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Articolo Pubblicato il 25 Aprile, 2025

Revisione o rinegoziazione del prezzo

Revisione o rinegoziazione del prezzo

La sez. IV Palermo del TAR Sicilia, con la sentenza 23 aprile 2025, n. 889 (Est. Stefanelli), chiarisce la distinzione tra revisione prezzi e rinegoziazione, a fronte di un contratto che ha allungato il periodo di durata e non una semplice proroga tecnica, rilevando (di conseguenza) la legittimità di un diniego ove la rinegoziazione include (già) la revisione del prezzo (ovvero, non può essere rinegoziato ulteriormente)[1].

Revisione prezzi

L’allegato II bis, Modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, del d.lgs. n. 36/2023 (inserito dal c.d. correttivo), si occupa di definire le modalità della clausola di revisione del prezzo, dove all’art. 60, comma 1, del cit. Codice si dispone che «Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi riferite alle prestazioni oggetto del contratto»: una specie di cristallizzazione del prezzo offerto e aggiudicato (sia per lavori che per i contratti di durata, oltre che per i subappalti, parte finale comma 4 quater, «L’allegato II.2-bis disciplina le modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, tenuto conto della natura e del settore merceologico dell’appalto, e degli indici disponibili e ne specifica le modalità di corresponsione, anche in considerazione dell’eventuale ricorso al subappalto»).

Il sistema delineato nell’allegato prevede parametri di riferimento (la decorrenza al momento della determinazione di aggiudicazione, visto che i tempi di conclusione della gara sono certi: un obbligo per la stazione appaltante, anche senza richiesta dell’operatore economico e per questo da monitorare):

  • 4, Indice sintetico revisionale per i contratti di lavori;
  • 12, Verifica della variazione del prezzo dei contratti, modalità e termini di pagamento della revisione prezzi.

In questo contesto l’art. 2, Clausole di revisione prezzi e equilibrio contrattuale, e 3, Attivazione delle clausole di revisione prezzi, dell’allegato 2 bis fornisce la nozione e lo scopo della revisione: garantire meccanismi automatici di riequilibrio contrattuale al verificarsi delle particolari condizioni, di cui all’articolo 60, comma 2, del Codice (variazione dei costi in aumento o diminuzione percentuale), e qualora il sistema non assicuri il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale e non è possibile garantire il medesimo principio mediante rinegoziazione secondo buona fede, è sempre fatta salva la possibilità di invocare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto.

Sembra di comprendere che siamo in presenza di un meccanismo obbligatorio di adeguamento prezzi introdotto direttamente dalla legge, non subordinato a una valutazione discrezionale della PA, ma deve essere riconosciuto d’ufficio, sulla base dei parametri fissati dal legislatore; ragione per cui, sussistendo i presupposti, si dovrà riconoscere l’adeguamento nella misura ivi indicata senza alcuna discrezionalità[2].

La revisione prezzi diventa una clausola obbligatoria (ordinaria) che non modifica le condizioni del contratto: aspetto che la differenzia rispetto alla rinegoziazione, quest’ultima opera all’interno di uno specifico procedimento che comporta una modifica del contratto (funzionale alla conservazione del rapporto).

Rinegoziazione

L’art. 9, Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale, del d.lgs. n. 36/2023, ammette al primo comma che per sopraggiunte «circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali»[3].

Sono condizioni estranee alla normale alea del contratto dovuta all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato/impresa, dove la rinegoziazione costituisce, comunque, un obbligo.

Il comma 2, del cit. art. 9, chiarisce che «la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica», con la possibilità (diritto) di riduzione proporzionale del corrispettivo quando le medesime circostanze sopravvenute rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti.

Fatti

Il ricorso viene proposto contro il diniego di una revisione prezzi di un appalto di servizi di pulizia, richiedendo al giudice l’annullamento del provvedimento per garantire il diritto alla revisione dei prezzi contrattuali, oltre interessi moratori.

La parte ricorrente annota, altresì, che prima della scadenza naturale del contratto vi è stato un differimento del termine: la fattispecie in questione risulterebbe inquadrabile nell’ambito della proroga della durata del contratto originario, con conseguente riconoscimento del diritto alla revisione dei prezzi (ex art. 115 del d.lgs. n. 163/2006).

