elaborazione del P.T.P.C. e in sede di valutazione della sua adeguatezza, anche quale contributo per individuare le priorità di intervento»[3].

Non solo, quindi, una consultazione pubblica ma un dovere di considerare le osservazioni pervenute, un obbligo di rendicontazione[4] al punto che:

  • viene individuato un sistema di consultazione in quanto «potranno avvenire o mediante raccolta dei contributi via web oppure nel corso di incontri con i rappresentanti delle associazioni di utenti tramite somministrazione di questionari»[5];
  • viene espressamente richiesto che l’esito delle consultazioni sia «pubblicato sul sito internet dell’amministrazione e in apposita sezione del P.T.P.C., con indicazione dei soggetti coinvolti, delle modalità di partecipazione e degli input generati da tale partecipazione».

Si può ritenere che operativamente si possa procedere:

  • nel caso di aggiornamento: sia richiesta l’acquisizione di proposte integrative al Piano già adottato, ossia quello del precedente triennio (un rinvio mobile al Piano, con link);
  • nel caso di nuova adozione: la pubblicazione di una bozza e la richiesta di osservazioni.

Resta inteso che anche in sede di aggiornamento si possa pubblicare una bozza del Piano aggiornata, eventualmente indicando quelle parti che hanno richiesto e richiedono un nuovo intervento in relazione a fatti nuovi, all’esito del monitoraggio, ovvero, in via obbligatoria, qualora il Piano abbia terminato il ciclo triennale di durata.

Si comprende che il meccanismo di approvazione seguirebbe un doppio passaggio: da una bozza in consultazione redatta dal RPCT, sulla base delle indicazioni programmatiche del Consiglio comunale, e l’adozione finale da parte della Giunta comunale; alcuni si spingono ad adottare anche la bozza con deliberazione di Giunta comunale.

L’adozione del PTPCT nei Piccoli Comuni

Il PNA 2016 dedica la prima sez. della Parte speciale – approfondimenti ai Piccoli Comuni (Enti Locali di dimensioni organizzative ridotte, ossia quelli con popolazione inferiore a 15.000 abitanti) ritenendo, in conformità con le modifiche legislative, di individuare in relazione all’esiguità delle risorse e al fine di agevolare l’applicazione della normativa, modalità organizzative e attuative semplificate nella stesura del PTPCT: principalmente mediante, accordi, convenzioni ed unioni per la stesura di un unico PTPCT a cui le amministrazioni potranno rinviare per le funzioni esercitate/trasferite (vedi ad es. «Qualora i comuni abbiano associato anche la funzione di prevenzione della corruzione, attribuendo all’unione la competenza a redigere un unico PTPC anche per le funzioni non trasferite, il RPCT dell’unione svolge le proprie funzioni anche per i comuni associa… A differenza di quanto previsto per le unioni, non si ritiene ammissibile per le convenzioni la possibilità di redigere un solo PTPC, anche quando i comuni abbiano associato la funzione di prevenzione della corruzione o quando alla convenzione sia demandata la funzione fondamentale di «organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo») non soffermandosi sul processo di adozione del PTPCT.

Nel PNA 2018 (aggiornamento) nella parte Speciale – Approfondimenti la sez. IV Semplificazioni per i Piccoli comuni si ritorna sul tema, confermando che per “Piccoli Comuni” si intendono quelli con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, con ulteriori indicazioni di semplificazioni rivolte «esclusivamente ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, in considerazione delle rilevanti difficoltà operative e organizzative incontrate dagli stessi a causa delle ridotte dimensioni organizzative e dell’esiguità di risorse umane e finanziarie a disposizione».

In modo specifico, sono state previste al punto 4. delle Semplificazioni per l’adozione annuale del PTPC in relazione alle difficoltà ad adottare, ciascun anno, un nuovo completo Piano triennale per la prevenzione della corruzione (PTPC).

In termini concreti, posto che il Piano deve essere adottato annualmente alla scadenza prevista dalla legge del 31 gennaio (salvo dilazione del termine da parte di ANAC), valido per il successivo triennio, si è stabilito che «i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, in ragione delle difficoltà organizzative dovute alla loro ridotta dimensione, e solo nei casi in cui nell’anno successivo all’adozione del PTPC non siano intercorsi fatti corruttivi o modifiche organizzative rilevanti, possono provvedere all’adozione del PTPC con modalità semplificate».

