«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 7 settembre 2022 n. 7794, afferma la possibilità di rendere inapplicabile il principio della rotazione degli inviti e degli affidamenti, ex comma 1, dell’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, quando non vi sia continuità tra le prestazioni contrattuali.

La rotazione e i limiti

Il principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata[1] e mira a evitare il crearsi di rendite di posizione in capo al contraente uscente favorendo, per converso, l’apertura al mercato più ampia possibile sì da riequilibrarne (e implementarne) le dinamiche competitive, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo alla PA di cambiare per ottenere un miglior servizio[2].

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La rotazione possibile

La rotazione possibile

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 7 settembre 2022 n. 7794, afferma la possibilità di rendere inapplicabile il principio della rotazione degli inviti e degli affidamenti, ex comma 1, dell’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, quando non vi sia continuità tra le prestazioni contrattuali.

La rotazione e i limiti

Il principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata[1] e mira a evitare il crearsi di rendite di posizione in capo al contraente uscente favorendo, per converso, l’apertura al mercato più ampia possibile sì da riequilibrarne (e implementarne) le dinamiche competitive, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo alla PA di cambiare per ottenere un miglior servizio[2].

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Il PTPCT

La legge 190 del 2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, composta di due soli articoli (votata con un voto di fiducia) segna i confini di una serie di istituti volti da una parte, a definire la “politica” e la “strategia” in materia di reati contro la P.A., dall’altra (in modo più estensivo, nel senso di “oltre l’aspetto penalistico”), interviene su una molteplicità di materie e discipline con il fine di rendere trasparente l’azione amministrativa (poi estesa con il modello c.d. FOIA), incidendo sulla condotta del dipendente pubblico allo scopo di ridurre il rischio corruttivo e i conflitti di interessi, ovvero la maladministration intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari (il c.d. interesse secondario)[1].

Il primo PNA tra gli obiettivi strategici ed azioni indicava:

  • ridurre le opportunità che si manifestano casi di corruzione;
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione:
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

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Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Il PTPCT

La legge 190 del 2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, composta di due soli articoli (votata con un voto di fiducia) segna i confini di una serie di istituti volti da una parte, a definire la “politica” e la “strategia” in materia di reati contro la P.A., dall’altra (in modo più estensivo, nel senso di “oltre l’aspetto penalistico”), interviene su una molteplicità di materie e discipline con il fine di rendere trasparente l’azione amministrativa (poi estesa con il modello c.d. FOIA), incidendo sulla condotta del dipendente pubblico allo scopo di ridurre il rischio corruttivo e i conflitti di interessi, ovvero la maladministration intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari (il c.d. interesse secondario)[1].

Il primo PNA tra gli obiettivi strategici ed azioni indicava:

  • ridurre le opportunità che si manifestano casi di corruzione;
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione:
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

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Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per funzioni tecniche tra affidamenti diretti informali e comparazioni formali, cercando una nozione compatibile di “gara”

Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].

In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.

Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].

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