«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 7 Aprile, 2015

La forma degli accordi nella P.A.

La forma degli accordi nella P.A.

Gli accordi devono avere una determinata forma: “debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti” (ex art. 11, comma 2, della legge n. 241/1990).

Si tratta di forma scritta ad substantiam, confermando un orientamento consolidato in materia contrattuale, dove si acclara che il vincolo negoziale con la P.A. si stabilisce solo a seguito della sottoscrizione del contratto e non dell’atto interno, quale la deliberazione o determinazione di approvazione dello schema.

La stipulazione dell’accordo significa che le parti devono incontrare le proprie determinazioni all’esterno dell’atto amministrativo, devono sottoscrivere l’accordo in forma solenne: quella scritta.

È del tutto ininfluente che l’organo deputato all’approvazione dell’accordo abbia adottato il proprio provvedimento se questo provvedimento non segue la sottoscrizione delle parti: l’esecuzione dell’accordo senza l’osservanza delle procedure di legge non può acquisire un valore ex post di riconoscimento dall’esecuzione dello stesso, anche qualora sia derivata un’utilità alla P.A.

In termini diversi, la mancata sottoscrizione dell’accordo rende del tutto insanabile il rapporto sottostante, dando alle eventuali obbligazioni assunte (ossia, all’esecuzione del rapporto) alcun valore giuridico, sicché la pretesa e/o il pagamento di una qualche controprestazione risulta senza alcun titolo valido, non potendo riconoscere alcuna utilità.

A sostenere l’inconsistenza di un valido vincolo, in presenza di un’obbligazione non riproposta nella sede contrattuale, viene la considerazione che in assenza della sottoscrizione il rapporto di immedesimazione organica fra le parti (il rappresentate della P.A. e la controparte) viene meno, con la conseguenza che il contratto stipulato al di fuori delle condizioni previste dalla legge, tra cui la delibera dell’organo competente, non vincola la P.A.; con il corollario che non è neppure possibile ratificare la condotta assunta e ogni eventuale esecuzione sorge direttamente con il soggetto che ha dato seguito all’esecuzione.

Va ribadito che in assenza della sottoscrizione dell’accordo non può nascere validamente alcun vincolo obbligatorio tra la parti dell’accordo, né si potrebbe affermare di aver stipulato un negozio per corrispondenza (tra assenti) poiché è necessaria la contestualità; non è, pertanto, ammissibile la conclusione del contratto per facta concludentia, mediante inizio dell’esecuzione, poiché il requisito della forma scritta è prescritta espressamente dalla legge, né può farsi opera alcuna di sanatoria ex post.

Tale genere di forma (scritta) costituisce un elemento essenziale del negozio, il quale non è valido se non è espresso in quella determinata forma voluta dalla legge, quando invece, è richiesta la forma ad probationem, la sua mancanza importa solo una limitazione sul terreno della prova, nel senso che non è ammissibile la prova per testimoni, qualunque sia il valore del contratto (tranne per perdita incolpevole del documento) né quella per presunzione, mentre sono ammissibili altre prove, come giuramento e la confessione.

La forma scritta manifesta, nella sua pienezza documentale, l’azione amministrativa consentendo di verificare l’operato decisionale (il percorso argomentativo, ex articolo 3 della legge n. 241 del 1990), dando stabilità e certezza alle proprie determinazioni, non potendo dare un qualche significato a quelle condotte che non esplicitano in un contenuto documentale scritto.

È da rammentare, in altro contesto negoziale (contratto di opera professionale), che le obbligazioni devono essere redatte, a pena di nullità, in forma scritta e l’osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti – quali, ad esempio, la deliberazione dell’organo collegiale dell’ente o la determinazione del responsabile del procedimento che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico, ovvero una missiva con la quale l’organo legittimato a rappresentare l’ente ne abbia comunicato al professionista l’adozione – ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell’accettazione da parte del medesimo professionista, poiché non è ammissibile la stipulazione mediante atti separati sottoscritti dall’organo che rappresenta l’ente e dal professionista, prevista esclusivamente per i contratti conclusi con imprese commerciali; motivo per cui, in mancanza del succitato requisito il “supposto negozio” è nullo e non è suscettibile di alcuna di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti.

Tali principi sono stati enunciati da una giurisprudenza più che consolidata alla stregua della quale deve ribadirsi, ulteriormente, che, al di fuori delle eccezioni espressamente previste dalla legge (contratti conclusi a distanza con ditte commerciali), quando ne sia parte committente una Pubblica Amministrazione, e pur ove questa agisca iure privatorum, è richiesta, in ottemperanza al disposto del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, la forma scritta ad substantiam: la forma scritta costituisce requisito ad substantiam del contratto concluso con la P.A., sicché la sua mancanza determina la nullità del contratto concluso dall’attore, e nulla pertanto può egli legittimamente pretendere in esecuzione dell’accordo negoziale, anche perché la causa di invalidità del contratto, discendente dalla inosservanza del requisito di forma, che deve ritenersi presuntivamente nota al contraente e l’assenza di un affidamento incolpevole esclude ogni responsabilità contrattuale, anche a titolo di culpa in contraendo a carico della P.A..

L’accordo deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del privato e del titolare dell’organo investito del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto, in assenza del quale, ai fini d’una valida conclusione dell’accordo rimane del tutto irrilevante l’esistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale della P.A. abbia deliberato in ordine alla stipulazione dell’accordo in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale, ma un atto con efficacia interna all’ente (di natura preparatoria), che ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato a esprimere la volontà all’esterno.

(ESTRATTO, L’Amministrazione negoziata: gli accordi, LexItalia, 2015, n. 4)