«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

In via generale, spetta il risarcimento danni all’operatore economico che viene illegittimamente escluso da una procedura di gara (c.d. perdita di chance)[1], qualora dimostri (fornisca prova), anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto[2].

Inoltre, l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale (c.d. danno curriculare), da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare[3].

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Azioni di risarcimento danni (in sede civile) nei confronti della P.A.

Azioni di risarcimento danni (in sede civile) nei confronti della P.A.

In via generale, spetta il risarcimento danni all’operatore economico che viene illegittimamente escluso da una procedura di gara (c.d. perdita di chance)[1], qualora dimostri (fornisca prova), anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto[2].

Inoltre, l’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale (c.d. danno curriculare), da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare[3].

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La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

In principio era la gara: trasparenza e confronto competitivo per l’individuazione del DPO

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 518 del 21 gennaio 2019, interviene per riaffermare l’esigenza indifferibile di garantire la trasparenza mediante la pubblicazione on line di un avviso per l’individuazione di un responsabile per la protezione dei dati (caso di specie, affidamento del servizio di data protection officer).

Un’Amministrazione sanitaria affidava, con procedura negoziata (ex art. 36, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 50/2016), il servizio di DPO (RDP, ex art. 37 del Regolamento UE 679/2016, GDPR) per un anno prorogabile di un altro anno ad un determinato operatore economico.

Un professionista impugnava in primo grado gli atti di gara, rilevando che la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, cit. e delle Linee Guida ANAC n. 4 (approvate con deliberazione n. 206/2018) ha omesso di pubblicare l’avviso per individuare i cinque soggetti da consultare nella procedura negoziata, non sussistendo neppure i presupposti per dare corso all’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 63 «Uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara», del D.Lgs. 50/2016: il ricorso risultava fondato con conseguente annullamento degli atti di gara.

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La sez. II bis Roma, del T.A.R. Lazio con la sentenza n. 10268 del 23 ottobre 2018, interviene rilevando lo spessore istruttorio di una segnalazione anonima, capace di dare impulso ad un’attività d’indagine con effetti diretti sul contenuto dei fatti esposti (abuso edilizio), seppure di ignota provenienza.

La sentenza affronta gli effetti di un esposto anonimo sull’attività di vigilanza conseguente, compresi gli effetti sanzionatori, affrontando con chiarezza e puntualità una serie di argomenti di primario interesse per l’azione amministrativa e di vigilanza.

A seguito di un esposto, pervenuto per posta ordinaria, i Vigili Urbani effettuavano un sopralluogo, dal quale si accertava la presenza di tre cancelli abusivi (realizzati anche con demolizione di muro di recinzione) aggettanti su pubblica via.

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Piena cittadinanza nel diritto all’esposto anonimo come atto d’impulso per l’accertamento dell’istallazione abusiva di cancelli

Piena cittadinanza nel diritto all’esposto anonimo come atto d’impulso per l’accertamento dell’istallazione abusiva di cancelli

La sez. II bis Roma, del T.A.R. Lazio con la sentenza n. 10268 del 23 ottobre 2018, interviene rilevando lo spessore istruttorio di una segnalazione anonima, capace di dare impulso ad un’attività d’indagine con effetti diretti sul contenuto dei fatti esposti (abuso edilizio), seppure di ignota provenienza.

La sentenza affronta gli effetti di un esposto anonimo sull’attività di vigilanza conseguente, compresi gli effetti sanzionatori, affrontando con chiarezza e puntualità una serie di argomenti di primario interesse per l’azione amministrativa e di vigilanza.

A seguito di un esposto, pervenuto per posta ordinaria, i Vigili Urbani effettuavano un sopralluogo, dal quale si accertava la presenza di tre cancelli abusivi (realizzati anche con demolizione di muro di recinzione) aggettanti su pubblica via.

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Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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Gli accordi devono avere una determinata forma: “debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti” (ex art. 11, comma 2, della legge n. 241/1990).

Si tratta di forma scritta ad substantiam, confermando un orientamento consolidato in materia contrattuale, dove si acclara che il vincolo negoziale con la P.A. si stabilisce solo a seguito della sottoscrizione del contratto e non dell’atto interno, quale la deliberazione o determinazione di approvazione dello schema.

