«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il Consigliere comunale, ai sensi del comma 2, dell’art. 43, Diritti dei consiglieri, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), ha un diritto pieno (inerente allo status) di accedere ai dati, agli atti e alle informazioni/notizie in possesso dell’Amministrazione di appartenenza (e sue/oi “partecipate/partecipati”)[1], trovando, secondo una costante giurisprudenza, l’unico limite all’accesso, in termini generali, nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’Amministrazione[2].

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Le infruttuose azioni del consigliere comunale sull’esaudito diritto di accesso

Le infruttuose azioni del consigliere comunale sull’esaudito diritto di accesso

Il Consigliere comunale, ai sensi del comma 2, dell’art. 43, Diritti dei consiglieri, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), ha un diritto pieno (inerente allo status) di accedere ai dati, agli atti e alle informazioni/notizie in possesso dell’Amministrazione di appartenenza (e sue/oi “partecipate/partecipati”)[1], trovando, secondo una costante giurisprudenza, l’unico limite all’accesso, in termini generali, nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’Amministrazione[2].

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Assistiamo con una certa frequenza ad aggressioni all’interno della scuola, da un collaboratore scolastico picchiato, davanti agli studenti, per un parcheggio[1], ad un insegnante aggredito dal padre di uno studente[2], rendendo sempre più animata la cronaca da fatti che non si vorrebbe sentire.

Incipit: ogni ambiente di lavoro presenta dei rischi, tuttavia, a volte, evitabili.

Le responsabilità del datore di lavoro

Senza andare oltre, la Corte d’Appello di Venezia, sez. Lav., con la sentenza del 19 ottobre 2023 (RG 370/2020) analizza un caso di violenza da parte di un minore (alunno) verso l’insegnante, condannando l’istituzione scolastica di inerzia nell’aver omesso di intervenire con adeguato supporto alle richieste di un sostegno per assistere quelle situazioni di “disagio” («i testi escussi in primo grado hanno riferito di essere stati loro stessi colpiti con pugni e calci dal ragazzo il quale aveva avuto comportamenti similari anche con compagni di scuola») che esigono la dovuta attenzione: messa in atto di programmi/azioni, utili strumenti di prevenzione da una parte, di ausilio dell’alunno, dall’altra parte, quale risposta al rischio di infortunio da parte degli insegnanti e alunni.

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La tutela della classe insegnante

La tutela della classe insegnante

Assistiamo con una certa frequenza ad aggressioni all’interno della scuola, da un collaboratore scolastico picchiato, davanti agli studenti, per un parcheggio[1], ad un insegnante aggredito dal padre di uno studente[2], rendendo sempre più animata la cronaca da fatti che non si vorrebbe sentire.

Incipit: ogni ambiente di lavoro presenta dei rischi, tuttavia, a volte, evitabili.

Le responsabilità del datore di lavoro

Senza andare oltre, la Corte d’Appello di Venezia, sez. Lav., con la sentenza del 19 ottobre 2023 (RG 370/2020) analizza un caso di violenza da parte di un minore (alunno) verso l’insegnante, condannando l’istituzione scolastica di inerzia nell’aver omesso di intervenire con adeguato supporto alle richieste di un sostegno per assistere quelle situazioni di “disagio” («i testi escussi in primo grado hanno riferito di essere stati loro stessi colpiti con pugni e calci dal ragazzo il quale aveva avuto comportamenti similari anche con compagni di scuola») che esigono la dovuta attenzione: messa in atto di programmi/azioni, utili strumenti di prevenzione da una parte, di ausilio dell’alunno, dall’altra parte, quale risposta al rischio di infortunio da parte degli insegnanti e alunni.

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È noto che nella determinazione del contenuto di uno strumento urbanistico generale l’Amministrazione gode di ampi margini di prospettiva politica, dove la motivazione è ricavabile dai criteri tecnico – discrezionali presenti nei documenti, nella piena consapevolezza che le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà[1].

