«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei Conti, con la sentenza n. 84 del 27 ottobre 2022 (Referendario relatore Scognamiglio), inquadra le responsabilità attribuibili a coloro che portano il Comune al dissesto finanziario, arricchendo di contenuti, anche di natura pratica, una serie di questioni che risultano correlate alle condotte assunte (e rilevanti) sotto il profilo non dell’individuazione di un danno da ristorare, ma quello dell’accertamento dell’illiceità dei comportamenti dei soggetti coinvolti, al quale consegue l’irrogazione della sanzione prevista[1].

Il dissesto

È noto che «si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte» con la salvaguardia degli equilibri di bilancio (mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio del bilancio), nonché con il riconoscimento (mezzo straordinario) di legittimità dei debiti fuori bilancio, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)[2].

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Le responsabilità nel dissesto finanziario di un Ente Locale

Le responsabilità nel dissesto finanziario di un Ente Locale

La sez. giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei Conti, con la sentenza n. 84 del 27 ottobre 2022 (Referendario relatore Scognamiglio), inquadra le responsabilità attribuibili a coloro che portano il Comune al dissesto finanziario, arricchendo di contenuti, anche di natura pratica, una serie di questioni che risultano correlate alle condotte assunte (e rilevanti) sotto il profilo non dell’individuazione di un danno da ristorare, ma quello dell’accertamento dell’illiceità dei comportamenti dei soggetti coinvolti, al quale consegue l’irrogazione della sanzione prevista[1].

Il dissesto

È noto che «si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte» con la salvaguardia degli equilibri di bilancio (mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio del bilancio), nonché con il riconoscimento (mezzo straordinario) di legittimità dei debiti fuori bilancio, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL)[2].

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La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza del 19 ottobre 2022 n. 1599, interviene per ribadire che l’onere di bonifica incombe sul responsabile dell’inquinamento, anche in caso di cessione della titolarità (subentro) nell’esercizio dell’attività che ha prodotto la contaminazione del suolo.

Il ricorso

Il ricorso, nella sua essenzialità, viene promosso contro una determinazione della Provincia nella parte in cui attribuisce alla società ricorrente (che era subentrata ad un precedente assegnatario) la responsabilità della contaminazione di un’area, già oggetto di concessione (produzione di gas da carbone), rientrata nella disponibilità di un Ente locale e successivamente dismessa mediante asta pubblica.

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Oneri di bonifica del subentrante

Oneri di bonifica del subentrante

La sez. III del TAR Veneto, con la sentenza del 19 ottobre 2022 n. 1599, interviene per ribadire che l’onere di bonifica incombe sul responsabile dell’inquinamento, anche in caso di cessione della titolarità (subentro) nell’esercizio dell’attività che ha prodotto la contaminazione del suolo.

Il ricorso

Il ricorso, nella sua essenzialità, viene promosso contro una determinazione della Provincia nella parte in cui attribuisce alla società ricorrente (che era subentrata ad un precedente assegnatario) la responsabilità della contaminazione di un’area, già oggetto di concessione (produzione di gas da carbone), rientrata nella disponibilità di un Ente locale e successivamente dismessa mediante asta pubblica.

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  1. Massima. 2. Peculato e condotta. 3. Misura di prevenzione della corruzione. 4. I poteri del RPCT. 5. Il RPCT e l’UPD. 6. Le FAQ ANAC. 7. Considerazioni ex ante

 

  1. Massima

La sez. Lav. della Corte di Cassazione, con la sentenza del 1° giugno 2021, n. 15239, conferma la legittimità dell’azione del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) in materia di violazione delle misure di sicurezza e del contestuale presidio dell’azione disciplinare: piena compatibilità nella composizione dell’organo competente in materia di sanzioni disciplinari del Presidente (Segretario comunale) che rivestiva anche il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza (RPCT).

  1. Peculato e condotta

La questione è stata affrontata a fronte del licenziamento di un dipendente pubblico al quale veniva addebitato il mancato riversamento, nella casse del Comune, dei diritti di segreteria relativi alle emissioni delle carte d’identità; addebito (per il delitto, ex 314, Peculato, cod. pen., «Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria»)[1] emerso da un raffronto tra il registro dei diritti e l’elenco delle carte di identità effettivamente emesse e dichiarate in numero inferiore a quello di effettiva emissione.

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Il Responsabile della prevenzione della corruzione (Segretario comunale) e l’azione disciplinare

Il Responsabile della prevenzione della corruzione (Segretario comunale) e l’azione disciplinare
  1. Massima. 2. Peculato e condotta. 3. Misura di prevenzione della corruzione. 4. I poteri del RPCT. 5. Il RPCT e l’UPD. 6. Le FAQ ANAC. 7. Considerazioni ex ante

 

  1. Massima

La sez. Lav. della Corte di Cassazione, con la sentenza del 1° giugno 2021, n. 15239, conferma la legittimità dell’azione del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) in materia di violazione delle misure di sicurezza e del contestuale presidio dell’azione disciplinare: piena compatibilità nella composizione dell’organo competente in materia di sanzioni disciplinari del Presidente (Segretario comunale) che rivestiva anche il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza (RPCT).

  1. Peculato e condotta

La questione è stata affrontata a fronte del licenziamento di un dipendente pubblico al quale veniva addebitato il mancato riversamento, nella casse del Comune, dei diritti di segreteria relativi alle emissioni delle carte d’identità; addebito (per il delitto, ex 314, Peculato, cod. pen., «Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria»)[1] emerso da un raffronto tra il registro dei diritti e l’elenco delle carte di identità effettivamente emesse e dichiarate in numero inferiore a quello di effettiva emissione.

