«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Inquadramento

Il regime vigente, codificato dall’art. 53, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TUPI), pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati e per cariche sociali in società), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7, che l’attività occasionale espletabile dal dipendente pubblico sia preceduta da una previa autorizzazione datoriale ed anche le attività c.d. “liberalizzate” (ovvero, liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali, ex art. 53, comma 6, d.lgs. n. 165), esigono l’assenza del conflitto di interessi, anche potenziale (nei termini che seguiranno).

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Part time e incarichi esterni nella PA

Part time e incarichi esterni nella PA

Inquadramento

Il regime vigente, codificato dall’art. 53, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (TUPI), pur individuando, al primo comma, situazioni di incompatibilità assoluta (sancite dagli artt. 60 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 per lo svolgimento di attività imprenditoriali, commerciali, libero-professionali, ed altri lavori pubblici o privati e per cariche sociali in società), il cui espletamento porta alla decadenza dall’impiego previa diffida, prevede anche, al comma 7, che l’attività occasionale espletabile dal dipendente pubblico sia preceduta da una previa autorizzazione datoriale ed anche le attività c.d. “liberalizzate” (ovvero, liberamente esercitabili senza previa autorizzazione, in quanto espressive di basilari libertà costituzionali, ex art. 53, comma 6, d.lgs. n. 165), esigono l’assenza del conflitto di interessi, anche potenziale (nei termini che seguiranno).

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(estratto pubblicato: Revisione prezzi e mancata stipulazione del contratto in condizioni emergenziali: possibili soluzioni, Comuni d’Italia, 2022, n. 4 e Appalti&Contratti, 2022, n. 5)

Inquadramento

L’attuale situazione emergenziale sanitaria, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia (il conflitto armato in Ucraina), hanno prodotto una serie di effetti negativi sull’economia e sui contratti pubblici, inducendo il legislatore ad un intervento per assicurare la funzionalità degli apparati pubblici, e nello specifico contrastare l’aumento dei prezzi dovuto ad un quadro altamente incerto di sviluppo (rectius di approvvigionamento dei beni necessari per l’esecuzione dei contratti di affidamento di lavori, servizi e forniture), ossia di reperimento delle risorse (i materiali) e dei relativi costi, risultando (a volte) del tutto aleatorio la sottoscrizione di un contratto di appalto pubblico da parte dell’operatore economico aggiudicatario: si interviene sulle condizioni di cui all’art. 106, Modifica di contratti durante il periodo di efficacia, del d.lgs. n. 50/2016 (le c.d. «circostanze impreviste e imprevedibili»).

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Revisione prezzi e mancata stipulazione del contratto in condizioni emergenziali: possibili soluzioni

Revisione prezzi e mancata stipulazione del contratto in condizioni emergenziali: possibili soluzioni

(estratto pubblicato: Revisione prezzi e mancata stipulazione del contratto in condizioni emergenziali: possibili soluzioni, Comuni d’Italia, 2022, n. 4 e Appalti&Contratti, 2022, n. 5)

Inquadramento

L’attuale situazione emergenziale sanitaria, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia (il conflitto armato in Ucraina), hanno prodotto una serie di effetti negativi sull’economia e sui contratti pubblici, inducendo il legislatore ad un intervento per assicurare la funzionalità degli apparati pubblici, e nello specifico contrastare l’aumento dei prezzi dovuto ad un quadro altamente incerto di sviluppo (rectius di approvvigionamento dei beni necessari per l’esecuzione dei contratti di affidamento di lavori, servizi e forniture), ossia di reperimento delle risorse (i materiali) e dei relativi costi, risultando (a volte) del tutto aleatorio la sottoscrizione di un contratto di appalto pubblico da parte dell’operatore economico aggiudicatario: si interviene sulle condizioni di cui all’art. 106, Modifica di contratti durante il periodo di efficacia, del d.lgs. n. 50/2016 (le c.d. «circostanze impreviste e imprevedibili»).

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Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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Con la sentenza n. 7 del 20 febbraio 2020, la sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta analizza i poteri sindacali nel precludere un’attività che ha ingenerato allarme sociale, con conseguente necessità di tutelare l’incolumità delle persone e di garantire, altresì, l’ordine pubblico, unitamente all’esigenza di prevenzione dell’emissione di rumori molesti (inerenti all’attività di caccia).

Nella fattispecie, una serie di comitati e federazioni per la gestione venatoria ricorrono contro un’ordinanza sindacale (reiterata)[1], nel silenzio di una richiesta di rimozione in autotutela[2], con la quale è stata istituita una zona di divieto di esercizio dell’attività venatoria nel territorio comunale, con decorrenza immediata e fino alla sua eventuale revoca.

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Divieto di caccia, potere di ordinanza del sindaco e istruttoria adeguata

Divieto di caccia, potere di ordinanza del sindaco e istruttoria adeguata

Con la sentenza n. 7 del 20 febbraio 2020, la sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta analizza i poteri sindacali nel precludere un’attività che ha ingenerato allarme sociale, con conseguente necessità di tutelare l’incolumità delle persone e di garantire, altresì, l’ordine pubblico, unitamente all’esigenza di prevenzione dell’emissione di rumori molesti (inerenti all’attività di caccia).

Nella fattispecie, una serie di comitati e federazioni per la gestione venatoria ricorrono contro un’ordinanza sindacale (reiterata)[1], nel silenzio di una richiesta di rimozione in autotutela[2], con la quale è stata istituita una zona di divieto di esercizio dell’attività venatoria nel territorio comunale, con decorrenza immediata e fino alla sua eventuale revoca.

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La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1567 del 7 marzo 2019 conferma i poteri del sindaco in materia di orario di apertura dei negozi commerciali, riformando il pronunciamento di primo grado.

Alcuni operatori economici ricorrevano al giudice di prime cure avverso ad un’ordinanza sindacale recante una nuova disciplina degli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali e, in generale, delle attività produttive insistenti sul territorio comunale.

Il Tribunale accoglieva il ricorso ravvisando l’illegittimità dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente (ex articolo 50, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000), seguiva appello dell’Amministrazione civica che in punto di diritto, al contrario, ribadiva che l’ordinanza impugnata in primo grado si qualificava come atto di natura ordinaria volto a disciplinare gli orari di apertura degli esercizi ai sensi dell’articolo 50, comma 7 del TUEL che testualmente prevede che il Sindaco

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Orario di apertura dei negozi e potere sindacale

Orario di apertura dei negozi e potere sindacale

La quinta sez. del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1567 del 7 marzo 2019 conferma i poteri del sindaco in materia di orario di apertura dei negozi commerciali, riformando il pronunciamento di primo grado.

Alcuni operatori economici ricorrevano al giudice di prime cure avverso ad un’ordinanza sindacale recante una nuova disciplina degli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali e, in generale, delle attività produttive insistenti sul territorio comunale.

Il Tribunale accoglieva il ricorso ravvisando l’illegittimità dello strumento dell’ordinanza contingibile e urgente (ex articolo 50, comma 5 del D.Lgs. n. 267/2000), seguiva appello dell’Amministrazione civica che in punto di diritto, al contrario, ribadiva che l’ordinanza impugnata in primo grado si qualificava come atto di natura ordinaria volto a disciplinare gli orari di apertura degli esercizi ai sensi dell’articolo 50, comma 7 del TUEL che testualmente prevede che il Sindaco

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