La stipulazione dell’accordo significa che le parti devono incontrare le proprie determinazioni all’esterno dell’atto amministrativo, devono sottoscrivere l’accordo in forma solenne: quella scritta.

È del tutto ininfluente che l’organo deputato all’approvazione dell’accordo abbia adottato il proprio provvedimento se questo provvedimento non segue la sottoscrizione delle parti: l’esecuzione dell’accordo senza l’osservanza delle procedure di legge non può acquisire un valore ex post di riconoscimento dall’esecuzione dello stesso, anche qualora sia derivata un’utilità alla P.A.

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La forma degli accordi nella P.A.

La forma degli accordi nella P.A.

Gli accordi devono avere una determinata forma: “debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti” (ex art. 11, comma 2, della legge n. 241/1990).

Si tratta di forma scritta ad substantiam, confermando un orientamento consolidato in materia contrattuale, dove si acclara che il vincolo negoziale con la P.A. si stabilisce solo a seguito della sottoscrizione del contratto e non dell’atto interno, quale la deliberazione o determinazione di approvazione dello schema.

La stipulazione dell’accordo significa che le parti devono incontrare le proprie determinazioni all’esterno dell’atto amministrativo, devono sottoscrivere l’accordo in forma solenne: quella scritta.

È del tutto ininfluente che l’organo deputato all’approvazione dell’accordo abbia adottato il proprio provvedimento se questo provvedimento non segue la sottoscrizione delle parti: l’esecuzione dell’accordo senza l’osservanza delle procedure di legge non può acquisire un valore ex post di riconoscimento dall’esecuzione dello stesso, anche qualora sia derivata un’utilità alla P.A.

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Assistiamo ad una recente filiera normativa di emergenza che nell’intento “risorgimentale” di rifare l’Italia e di rispettare il command comunitario di ridurre la spesa pubblica, tra promesse e proclami, intenderebbe anche riformare il rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione, pretendendo l’aumento della produttività e dell’orario di servizio ma diminuendo il salario e precarizzando il dipendente pubblico, specie se dirigente, in evidente contrasto con l’obiettivo generale “delle politiche del lavoro pubblico”; politiche, oltre che norme di legge, tese ad assumere il personale pubblico attraverso un concorso e a tempo indeterminato (il lavoro a termine è, o era, una eccezione).

Qualche dovuta perplessità sul reale intento di questa riforma, tra le tante riforme annunciate, è possibile immaginare in un nuovo concetto (e prassi) di relazioni e di contrappesi tra “politica”, che opera rivolta all’indirizzo e alla programmazione, e “amministrazione”, che si adopera per la gestione e il risultato; un tempo il “principio di separazione” garantivano l’imparzialità e l’indipendenza (rectius la legalità) della pubblica amministrazione, precludendo qualsiasi interferenza e confusione nell’esplicazione dell’azione amministrativa, in conseguenza della chiara individuazione dei compiti e delle conseguenti responsabilità politiche e tecniche.

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Senza titolo e senza concorso: la riforma del pubblico impiego

Assistiamo ad una recente filiera normativa di emergenza che nell’intento “risorgimentale” di rifare l’Italia e di rispettare il command comunitario di ridurre la spesa pubblica, tra promesse e proclami, intenderebbe anche riformare il rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione, pretendendo l’aumento della produttività e dell’orario di servizio ma diminuendo il salario e precarizzando il dipendente pubblico, specie se dirigente, in evidente contrasto con l’obiettivo generale “delle politiche del lavoro pubblico”; politiche, oltre che norme di legge, tese ad assumere il personale pubblico attraverso un concorso e a tempo indeterminato (il lavoro a termine è, o era, una eccezione).

Qualche dovuta perplessità sul reale intento di questa riforma, tra le tante riforme annunciate, è possibile immaginare in un nuovo concetto (e prassi) di relazioni e di contrappesi tra “politica”, che opera rivolta all’indirizzo e alla programmazione, e “amministrazione”, che si adopera per la gestione e il risultato; un tempo il “principio di separazione” garantivano l’imparzialità e l’indipendenza (rectius la legalità) della pubblica amministrazione, precludendo qualsiasi interferenza e confusione nell’esplicazione dell’azione amministrativa, in conseguenza della chiara individuazione dei compiti e delle conseguenti responsabilità politiche e tecniche.

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