«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La prima sez. del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza 22 settembre 2020 n. 327 dichiara l’illegittimità di un’aggiudicazione ad un operatore economico che ha presentato un prodotto con caratteristiche tecniche diverse rispetto a quelle espressamente richieste, quando l’equivalenza viene esclusa in presenza di “specifiche minime” non ritraibili.

In effetti, si può subito rilevare che deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti espressamente per la partecipazione alla gara[1].

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Specifiche tecniche, equivalenza e causa di esclusione

Specifiche tecniche, equivalenza e causa di esclusione

La prima sez. del T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, con la sentenza 22 settembre 2020 n. 327 dichiara l’illegittimità di un’aggiudicazione ad un operatore economico che ha presentato un prodotto con caratteristiche tecniche diverse rispetto a quelle espressamente richieste, quando l’equivalenza viene esclusa in presenza di “specifiche minime” non ritraibili.

In effetti, si può subito rilevare che deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti espressamente per la partecipazione alla gara[1].

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La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

Revoca aggiudicazione e risparmi di spesa

La sez. II del T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza 15 settembre 2020, n. 1143, dichiara la legittimità di una procedura di revoca dell’aggiudicazione, avviata con richiesta d’offerta sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (cd. RDO), a seguito dell’adesione di una convenzione di un soggetto aggregatore, ex art. 26 della legge n. 488/1999 e art. 1, comma 499, della legge n. 208/2015, giustificata da un risparmio di spesa.

Di converso, sussiste la facoltà per le Amministrazioni (ivi comprese le amministrazioni statali centrali e periferiche) di attivare in concreto propri strumenti di negoziazione laddove tale opzione sia orientata a conseguire condizioni economiche più favorevoli rispetto a quelle fissate all’esito delle convenzioni-quadro, rilevando che qualora più convenienti l’Amministrazione ben può ricorrere, senza peraltro un’articolata motivazione[1].

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Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 22 agosto 2019 n. 5780, delinea le conseguenze della mancata (rifiuto) stipula del contratto, pur in presenza di una consegna anticipata del bene oggetto della concessione.

La questione nella sua essenzialità, vede il rifiuto di stipulare un contratto di concessione di un impianto sportivo aggiudicato a seguito di gara e consegnato nelle more del perfezionamento degli atti; il concessionario al momento dell’invito, e a seguito di ripetute diffide, mostrava la volontà di evitare la sottoscrizione del contratto, sollevando una serie di contestazioni non rilevate sino a quel momento[1].

Giova rammentare che, già nel vigore della legge sulla contabilità di Stato, si è consolidato nella giurisprudenza un principio generale, per il quale – quando l’aggiudicatario di una gara pubblica “senza giustificazione” non stipula il contratto – siamo di fronte alla presenza di un danno risarcibile, che può andare oltre all’eventuale cauzione versata[2].

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Forma scritta, rifiuto alla stipula del contratto concessorio e consegna anticipata di impianti sportivi

Forma scritta, rifiuto alla stipula del contratto concessorio e consegna anticipata di impianti sportivi

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 22 agosto 2019 n. 5780, delinea le conseguenze della mancata (rifiuto) stipula del contratto, pur in presenza di una consegna anticipata del bene oggetto della concessione.

La questione nella sua essenzialità, vede il rifiuto di stipulare un contratto di concessione di un impianto sportivo aggiudicato a seguito di gara e consegnato nelle more del perfezionamento degli atti; il concessionario al momento dell’invito, e a seguito di ripetute diffide, mostrava la volontà di evitare la sottoscrizione del contratto, sollevando una serie di contestazioni non rilevate sino a quel momento[1].

Giova rammentare che, già nel vigore della legge sulla contabilità di Stato, si è consolidato nella giurisprudenza un principio generale, per il quale – quando l’aggiudicatario di una gara pubblica “senza giustificazione” non stipula il contratto – siamo di fronte alla presenza di un danno risarcibile, che può andare oltre all’eventuale cauzione versata[2].

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Il Garante per la protezione dei dati personali (doc. web n. 8997418. Registro dei provvedimenti n. 260 del 3 maggio 2018) interviene nel limitare il diritto di accesso civico ai titoli edilizi[1].

È noto che l’art. 5 «Accesso civico a dati e documenti» del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. decreto Trasparenza) stabilisce:

  • al primo comma, l’accesso civico (c.d. semplice), inteso come «L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione», ovvero tutto ciò che è previsto dal cit. decreto[2];
  • al secondo comma, l’accesso civico generalizzato (denominato anche accesso universale), «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 – bis»[3], rilevando che il diritto di accesso civico generalizzato è escluso nei casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti (vedi, ad es., l’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 che detta espressamente una disciplina sull’accesso in parte derogatoria rispetto alle ordinarie regole)[4].

