«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 19 Agosto, 2020

Nessuna situazione di inconferibilità e incompatibilità (ex d.lgs. n. 39/2013) per la partecipazione ad una procedura concorsuale a dirigente: va accertata all’esito della nomina.

Nessuna situazione di inconferibilità e incompatibilità (ex d.lgs. n. 39/2013) per la partecipazione ad una procedura concorsuale a dirigente: va accertata all’esito della nomina.

In via preliminare, l’art. 60 e ss. del d.P.R. n. 3/1957 individua i casi di incompatibilità (assoluti) a ricoprire un incarico pubblico, mentre gli artt. 28 e ss. del d.lgs. n. 165/2001 indicano i requisiti di accesso alla qualifica di dirigente, l’art. 1 del d.lgs. n. 33/2013 prevede «ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali… nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico si osservano le disposizioni contenute nel presente decreto, fermo restando quanto previsto dagli articoli 19 e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle altre disposizioni vigenti in materia di collocamento fuori ruolo o in aspettativa».

L’incarico di dirigente avviene al termine di una procedura concorsuale (o con un atto di nomina) con la sottoscrizione del contratto, dove viene stabilita la decorrenza del rapporto di lavoro, un momento genetico necessario nel quale sorgono vincoli tra le parti (prestazione – retribuzione), donde «al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico» (ex comma 2, quarto periodo, dell’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001).In questo senso, l’art. 12 (vedi, anche, l’art. 67 «il contratto individuale di lavoro») dell’ipotesi di CCNL (del 16 luglio 2020) della dirigenza prevede al comma 1 che «il rapporto di lavoro tra l’Amministrazione … e l’interessato si costituisce mediante contratto individuale che ne regola il contenuto in conformità alle disposizioni di legge, alle normative dell’Unione Europea ed alle disposizioni contenute nei CCNL».

Prima di procedere all’assunzione, in una fase antecedente alla costituzione del rapporto che avviene con la sottoscrizione del contratto, dopo il provvedimento di nomina (a seguito di procedura concorsuale o selettiva), l’interessato, come specificato nel CCNL, entro un termine determinato (che potrà essere prorogato), «è tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità… di non trovarsi in nessuna delle situazioni di incompatibilità ed inconferibilità, previste dalle disposizioni di legge che regolano la materia. In caso di incompatibilità, l’interessato dovrà produrre esplicita dichiarazione di opzione per il rapporto di lavoro esclusivo con la nuova Amministrazione».

In questo arco temporale, nel quale il soggetto vincitore/nominato è titolare di una posizione qualificata all’assunzione, dovrà rendere una dichiarazione sulle proprie condizioni di inconferibilità (con le precisazioni che seguiranno) o decidere quale ruolo assumere tra quello incompatibile, rilevando che «scaduto il termine… l’Amministrazione … comunica all’interessato di non procedere alla stipulazione del contratto».

Ne consegue che in presenza di un’ipotesi di inconferibilità dichiarata o accertata dalla P.A.[1], o in mancanza di opzione, il rapporto non può essere instaurato né può essere sottoscritto il relativo contratto: tali condizioni dirimenti (o impedenti) sono verificabili concretamente al momento del sorgere del vincolo negoziale.

Ciò posto, occorre analizzare le cause di inconferibilità e incompatibilità del d.lgs. n. 39/2013 (ex art. 1, comma 2, lettere g) e h):

A. si definisce «INCONFERIBILITÀ», la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal presente decreto:

  • a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale;
  • a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi;
  • a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico.

B. si definisce «INCOMPATIBILITÀ», l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni:

  • tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico;
  • lo svolgimento di attività professionali;
  • ovvero l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico.

Il quadro delineato è riferito al momento di “conferimento” dell’incarico, anche quando si va a definire cosa s’intende per “incarichi dirigenziali interi/esterni”, dove si presenta la condizione avverante che coincide con l’affidamento dell’incarico dirigenziale, ossia la stipula del contratto di lavoro.