La controparte a propria difesa precisa che non si tratterebbe di una mera proroga, bensì di un nuovo rapporto contrattuale instaurato a seguito di una vera e propria rinegoziazione tra le parti.

Merito

Il ricorso viene rigettato (con condanna alle spese) sull’erroneità di prospettazione del rapporto, confondendo la proroga tecnica (prevista per garantire la continuità del servizio, nelle more dell’espletamento della gara, risultando una procedura dal carattere eccezionale, in deroga all’ordinario obbligo dell’Amministrazione di individuare il privato contraente attraverso il confronto concorrenziale)[4], da un nuovo negozio giuridico, a seguito della rinegoziazione del contratto.

Le modifiche contrattuali intervenute rispetto alle originarie condizioni sono indicative, al di là del nomen iuris, di una modifica soggettiva del rapporto, oltre che oggettiva del titolare del contratto (all’inizio la parte ricorrente aderiva ad una Convezione Consip con determinati servizi, successivamente questi risultano parzialmente diversi).

In questo senso, si annota che «le citate modifiche contrattuali – soggettive ed oggettive – sono indici sintomatici della sopravvenienza di un nuovo rapporto negoziale, che è stato accettato da entrambe le parti attraverso una rinegoziazione dell’accordo, pur se sorto in via di fatto».

La rinnovazione dell’accordo – ovvero, rinegoziazione – esclude la revisione del prezzo.

Rilievi e differenze

Definito il perimetro, il Tribunale si allinea all’orientamento giurisprudenziale[5] secondo il quale il presupposto per la revisione del prezzo risiede nella sussistenza di una mera proroga del contratto: ciò in quanto le manifestazioni negoziali di procedere al rinnovo del contratto, anche se di contenuto analogo alle condizioni precedenti, danno luogo a nuovi e distinti rapporti giuridici, in discontinuità con l’originario contratto, che non può essere assunto a parametro di raffronto per la maggiorazione dei corrispettivi a mezzo del procedimento di revisione.

Manca un termine di paragone: un bilanciamento per dimostrare un significativo scostamento del valore negoziale definito a monte, in relazione alla durata del rapporto.

Nel caso di specie, nel primo periodo le prestazioni erano di un tipo; nel secondo periodo (quello conseguito a seguito di un’apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale), le condizioni risultavano modificate rispetto alla pria fase (quella originaria), determinando un nuovo e diverso (autonomo) assetto degli interessi (le obbligazioni), sic, da cui non può trovare ingresso (applicazione) il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale di rendere il servizio al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo[6].

Per qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo, piuttosto che proroga) si dovrà valutare nel concreto le condizioni esistenti:

– per il rinnovo, di una nuova negoziazione che rivede le condizioni iniziali[7];

– per la proroga, del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario[8].

(pubblicato, gruppodelfino.it, 24 aprile 2025)

[1] Fuori da una disciplina contrattuale o normativa specifica, la revisione dei prezzi non costituisce né un dovere in capo all’Amministrazione, né un diritto del fornitore ma un’evenienza rimessa al raggiungimento di un comune accordo delle parti, Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 2025, n. 2458.

[2] Cfr. TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 16 aprile 2025, n. 167.

[3] In materia di contratti di appalti pubblici, deve ritenersi che, a differenza della proroga, il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, sicché deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a un distinto, nuovo ed autonomo rapporto giuridico, ancorché di contenuto analogo a quello originario, mentre nel caso di proroga contrattuale le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, il quale per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario, TAR Sicilia, Catania, sez. II, 13 novembre 2023, n. 3383.

[4] La c.d. proroga tecnica è ipotizzabile solo in via del tutto eccezionale, poiché costituisce una violazione dei principi eurounitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, sicché è configurabile solo per esigenze di continuità dell’azione amministrativa, qualora, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare provvisoriamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente, TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 18 giugno 2024, n. 155, idem TAR Lazio, Roma, sez. III, 24 marzo 2022, n. 3344.

[5] Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4869 e sez. III, 9 maggio 2012, n. 2682.

[6] Cfr. Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2020 n.2860 e sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779.

[7] Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295.

[8] Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9302 e sez. VI, 22 marzo 2002, n. 1767.