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Diniego di accesso civico generalizzato ai titoli edilizi

Diniego di accesso civico generalizzato ai titoli edilizi

Il Garante per la protezione dei dati personali (doc. web n. 8997418. Registro dei provvedimenti n. 260 del 3 maggio 2018) interviene nel limitare il diritto di accesso civico ai titoli edilizi[1].

È noto che l’art. 5 «Accesso civico a dati e documenti» del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. decreto Trasparenza) stabilisce:

  • al primo comma, l’accesso civico (c.d. semplice), inteso come «L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione», ovvero tutto ciò che è previsto dal cit. decreto[2];
  • al secondo comma, l’accesso civico generalizzato (denominato anche accesso universale), «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 – bis»[3], rilevando che il diritto di accesso civico generalizzato è escluso nei casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti (vedi, ad es., l’art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016 che detta espressamente una disciplina sull’accesso in parte derogatoria rispetto alle ordinarie regole)[4].

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La trasparenza nella Legge n. 241/1990 riveste una funzione partecipativa (ex art. 10) conoscitiva (ex artt. 22 ss.) dell’azione amministrativa, ed anche come rimedio per il consapevole diritto di difesa dall’esercizio della funzione pubblica, consentendo l’accesso agli atti amministrativi (visione ed estrazione) per la cura di una situazione giuridicamente tutelata (sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse).

La trasparenza viene (poi) considerata (o trattata) come una misura di prevenzione della corruzione, secondo gli obblighi del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. Decreto Trasparenza) e delle Linee Guida ANAC 1309 e 1310 del 2016 (importando il modello FOIA) per il “controllo sociale” dell’organizzazione e della spesa pubblica.

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La trasparenza del bilancio arboreo di fine mandato

La trasparenza del bilancio arboreo di fine mandato

La trasparenza nella Legge n. 241/1990 riveste una funzione partecipativa (ex art. 10) conoscitiva (ex artt. 22 ss.) dell’azione amministrativa, ed anche come rimedio per il consapevole diritto di difesa dall’esercizio della funzione pubblica, consentendo l’accesso agli atti amministrativi (visione ed estrazione) per la cura di una situazione giuridicamente tutelata (sotto il profilo della legittimazione e dell’interesse).

La trasparenza viene (poi) considerata (o trattata) come una misura di prevenzione della corruzione, secondo gli obblighi del D.Lgs. n. 33/2013 (c.d. Decreto Trasparenza) e delle Linee Guida ANAC 1309 e 1310 del 2016 (importando il modello FOIA) per il “controllo sociale” dell’organizzazione e della spesa pubblica.

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La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 283 annota – sul piano sostanziale – gli obblighi di trasparenza e gli effetti del conflitto di interessi sulla nomina della commissione di gara: l’assenza del conflitto di interessi non inficia l’operato, anche nei casi di mancato controllo da parte del RUP in sede di nomina.

È noto che, ai sensi della seconda parte del comma 9, dell’art. 77 del D.Lgs. n. 50/2016, «le stazioni appaltanti, prima del conferimento dell’incarico, accertano l’insussistenza delle cause ostative alla nomina a componente della commissione giudicatrice di cui ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo, all’articolo 35 bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all’articolo 42 del presente codice».

Tale attività istruttoria è finalizzata ad avere una commissione di gara composta di soggetti competenti, privi di impedimenti di natura giuridica (ovvero, che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale), senza conflitti di interessi, avendo lo scopo di valorizzare la neutralità del processo decisionale.

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Conflitto di interessi, pubblicità, trasparenza e nomina della commissione di gara: verifica effettiva più che onere formale

Conflitto di interessi, pubblicità, trasparenza e nomina della commissione di gara: verifica effettiva più che onere formale

La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 283 annota – sul piano sostanziale – gli obblighi di trasparenza e gli effetti del conflitto di interessi sulla nomina della commissione di gara: l’assenza del conflitto di interessi non inficia l’operato, anche nei casi di mancato controllo da parte del RUP in sede di nomina.

È noto che, ai sensi della seconda parte del comma 9, dell’art. 77 del D.Lgs. n. 50/2016, «le stazioni appaltanti, prima del conferimento dell’incarico, accertano l’insussistenza delle cause ostative alla nomina a componente della commissione giudicatrice di cui ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo, all’articolo 35 bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all’articolo 42 del presente codice».

Tale attività istruttoria è finalizzata ad avere una commissione di gara composta di soggetti competenti, privi di impedimenti di natura giuridica (ovvero, che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale), senza conflitti di interessi, avendo lo scopo di valorizzare la neutralità del processo decisionale.

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