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Aspetti coesistenti nell’ordine di demolizione e in una convenzione urbanistica scaduta

Aspetti coesistenti nell’ordine di demolizione e in una convenzione urbanistica scaduta

È noto che nella determinazione del contenuto di uno strumento urbanistico generale l’Amministrazione gode di ampi margini di prospettiva politica, dove la motivazione è ricavabile dai criteri tecnico – discrezionali presenti nei documenti, nella piena consapevolezza che le scelte urbanistiche di carattere generale costituiscono apprezzamenti di merito tendenzialmente sottratte al sindacato di legittimità, salvo che siano inficiate da errori di fatto, oppure da gravi o abnormi illogicità, oppure da irragionevolezza o da contraddittorietà[1].

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La sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 963 del 22 settembre 2022, interviene nel dichiarare inammissibile un appello concernente il rigetto di un’istanza del terzo di autorizzazione alla consultazione da remoto (rectius accesso telematico) del fascicolo telematico relativo ad un giudizio per l’espletamento dell’attività difensiva.

L’accesso agli atti processuali e diverso dal diritto di accesso documentale

In generale, giova rammentare che gli atti di un processo (civile) non rientrano, al pari di tutti gli atti giudiziari o processuali, tra quelli ostensibili[1] atteso che i limiti della nozione di attività amministrativa, nei cui confronti è esperibile il diritto di accesso a documenti che vi si ricolleghino, negano la proponibilità dell’actio ad exhibendum in relazione ad atti attinenti all’esercizio della funzione giurisdizionale o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo[2].

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Nessun diritto di accesso documentale agli atti processuali

Nessun diritto di accesso documentale agli atti processuali

La sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 963 del 22 settembre 2022, interviene nel dichiarare inammissibile un appello concernente il rigetto di un’istanza del terzo di autorizzazione alla consultazione da remoto (rectius accesso telematico) del fascicolo telematico relativo ad un giudizio per l’espletamento dell’attività difensiva.

L’accesso agli atti processuali e diverso dal diritto di accesso documentale

In generale, giova rammentare che gli atti di un processo (civile) non rientrano, al pari di tutti gli atti giudiziari o processuali, tra quelli ostensibili[1] atteso che i limiti della nozione di attività amministrativa, nei cui confronti è esperibile il diritto di accesso a documenti che vi si ricolleghino, negano la proponibilità dell’actio ad exhibendum in relazione ad atti attinenti all’esercizio della funzione giurisdizionale o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo[2].

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Il pronunciamento

La sez. II Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 aprile 2022, n. 676, interviene per delimitare la richiesta risarcitoria a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nell’adottare un’ordinanza di rimozione rifiuti, in assenza di una preventiva messa in mora del silenzio, ex art. 2 della legge n. 241/1990.

Tutela a fronte del silenzio della PA

È noto affinché possa configurarsi il silenzio inadempimento contestabile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge cit. e degli artt. 31, Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità, e 117, Ricorsi avverso il silenzio, c.p.a., occorre che sussista un obbligo di provvedere e che, decorso il termine di conclusione del procedimento, non sia stato assunto alcun provvedimento espresso, avendo tenuto l’Amministrazione procedente una condotta inerte.

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Nessun risarcimento del danno in mancanza della c.d. pregiudiziale attenuata

Nessun risarcimento del danno in mancanza della c.d. pregiudiziale attenuata

Il pronunciamento

La sez. II Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 aprile 2022, n. 676, interviene per delimitare la richiesta risarcitoria a fronte dell’inerzia dell’Amministrazione nell’adottare un’ordinanza di rimozione rifiuti, in assenza di una preventiva messa in mora del silenzio, ex art. 2 della legge n. 241/1990.

Tutela a fronte del silenzio della PA

È noto affinché possa configurarsi il silenzio inadempimento contestabile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, Conclusione del procedimento, della legge cit. e degli artt. 31, Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità, e 117, Ricorsi avverso il silenzio, c.p.a., occorre che sussista un obbligo di provvedere e che, decorso il termine di conclusione del procedimento, non sia stato assunto alcun provvedimento espresso, avendo tenuto l’Amministrazione procedente una condotta inerte.