La Giunta comunale, accertata l’assenza di fatti corruttivi e alcuna modifica organizzativa significativa («ipotesi di disfunzioni amministrative significative») nel corso dell’ultimo anno, potrà «confermare il PTPC già adottato».

Invero, nel provvedimento di conferma del PTPCT già adottato l’anno precedente si potranno comunque indicare «integrazioni o correzioni di misure preventive presenti nel PTPC qualora si renda necessario a seguito del monitoraggio svolto dal RPCT».

Anche in questo caso, rimane ferma la necessità di adottare un nuovo PTPC ogni tre anni, in quanto l’art. 1, comma 8 della legge 190/2012 stabilisce la durata triennale di ogni Piano[6], rilevando, altresì, che si potrà richiamare la relazione annuale del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza ai fini motivazionali della conferma del PTPC adottato per il triennio.

Nel punto 5. Adozione annuale del PTPCT, del PNA 2019 l’Autorità riconferma nella sostanza quanto indicato nel precedente PNA: «solo i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, in ragione delle difficoltà organizzative dovute alla loro ridotta dimensione, e solo nei casi in cui nell’anno successivo all’adozione del PTPCT non siano intercorsi fatti corruttivi o modifiche organizzative rilevanti, possono provvedere all’adozione del PTPCT con modalità semplificate (cfr. parte speciale Aggiornamento PNA 2018, Approfondimento IV “Piccoli Comuni”, § 4. “Le nuove proposte di semplificazione”)».

Pare giusto precisare in questo contesto di adozione del PTPCT gli effetti e i termini del provvedimento di “conferma”:

  • in senso proprio, la conferma determina una nuova decorrenza del termine per ricorrere unitamente all’onere di impugnazione specifica, nel senso che con la conferma l’amministrazione svolge una nuova istruttoria e una rinnovata ponderazione degli interessi, con un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, che conduce a un provvedimento diverso dal precedente, e quindi suscettibile di autonoma impugnazione, dimostrando che si è proceduto nel verificare l’assenza di fatti corruttivi (elemento oggettivo di fatto) e di disfunzioni (elemento soggettivo) ad effetti discrezionali/valutativi dell’andamento dell’organizzazione e dell’azione amministrativa;
  • l’atto meramente confermativo quando l’Amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione, ossia (caso di specie) limitandosi ad accertare l’assenza di fatti corruttivi e di modifiche organizzative[7].

Dunque, qualora l’Amministrazione intenda procedere con la mera riconferma, ossia limitandosi a riferire l’assenza di fatti corruttivi (alias procedimenti penali o disciplinari attinenti a fatti di corruzione o di cattiva gestione amministrativa) e di modifiche organizzative (quelle strutturali), potrà procedere all’adozione dell’atto, anche omettendo la fase partecipativa (sarebbe una scansione temporale superflua, un aggravamento, ex art. 1, comma 2 della legge n. 241/1990), ovvero la consultazione pubblica, non avendo operato alcuna nuova istruttoria attenendosi alle indicazioni dell’ANAC (in claris no fit interpretatio), avendo confermato l’atto precedente in presenza delle condizioni che consentono la conferma (si riporterà, quale onere motivazionale, nel testo deliberativo o nelle premesse del PTPCT le due condizioni per la conferma).

Qualora, invece l’amministrazione intenda confermare il precedente Piano con integrazioni, correzioni e aggiornamenti, inverando necessariamente elementi di novità (rectius nuova istruttoria) rispetto al precedente Piano, anche a seguito delle valutazioni del monitoraggio, dovrà procedere con una fase di consultazione pubblica per acquisire l’apporto partecipativo, indispensabile strumento di confronto funzionale ad un’ulteriore fase istruttoria di valutazione delle osservazioni pervenute, e conseguente recepimento se produttivo di effetti migliorativi delle parti integrate o corrette, specie quando possano migliorare efficacemente le misure di prevenzione.

In attesa della luce del PIAO

Nel processo di adozione del PTPCT la semplificazione, la razionalizzazione, la digitalizzazione, la delegificazione (nell’intimo del valore pubblico del futuro PIAO, ex art. art. 6 del D.L. 9 giugno 2021, n. 80)[8] deve consentire ampi margini di autonomia metodologica, specie quando sono chiamati i Piccoli Comuni, i quali (come noto) non rappresentando per dimensione i Grandi Comuni ma pur sempre assolvendo le medesime funzioni, con risorse e personale sicuramente per numero e professionalità presenti non raffrontabili ma ugualmente capaci in termini di risultati, visto che la Nazione si fonda e sostiene su queste realtà “minimali”, essenza storica ed elemento fondante della Patria, nella sua più pura dimensione di Comunità che alimentano un territorio e il suo governo.

