«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Il primo comma dell’art. 5, Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento, del d.l.gs. n. 36 del 31 marzo 2023, postula nella sua vividezza che «Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento», esprimendo un concetto di natura estesa che grava su ogni procedimento amministrativo dove «I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede», ai sensi del comma 2 bis dell’art. 1, Principi generali dell’attività amministrativa, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

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La diligenza dell’operatore economico

La diligenza dell’operatore economico

Il primo comma dell’art. 5, Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento, del d.l.gs. n. 36 del 31 marzo 2023, postula nella sua vividezza che «Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell’affidamento», esprimendo un concetto di natura estesa che grava su ogni procedimento amministrativo dove «I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede», ai sensi del comma 2 bis dell’art. 1, Principi generali dell’attività amministrativa, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

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La sez. Unica del TAR Valle D’Aosta, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 37, definisce la distinzione tra strada pubblica e privata, il diritto d’uso e la cognizione incidentale in materia di servitù pubblica del GA, aspetto rilevante per comprendere i poteri della PA sul patrimonio, sia pubblico che privato, specie quando quest’ultimo è gravato da un’“utilità” di passaggio collettivo (di persone per soddisfare un interesse generale), idonea a far perdere il dominio del privato sul bene proprio[1].

Il privato, comunque, non può subire – in via unilaterale – dalla PA l’imposizione di una servitù pubblica, ovvero la realizzazione di un intervento (opera pubblica), senza un necessario, quanto doveroso, contraddittorio, a nulla rilevando da una parte, l’inserimento del bene (rectius strada) nell’elenco delle vie pubbliche, dall’altra, l’utilità pubblica a giustificazione dell’imposizione di un diritto reale (o intervento) senza una procedura espropriativa.

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Demanio stradale ed uso pubblico: i poteri della PA

Demanio stradale ed uso pubblico: i poteri della PA

La sez. Unica del TAR Valle D’Aosta, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 37, definisce la distinzione tra strada pubblica e privata, il diritto d’uso e la cognizione incidentale in materia di servitù pubblica del GA, aspetto rilevante per comprendere i poteri della PA sul patrimonio, sia pubblico che privato, specie quando quest’ultimo è gravato da un’“utilità” di passaggio collettivo (di persone per soddisfare un interesse generale), idonea a far perdere il dominio del privato sul bene proprio[1].

Il privato, comunque, non può subire – in via unilaterale – dalla PA l’imposizione di una servitù pubblica, ovvero la realizzazione di un intervento (opera pubblica), senza un necessario, quanto doveroso, contraddittorio, a nulla rilevando da una parte, l’inserimento del bene (rectius strada) nell’elenco delle vie pubbliche, dall’altra, l’utilità pubblica a giustificazione dell’imposizione di un diritto reale (o intervento) senza una procedura espropriativa.

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La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4960 del 6 agosto 2020 (relatore Luttazzi), segna un punto in ambito urbanistico, dove le proposte dei privati sulla pianificazione urbana possono essere accolte e non rappresentare necessariamente un illegittimo esercizio della funzione pubblica, ove si persegua, anche d’impulso esterno, l’interesse generale se coincidente.

In termini diversi, le valutazioni della P.A. agente possono essere coerenti con una conformazione della strumentazione urbanistica pretesa dalle parti private (e presentata in sede di osservazioni agli strumenti urbanistici), senza per questo obliterare i diversi interessi che sono radicati nel territorio e che possono esprimere esigenze, in parte coincidenti, dei singoli privati pur assolvendo un interesse generale.

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Interessi privati in ambito urbanistico (le c.d. osservazioni) e partecipazione pubblica

Interessi privati in ambito urbanistico (le c.d. osservazioni) e partecipazione pubblica

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4960 del 6 agosto 2020 (relatore Luttazzi), segna un punto in ambito urbanistico, dove le proposte dei privati sulla pianificazione urbana possono essere accolte e non rappresentare necessariamente un illegittimo esercizio della funzione pubblica, ove si persegua, anche d’impulso esterno, l’interesse generale se coincidente.

In termini diversi, le valutazioni della P.A. agente possono essere coerenti con una conformazione della strumentazione urbanistica pretesa dalle parti private (e presentata in sede di osservazioni agli strumenti urbanistici), senza per questo obliterare i diversi interessi che sono radicati nel territorio e che possono esprimere esigenze, in parte coincidenti, dei singoli privati pur assolvendo un interesse generale.

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La sez. controllo Lombardia della Corte dei Conti, con la delibera n. 164 del 8 maggio 2019, chiarisce che il Comune non può fare donazioni.

La donazione si caratterizza per incrementare il patrimonio altrui con la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità), consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione[1].

In generale, occorre tenere presente che tutti gli atti di disposizione del patrimonio pubblico, a prescindere dalla forma giuridica adottata non possono che essere funzionalizzati, in ogni caso, all’interesse pubblico, dovendo rilevare che la perdita di un cespite deve essere adeguatamente compensata da una partita di carattere finanziario o con un’“utilitas” di carattere patrimoniale (in termini di uso, proprietà, servizi)[2].

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Impossibilità o limiti per la P.A. di fare donazione

Impossibilità o limiti per la P.A. di fare donazione

La sez. controllo Lombardia della Corte dei Conti, con la delibera n. 164 del 8 maggio 2019, chiarisce che il Comune non può fare donazioni.

La donazione si caratterizza per incrementare il patrimonio altrui con la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità), consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione[1].

In generale, occorre tenere presente che tutti gli atti di disposizione del patrimonio pubblico, a prescindere dalla forma giuridica adottata non possono che essere funzionalizzati, in ogni caso, all’interesse pubblico, dovendo rilevare che la perdita di un cespite deve essere adeguatamente compensata da una partita di carattere finanziario o con un’“utilitas” di carattere patrimoniale (in termini di uso, proprietà, servizi)[2].

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