«Libero Pensatore» (sempre)

La sez. II del T.A.R. Piemonte, con Ia sentenza 7 luglio 2025, n. 1143, si sofferma sull’obbligo di astensione dell’assessore comunale che vota un provvedimento incidente la sfera giuridica di un terzo, terzo verso il quale offre la propria attività di coltivatore diretto del terreno di proprietà (della parte ricorrente), rilevando l’assenza del conflitto di interessi.

Inoltre, il GA accoglie il ricorso sull’errata determinazione dell’IMU, il cui valore non ha rispettato i chiari criteri di legge[1].

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Il conflitto di interessi dell’assessore deliberante l’IMU

Il conflitto di interessi dell’assessore deliberante l’IMU

La sez. II del T.A.R. Piemonte, con Ia sentenza 7 luglio 2025, n. 1143, si sofferma sull’obbligo di astensione dell’assessore comunale che vota un provvedimento incidente la sfera giuridica di un terzo, terzo verso il quale offre la propria attività di coltivatore diretto del terreno di proprietà (della parte ricorrente), rilevando l’assenza del conflitto di interessi.

Inoltre, il GA accoglie il ricorso sull’errata determinazione dell’IMU, il cui valore non ha rispettato i chiari criteri di legge[1].

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La sez. V Palermo del TAR Sicilia, con la sentenza 13 maggio 2025, n. 1042 (Estensore Illuminati), si sofferma sui confini del conflitto di interessi del consigliere comunale in sede di votazione, affermando che la situazione che impone l’astensione (alias allontanamento dall’aula)[1] non può essere valutata in astratto ma dimostrata nel concreto (ovvero, dando conto degli elementi capaci di condizionare l’esito del voto)[2], donde la piena legittimità della deliberazione adottata.

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Conflitto di interessi del consigliere comunale in sede di votazione

Conflitto di interessi del consigliere comunale in sede di votazione

La sez. V Palermo del TAR Sicilia, con la sentenza 13 maggio 2025, n. 1042 (Estensore Illuminati), si sofferma sui confini del conflitto di interessi del consigliere comunale in sede di votazione, affermando che la situazione che impone l’astensione (alias allontanamento dall’aula)[1] non può essere valutata in astratto ma dimostrata nel concreto (ovvero, dando conto degli elementi capaci di condizionare l’esito del voto)[2], donde la piena legittimità della deliberazione adottata.

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La trasparenza amministrativa postula la capacità del privato di “comprendere” l’esercizio della funzione pubblica attraverso la partecipazione procedimentale (ex art. 10, Diritti dei partecipanti al procedimento, della legge 241/1990), oppure mediante l’accesso amministrativo “strumentale”, ispirato alla logica del “need to know”, per la tutela di un interesse diretto, attuale e concreto, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata (ex art. 22, comma 1, lett. b), della cit. legge)[1].

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Niente accesso agli atti di un affidamento diretto da parte del terzo

Niente accesso agli atti di un affidamento diretto da parte del terzo

La trasparenza amministrativa postula la capacità del privato di “comprendere” l’esercizio della funzione pubblica attraverso la partecipazione procedimentale (ex art. 10, Diritti dei partecipanti al procedimento, della legge 241/1990), oppure mediante l’accesso amministrativo “strumentale”, ispirato alla logica del “need to know”, per la tutela di un interesse diretto, attuale e concreto, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata (ex art. 22, comma 1, lett. b), della cit. legge)[1].

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Il comma 3, terzo periodo, dell’art. 45, Incentivi alle funzioni tecniche, del d.lgs. n. 36/2023, affida ad una disciplina interna i criteri di riparto dell’incentivo stabilita «dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti»: un atto generale, non necessariamente di fonte regolamentare, semplificandone l’iter, accelerando le modalità applicative, rispetto alle precedenti previsioni (ossia, oggetto di contrattazione decentrata integrativa, e successivo recepimento in sede di regolamento), in assenza delle quali il dipendente poteva far valere solo un’azione risarcitoria per inottemperanza agli obblighi dal legislatore posti a carico delle Amministrazioni appaltanti.