Avremo le seguenti ipotesi:

  • l’inconferibilità in caso di condanna, anche con sentenza non passata in giudicato (ex 3);
  • l’inconferibilità per gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall’amministrazione o dall’ente pubblico che conferisce l’incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall’amministrazione o ente che conferisce l’incarico (ex 4);
  • l’inconferibilità per incarichi dirigenziali per coloro che nei due anni precedenti (ovvero, nell’anno precedente nei comuni superiori a 15 mila abitanti) siano stati componenti di giunta o consiglio regionale/provinciale/comunale che conferisce l’incarico (ex 7);
  • i casi di incompatibilità, definiti negli artt. 9 – 14, si occupano di distinguere le incompatibilità all’atto del conferimento dell’incarico, ovvero con l’assunzione della carica (e il suo mantenimento)[2].

Gli atti di conferimento e i relativi contratti stipulati in violazione delle disposizioni del decreto sono nulli, e lo svolgimento di incarichi in una delle condizioni di incompatibilità comporta la decadenza dell’incarico e la risoluzione del relativo contratto di lavoro subordinato, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato dell’insorgere della causa di incompatibilità (ovvero, anche dopo la sottoscrizione del contratto).

Ora, al di là del soggetto che istruisce e procede con la sanzione[3], si tratta di individuare il momento nel quale le condizioni operano (con riferimento specifico alla decorrenza del termine di due o un anno), ossia se tali condizioni sono riferite:

  • al momento della nomina, e l’attività di verifica ex ante è funzionale alla stesura del provvedimento di incarico;
  • ovvero, di nomina del vincitore del concorso a dirigente, ossia nel momento di sottoscrizione del contratto;
  • ovvero, andando oltre, al momento della partecipazione alla selezione, dove l’interessato non può essere titolare di alcuna posizione qualificata, non avendo contribuito al titolo con la proclamazione degli esiti delle prove finali, con l’individuazione del vincitore del concorso a dirigente.

Si comprende che i tre termini di decorrenza del periodo di raffreddamento possono dilatare il periodo temporale di inconferibilità, impedendo da una parte, la partecipazione al concorso, dall’altra, esercitando l’opzione al buio qualora il soggetto partecipante alla selezione non risultasse in graduatoria utile per l’assunzione dell’incarico (con una sorta di incompatibilità in “astratto” o “potenziale”, con evidenti effetti preclusivi della norma in assenza di una reale ed effettiva incompatibilità).

Se la ratio del d.lgs. n. 39/2013 è quella di contrastare un effetto distorsivo del più generale fenomeno del “conflitto di interessi”, che è quello di evitare che un soggetto, al momento della cessazione della carica politica, possa ricoprire una carica di amministratore dell’ente in controllo o di dirigente (il fenomeno del c.d. pantouflage, ovvero il divieto di assumere incarichi in enti privati post – mandato, e/o il cd. revolving doors, il passaggio da una carica ad un incarico all’altro in costanza di rapporto) è indispensabile che il riferimento non possa che coincidere con il momento di assunzione della carica o dell’incarico dirigenziale.

Questo in adesione al procedimento di verifica disposto dalla Linee Guida ANAC (cit. nelle note) ove l’interessato al momento di presentazione della candidatura effettua la dichiarazione sulla propria posizione, che sarà vagliata dal responsabile del procedimento, prima di procedere con la sottoscrizione dell’atto di nomina da parte del soggetto titolare della competenza: la verifica, alias possesso dei requisiti di inconferibilità va vagliata al momento della nomina e, l’opzione sulla incompatibilità, al momento dell’accettazione della carica/incarico.

Più precisamente e a conferma il punto 3, «Attività di verifica del RPC sulle dichiarazioni concernenti la insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità», delle Linee Guida ANAC n. 833/2016, richiede espressamente – al fine dell’efficacia dell’incarico (ex comma 4 dell’art. 20 del d.lgs. n. 39/2013) e come previsto dalle legge che «nell’ambito dell’attività di accertamento assegnata al Responsabile nel procedimento…, deve tenersi conto dell’art. 20 del decreto 39/2013, che impone a colui al quale l’incarico è conferito, di rilasciare, all’atto della nomina, una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità o incompatibilità individuate dallo stesso decreto», segnando in modo inequivocabile il momento preclusivo sul possesso dei requisiti e, di converso, con riferimento al titolare del potere di nomina (chi conferisce l’incarico) «dal dovere di accertare, nel rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità di cui al citato art. 97 Cost. i requisiti necessari alla nomina, ovvero, per quanto qui rileva, l’assenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità in capo al soggetto che si vuole nominare».