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ll c.d. preavviso di rigetto tra buona fede e legittima aspettativa del privato

Il procedimento amministrativo

delineato dalla legge generale n. 241 del 1990 segna in parte una rivisitazione del principio di consequenzialità (per la quale un atto non può essere compiuto se non viene adottato un atto che nella sequenza normativa necessariamente precede) che concerne l’obbligo, da parte della Pubblica Amministrazione, di adottare atti e decisioni coerenti con quanto contenuto sia con gli altri atti del procedimento stesso, sia con le circolari e le direttive contenenti indicazioni a tale riguardo, in piena esecuzione degli elementi di fatto e di diritto che reggono il provvedimento e che costituiscono le basi giuridiche affinché l’atto stesso venga ad esistenza, con la conseguenza che l’esistenza dell’atto amministrativo (in assonanza con la consequenzialità delle fasi procedimentali) deve essere sostenuta (ex articolo 21 septies) da un minimum di elementi indispensabili perché un atto possa considerarsi valido, e questi elementi sono ricadenti nella piena individuazione del soggetto legittimato, nell’oggetto idoneo (che rappresenta il termine attivo e quello passivo dell’atto), nella forma, nel contenuto e nelle finalità (che devono sempre tendere al raggiungimento del pubblico interesse o della sua finalizzazione).

Si può subito sostenere che procedimento amministrativo e provvedimento amministrativo sono intimamente legati da meccanismi formali e procedurali che devono essere rispettati pena la nullità (annullabilità) dell’atto, dovendo rilevare che sia la carenza di un elemento essenziale che la presenza di una violazione alle regole del procedimento comporta sicura invalidità (da non confondere con la mera irregolarità, ex comma 2 dell’art.21 octies), invalidità che va connessa alla conformazione dell’atto alle ipotesi delineate astrattamente dall’ordinamento, e la mancanza di una formalità (ora sostanziale) prevista dalla legge (ci si riferisce all’articolo 10 bis) si proietta nell’incapacità dell’atto (rectius provvedimento) ad essere titolare di poteri incidenti sulla sfera giuridica del terzo, per il negato rispetto delle norme giuridiche che ne legittimano sia il potere che l’esistenza, costituendo motivo valido di caducazione per la violazione delle prescrizioni generali (come vedremo da una prima sentenza sul punto).

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ll c.d. preavviso di rigetto tra buona fede e legittima aspettativa del privato

ll c.d. preavviso di rigetto tra buona fede e legittima aspettativa del privato

Il procedimento amministrativo

delineato dalla legge generale n. 241 del 1990 segna in parte una rivisitazione del principio di consequenzialità (per la quale un atto non può essere compiuto se non viene adottato un atto che nella sequenza normativa necessariamente precede) che concerne l’obbligo, da parte della Pubblica Amministrazione, di adottare atti e decisioni coerenti con quanto contenuto sia con gli altri atti del procedimento stesso, sia con le circolari e le direttive contenenti indicazioni a tale riguardo, in piena esecuzione degli elementi di fatto e di diritto che reggono il provvedimento e che costituiscono le basi giuridiche affinché l’atto stesso venga ad esistenza, con la conseguenza che l’esistenza dell’atto amministrativo (in assonanza con la consequenzialità delle fasi procedimentali) deve essere sostenuta (ex articolo 21 septies) da un minimum di elementi indispensabili perché un atto possa considerarsi valido, e questi elementi sono ricadenti nella piena individuazione del soggetto legittimato, nell’oggetto idoneo (che rappresenta il termine attivo e quello passivo dell’atto), nella forma, nel contenuto e nelle finalità (che devono sempre tendere al raggiungimento del pubblico interesse o della sua finalizzazione).

Si può subito sostenere che procedimento amministrativo e provvedimento amministrativo sono intimamente legati da meccanismi formali e procedurali che devono essere rispettati pena la nullità (annullabilità) dell’atto, dovendo rilevare che sia la carenza di un elemento essenziale che la presenza di una violazione alle regole del procedimento comporta sicura invalidità (da non confondere con la mera irregolarità, ex comma 2 dell’art.21 octies), invalidità che va connessa alla conformazione dell’atto alle ipotesi delineate astrattamente dall’ordinamento, e la mancanza di una formalità (ora sostanziale) prevista dalla legge (ci si riferisce all’articolo 10 bis) si proietta nell’incapacità dell’atto (rectius provvedimento) ad essere titolare di poteri incidenti sulla sfera giuridica del terzo, per il negato rispetto delle norme giuridiche che ne legittimano sia il potere che l’esistenza, costituendo motivo valido di caducazione per la violazione delle prescrizioni generali (come vedremo da una prima sentenza sul punto).

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