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Giurisdizione ordinaria nelle controversie per gli incentivi di progettazione

Giurisdizione ordinaria nelle controversie per gli incentivi di progettazione

Il comma 3, terzo periodo, dell’art. 45, Incentivi alle funzioni tecniche, del d.lgs. n. 36/2023, affida ad una disciplina interna i criteri di riparto dell’incentivo stabilita «dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti»: un atto generale, non necessariamente di fonte regolamentare, semplificandone l’iter, accelerando le modalità applicative, rispetto alle precedenti previsioni (ossia, oggetto di contrattazione decentrata integrativa, e successivo recepimento in sede di regolamento), in assenza delle quali il dipendente poteva far valere solo un’azione risarcitoria per inottemperanza agli obblighi dal legislatore posti a carico delle Amministrazioni appaltanti.

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In via generale, ai sensi del comma 1, dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio (atto di secondo grado o di ritiro, con effetti ex tunc, della PA nell’esercizio della discrezionalità non dell’obbligatorietà):

  • sussistendone le ragioni di interesse pubblico;
  • entro un termine ragionevole[1], comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione (si sostanzia nella rimozione di un limite all’esercizio di facoltà giuridiche già incluse) o di attribuzione di vantaggi economici (attribuzione di vantaggi finanziari in grado di impegnare pro futuro la programmazione dell’attività/sfera giuridica del beneficiario), inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato il silenzio assenso (ex 20 della cit. legge, ad es. i titoli edilizi che si formano implicitamente)[2], con possibilità di superare il termine a fronte di “irregolarità/falsità insanabili” (comma 2 bis) non potendo il privato responsabile vantare alcun legittimo affidamento nell’eventualità che questi abbia violato consapevolmente o per negligenza il dovere di correttezza (presentando documenti/stati/fatti non veritieri)[3];
  • tenendo conto degli interessi dei destinatari (soggetti direttamente incisi) e dei controinteressati (bilanciamento dei soggetti che trovandosi in una contrapposta posizione consolidata, mira al suo mantenimento);
  • dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge (dotato di competenza).
  • fatta salva (facoltà) la possibilità di convalida sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole (comma 2).

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Indicazioni sul potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio

Indicazioni sul potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio

In via generale, ai sensi del comma 1, dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio (atto di secondo grado o di ritiro, con effetti ex tunc, della PA nell’esercizio della discrezionalità non dell’obbligatorietà):

  • sussistendone le ragioni di interesse pubblico;
  • entro un termine ragionevole[1], comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione (si sostanzia nella rimozione di un limite all’esercizio di facoltà giuridiche già incluse) o di attribuzione di vantaggi economici (attribuzione di vantaggi finanziari in grado di impegnare pro futuro la programmazione dell’attività/sfera giuridica del beneficiario), inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato il silenzio assenso (ex 20 della cit. legge, ad es. i titoli edilizi che si formano implicitamente)[2], con possibilità di superare il termine a fronte di “irregolarità/falsità insanabili” (comma 2 bis) non potendo il privato responsabile vantare alcun legittimo affidamento nell’eventualità che questi abbia violato consapevolmente o per negligenza il dovere di correttezza (presentando documenti/stati/fatti non veritieri)[3];
  • tenendo conto degli interessi dei destinatari (soggetti direttamente incisi) e dei controinteressati (bilanciamento dei soggetti che trovandosi in una contrapposta posizione consolidata, mira al suo mantenimento);
  • dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge (dotato di competenza).
  • fatta salva (facoltà) la possibilità di convalida sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole (comma 2).

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Per far fronte ad esigenze temporanee[1], con i severi limiti di spesa in materia del personale[2], l’Amministrazione può ricorrere al “lavoro flessibile[3] all’interno del quadro specifico dei rapporti di coloro che collaborano con le Pubbliche Amministrazioni in virtù di contratti diversi da quello di lavoro subordinato a tempo indeterminato, risultando una modalità derogatoria della normale “provvista” del personale, da seguire con cautele e motivandone le ragioni.

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Confermata la mancanza di colpa grave nella reiterazione del rapporto a termine

Confermata la mancanza di colpa grave nella reiterazione del rapporto a termine

Per far fronte ad esigenze temporanee[1], con i severi limiti di spesa in materia del personale[2], l’Amministrazione può ricorrere al “lavoro flessibile[3] all’interno del quadro specifico dei rapporti di coloro che collaborano con le Pubbliche Amministrazioni in virtù di contratti diversi da quello di lavoro subordinato a tempo indeterminato, risultando una modalità derogatoria della normale “provvista” del personale, da seguire con cautele e motivandone le ragioni.

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