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La fonte

L’art. 16, Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito in legge n. 148/2011 prevede:

  • al comma 25 che «i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello provinciale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili», rilevando che il “criterio dell’estrazione” esprime una regola generale idonea ad assicurare la neutralità (alias imparzialità) di giudizio nella scelta, affidata alla sorte senza influenze esterne e/o condizionamento[1];
  • al comma 25 bis (inserito dall’ art. 57 ter, comma 1, lett. b), del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157) che «nei casi di composizione collegiale dell’organo di revisione economico-finanziario previsti dalla legge, in deroga al comma 25, i consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane e le unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali eleggono, a maggioranza assoluta dei membri, il componente dell’organo di revisione con funzioni di presidente, scelto tra i soggetti validamente inseriti nella fascia 3 formata ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 15 febbraio 2012, n. 23, o comunque nella fascia di più elevata qualificazione professionale in caso di modifiche al citato regolamento», affidando la scelta all’organo elettivo, dove la mediazione e la componente “fiduciaria” assume una certa rilevanza nella composizione del voto, e di conseguenza della scelta.

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Elezione del presidente del collegio dei revisori

Elezione del presidente del collegio dei revisori

La fonte

L’art. 16, Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito in legge n. 148/2011 prevede:

  • al comma 25 che «i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello provinciale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili», rilevando che il “criterio dell’estrazione” esprime una regola generale idonea ad assicurare la neutralità (alias imparzialità) di giudizio nella scelta, affidata alla sorte senza influenze esterne e/o condizionamento[1];
  • al comma 25 bis (inserito dall’ art. 57 ter, comma 1, lett. b), del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157) che «nei casi di composizione collegiale dell’organo di revisione economico-finanziario previsti dalla legge, in deroga al comma 25, i consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane e le unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali eleggono, a maggioranza assoluta dei membri, il componente dell’organo di revisione con funzioni di presidente, scelto tra i soggetti validamente inseriti nella fascia 3 formata ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 15 febbraio 2012, n. 23, o comunque nella fascia di più elevata qualificazione professionale in caso di modifiche al citato regolamento», affidando la scelta all’organo elettivo, dove la mediazione e la componente “fiduciaria” assume una certa rilevanza nella composizione del voto, e di conseguenza della scelta.

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Il diritto di accesso del consigliere comunale

Ancora una volta assistiamo al dibattito sul diritto di accesso del consigliere comunale che non può incontrare limiti nell’ottenere dall’Ente le informazioni utili all’espletamento delle sue funzioni, neppure le limitazioni derivanti dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio, riversato sulle modalità “agevolative” anteposte al diritto stesso, quale evidente forma pervasiva del suo abuso.

In termini diversi, se l’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 prevede che «I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge» (con una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini, ex art. 22 e ss., della legge 7 agosto 1990, n. 241), questo non significa che una qualche forma di collaborazione (alias limitazione) non possa essere pretesa nel caso concreto, specie quando l’aggravio e l’intento emulativo si appalesa nella sua interezza.

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La cura delle modalità sul diritto di accesso (informatico) del consigliere comunale (e la perdita delle libertà)

La cura delle modalità sul diritto di accesso (informatico) del consigliere comunale (e la perdita delle libertà)

Il diritto di accesso del consigliere comunale

Ancora una volta assistiamo al dibattito sul diritto di accesso del consigliere comunale che non può incontrare limiti nell’ottenere dall’Ente le informazioni utili all’espletamento delle sue funzioni, neppure le limitazioni derivanti dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio, riversato sulle modalità “agevolative” anteposte al diritto stesso, quale evidente forma pervasiva del suo abuso.

In termini diversi, se l’art. 43, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000 prevede che «I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge» (con una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini, ex art. 22 e ss., della legge 7 agosto 1990, n. 241), questo non significa che una qualche forma di collaborazione (alias limitazione) non possa essere pretesa nel caso concreto, specie quando l’aggravio e l’intento emulativo si appalesa nella sua interezza.

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  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)

Analisi della disciplina sulla inconferibilità/incompatibilità ai fini della nomina regionale di un componente del C.d.a. di un Consorzio di bonifica (ente pubblico economico)
  1. Il caso e la ratio. 2. Interpretazione rigorosa. 3. La natura dei Consorzi di bonifica. 4. La composizione del Consorzio di bonifica. 5. L’esercizio dei poteri. 6. Il principio di separazione. 7. Precisazioni sull’inquadramento dei Consorzi di bonifica. 8. Modello organizzativo e separazione dei poteri nei Consorzi di bonifica. 9. I poteri del Consiglio di amministrazione del Consorzio di bonifica. 10. La mancanza di deleghe ai componenti del Consiglio di amministrazione (soluzione del caso).

 Il caso e la ratio

La questione posta verte sulla possibilità di nominare un consigliere comunale (di un comune superiore a 15.ooo abitanti), quale componente di un Consiglio di amministrazione di un Consorzio di bonifica (caso estendibile ad altri soggetti, ad es. società); componente privo di deleghe, e, dunque, escludendo (o meno) l’ipotesi di inconferibilità o incompatibilità, di cui al d.lgs. n. 39/2013.

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