[1] Vedi, FERRARINI, Gli interessi secondari strutturali e non strutturali, spazioetico.com, 4 giugno 2021.

[2] ANAC delibera n. 1 del 12 gennaio 2022, Adozione e pubblicazione dei PTPCT 2022-2024: differimento del termine al 30 aprile 2022.

[3] Cfr. la risposta ANAC con la FAQ 5. del Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT), aggiornate successivamente alla emanazione del PNA 2019-2021 (26 marzo 2021): «Ai fini della predisposizione del PTPCT è raccomandato alle amministrazioni di realizzare forme di consultazione, da strutturare e pubblicizzare adeguatamente, volte a sollecitare la società civile e i soggetti portatori di interessi a formulare proposte da valutare in sede di elaborazione del PTPCT».

[4] Nel PNA 2015, punto 1, Valutazioni dei PTPC: le principali criticità rilevate, l’ANAC evidenzia nel coinvolgimento degli attori esterni ed interni, «utile alla migliore qualità del processo di gestione del rischio, e le azioni di accompagnamento per la predisposizione del PTPC», che la partecipazione esterna «è risultato assente nel 55,38%» mentre «il coinvolgimento degli attori interni inadeguato nel 61,25% delle amministrazioni. La qualità delle azioni di accompagnamento, sensibilizzazione e formazione poste in essere per la realizzazione del PTPC sembra essere sostanzialmente non elevata nel 75,98% dei PTPC analizzati». Nelle premesse del PNA 2016, punto 2, Esiti della valutazione dei PTPCT 2016 – 2018, si annota «Sebbene ancora lontani dai livelli ottimali, i dati del monitoraggio vedono emergere un miglioramento significativo in termini di maggior coinvolgimento degli organi di indirizzo politico amministrativo e/o degli uffici di diretta collaborazione (lo scorso anno nei PTPC non erano presenti indicazioni di questo tipo) e degli stakeholder interni ed esterni». Si rinvia, LUCCA, Aggiornamento del Piano nazionale anticorruzione: la deliberazione Anac n. 12 del 28.10.2015, Comuni d’Italia, 2015, n. 6.

[5] Nel ciclo di formazione per i RPCT settembre/dicembre 2021, Modulo n. 1, Introduzione alla stesura del PTPCT VADEMECUM, l’ANAC raccomanda ai fini della predisposizione del PTPCT «di realizzare forme di consultazione, da strutturare e pubblicizzare adeguatamente, volte a sollecitare la società civile e le organizzazioni portatrici di interessi collettivi a formulare proposte da valutare in sede di elaborazione del PTPCT, anche quale contributo per individuare le priorità di intervento».

[6] Cfr. Comunicato del Presidente ANAC del 16 marzo 2018, dove si richiama all’attenzione «delle Amministrazioni sull’obbligatorietà dell’adozione, ciascun anno, alla scadenza prevista dalla legge del 31 gennaio, di un nuovo completo Piano Triennale, valido per il successivo triennio (ad esempio, per l’anno in corso, il PTPC 2018-2020)».

[7] Allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi; in particolare, non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco, e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione; ricorre invece l’atto meramente confermativo quando la pubblica amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione, TAR Sicilia, Catania, sez. I, 5 maggio 2020, n. 1665.

[8] Cfr. Cons. Stato, sez. cons., 2 marzo 2022, n. 506, ove si sofferma sugli aspetti «sostanziali e operativi del disegno, del quale è parte lo schema di Regolamento, la Sezione ritiene che il nuovo strumento immaginato non debba configurarsi come un semplice layer of bureacracy entro il quale i diversi piani precedenti vadano semplicemente a giustapporsi ma debba esserne occasione di riconfigurazione e integrazione, dandosi come obiettivo di migliorare verso l’esterno, ossia verso i cittadini e le imprese, l’azione della pubblica amministrazione. È questa la principale sfida alla quale è chiamato il Piao, nella sua intrinseca, attuale, eterogeneità».