Le indicazioni definiscono una modalità del procedimento di conferimento dell’incarico che si perfeziona (scrive l’ANAC) «solo all’esito della verifica, da parte dell’organo di indirizzo e della struttura di supporto, sulla dichiarazione resa dall’interessato, da effettuarsi tenendo conto degli incarichi risultanti dal curriculum vitae allegato alla predetta dichiarazione e dei fatti notori comunque acquisiti».

Diversamente opinando, si preclude al soggetto che abbia ricoperto una carica elettiva di partecipare ad una procedura concorsuale per la nomina a dirigente (preclusione estesa ben oltre l’ambito territoriale di esercizio del mandato), dove l’esito non può che essere incerto, rinviando, dunque, al termine della procedura, dopo l’approvazione dei verbali concorsuali e l’individuazione del vincitore (a seguito di una procedura vagliata da una commissione tecnica di esperti), la verifica dell’assenza degli impedimenti in coincidenza con la sottoscrizione del contratto.

Una clausola del bando che richiedesse il possesso dei requisiti al momento della formulazione della partecipazione al concorso sarebbe immediatamente preclusiva, ergo impugnabile da subito, con evidenti conseguenze in tema di responsabilità a carico dell’Amministrazione per la lesione di un diritto all’accesso al pubblico impiego di portata costituzionale (ex art. 51 Cost.), tralasciando ulteriori aspetti riferiti all’aggravamento procedimentale (oltre che risarcitorio) con clausole restrittive ingiustificate della platea dei potenziali aspiranti.

In sede di domanda, per la partecipazione al concorso, il candidato dovrà semmai dichiarare la propria situazione rispetto alle condizioni di “inconferibilità/incompatibilità” dell’incarico che potrebbero – in quel momento – impedirne la nomina ma solo – effettivamente – all’esito della procedura e prima della stipulazione del contratto; una volta accertata l’idoneità al posto, si dovrà verificare la permanenza degli impedimenti, e solo in quel caso dichiarane l’inconferibilità o la successiva incompatibilità (mancato esercizio dell’opzione), e quindi, senza stipulare il contratto di lavoro dirigenziale.

La soluzione prospettata è coerente con le c.d. “FAQ in materia di Anticorruzione[4] dell’ANAC dove al punto «7.15, Quando deve essere rilevata una ipotesi di inconferibilità?» risponde chiaramente senza esitazioni: «La sussistenza di una ipotesi di inconferibilità va rilevata, all’esito delle procedure concorsuali e fatto salvo il perfezionamento del rapporto di lavoro, nel momento del conferimento dell’incarico, allorché l’interessato è tenuto a presentare la dichiarazione di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 39 del 2013».

[1] Vedi, ANAC, Determinazione n. 833 del 3 agosto 2016, «Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi inconferibili e incompatibili».

[2] Per un approfondimento, si rinvia ad un personale contributo, Poteri e doveri del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità (note a margine della determinazione A.N.AC. n. 833 del 3 agosto 2016), LexItalia.it, 21 settembre 2016, n. 9.

[3] Sul punto, viene evidenziato che, «ferme restando le competenze di vigilanza ed accertamento dell’ANAC sulla corretta applicazione del testo normativo del d.lgs. n. 39 del 2013 – non individui espressamente l’autorità competente a garantire l’esecuzione delle conseguenze sanzionatorie previste della norma stessa, non potrebbe dubitarsi che essa sia proprio l’ANAC, in ragione del richiamo dell’art. 21 del d.lgs. n. 39 del 2013 da parte del citato art. 53, comma 16-ter», Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2019, n. 7411. Vedi, anche, Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2020, n. 2149.

[4] Vedi, link.