«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. giurisdizionale del Veneto, con la sentenza n. 57 del 30 aprile 2024, interviene per condannare i responsabili scolastici della dismissione di banchi a rotelle, mascherine e gel disinfettante (per quest’ultimo è escluso il danno): beni – pur acquisiti in emergenza pandemica – non vennero mai utilizzati, anzi ingiustificatamente dismessi.

Un pregiudizio all’erario pubblico da una condotta dolosa, risultata dal complesso di atti e comportamenti con l’evidente intento (volontà) di non utilizzare i beni ricevuti e la consapevolezza della diminuzione patrimoniale derivante dalla loro dismissione.

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Le responsabilità dei banchi a rotelle

Le responsabilità dei banchi a rotelle

La sez. giurisdizionale del Veneto, con la sentenza n. 57 del 30 aprile 2024, interviene per condannare i responsabili scolastici della dismissione di banchi a rotelle, mascherine e gel disinfettante (per quest’ultimo è escluso il danno): beni – pur acquisiti in emergenza pandemica – non vennero mai utilizzati, anzi ingiustificatamente dismessi.

Un pregiudizio all’erario pubblico da una condotta dolosa, risultata dal complesso di atti e comportamenti con l’evidente intento (volontà) di non utilizzare i beni ricevuti e la consapevolezza della diminuzione patrimoniale derivante dalla loro dismissione.

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La Corte dei Conti, sez. giurisdizionale Lazio, con la sentenza n. 107 del 12 marzo 2024, condanna un dipendente pubblico per l’uso improprio di un bene, ossia l’utilizzo del proprio ufficio come centro di incontro per attività di usura.

Il fatto

La procura erariale, sulla base di un accertato penale irrevocabile[1], citava in giudizio un dipendente pubblico (arrestato e successivamente licenziato) per l’aver posto in essere attività di usura e di estorsione (non riconducibili ad una prestazione lavorativa alle dipendenze della PA, c.d. sviamento), anche all’interno della sede di servizio: attività “finanziaria” svolta con assiduità (diversi anni) e sistematicità attraverso la concessione di prestiti a tasso usurario nei confronti di numerosi soggetti, sotto l’insegna di un ufficio pubblico (vicenda dall’ampio clamore mediatico).

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Profili sull’uso improprio della sede di servizio

Profili sull’uso improprio della sede di servizio

La Corte dei Conti, sez. giurisdizionale Lazio, con la sentenza n. 107 del 12 marzo 2024, condanna un dipendente pubblico per l’uso improprio di un bene, ossia l’utilizzo del proprio ufficio come centro di incontro per attività di usura.

Il fatto

La procura erariale, sulla base di un accertato penale irrevocabile[1], citava in giudizio un dipendente pubblico (arrestato e successivamente licenziato) per l’aver posto in essere attività di usura e di estorsione (non riconducibili ad una prestazione lavorativa alle dipendenze della PA, c.d. sviamento), anche all’interno della sede di servizio: attività “finanziaria” svolta con assiduità (diversi anni) e sistematicità attraverso la concessione di prestiti a tasso usurario nei confronti di numerosi soggetti, sotto l’insegna di un ufficio pubblico (vicenda dall’ampio clamore mediatico).

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La sez. giurisdizionale Valle D’Aosta, della Corte dei conti, con una serie di sentenze (gemelle) nn. 1, 2, 3, 4 e 5 del 15 marzo 2024, esclude la colpa grave a fronte della reiterazione di contratti a termine (causa del c.d. danno comunitario)[1]: la colpa grave viene meno in presenza di un quadro normativo e interpretativo giurisprudenziale incerto, di indicazioni ministeriali favorevoli dalla presenza di assunzione mediante procedure selettive.

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Niente colpa grave per la reiterazione dei rapporti di lavoro a termine

Niente colpa grave per la reiterazione dei rapporti di lavoro a termine

La sez. giurisdizionale Valle D’Aosta, della Corte dei conti, con una serie di sentenze (gemelle) nn. 1, 2, 3, 4 e 5 del 15 marzo 2024, esclude la colpa grave a fronte della reiterazione di contratti a termine (causa del c.d. danno comunitario)[1]: la colpa grave viene meno in presenza di un quadro normativo e interpretativo giurisprudenziale incerto, di indicazioni ministeriali favorevoli dalla presenza di assunzione mediante procedure selettive.

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L’Amministrazione a fronte di condotte negligenti o imprudenti, può essere chiamata al risarcimento del danno, ovvero a rifondere le spese legali (di condanna) in un procedimento giudiziario, qualora risultasse soccombente, donde la ripetizione a carico del responsabile, attraverso l’azione della procura erariale.

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Il danno da pagamento delle spese in caso di soccombenza

Il danno da pagamento delle spese in caso di soccombenza

L’Amministrazione a fronte di condotte negligenti o imprudenti, può essere chiamata al risarcimento del danno, ovvero a rifondere le spese legali (di condanna) in un procedimento giudiziario, qualora risultasse soccombente, donde la ripetizione a carico del responsabile, attraverso l’azione della procura erariale.

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La sez. giurisdizionale del Veneto, della Corte dei conti, con la sentenza n. 119 del 24 ottobre 2023, definisce i contorni e la quantificazione del danno all’immagine, a seguito di condanna penale (caso di specie, peculato).

Fatto

La procura erariale, conveniva in giudizio un dipendente pubblico per vederlo condannare al risarcimento del danno all’immagine cagionato alla propria Amministrazione, a seguito di una condanna penale (due anni di reclusione) passata in giudicato di appropriazione (peculato) di una recinzione metallica pregiata (che circondava un monumento ai caduti della prima guerra mondiale), poi istallata nell’abitazione del figlio, in piena assonanza giustificativa del gergo «tengo famiglia», da inserire nel tricolore (cit. LONGANESI).

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La quantificazione del danno all’immagine

La quantificazione del danno all’immagine

La sez. giurisdizionale del Veneto, della Corte dei conti, con la sentenza n. 119 del 24 ottobre 2023, definisce i contorni e la quantificazione del danno all’immagine, a seguito di condanna penale (caso di specie, peculato).

Fatto

La procura erariale, conveniva in giudizio un dipendente pubblico per vederlo condannare al risarcimento del danno all’immagine cagionato alla propria Amministrazione, a seguito di una condanna penale (due anni di reclusione) passata in giudicato di appropriazione (peculato) di una recinzione metallica pregiata (che circondava un monumento ai caduti della prima guerra mondiale), poi istallata nell’abitazione del figlio, in piena assonanza giustificativa del gergo «tengo famiglia», da inserire nel tricolore (cit. LONGANESI).

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In una procedura di gara l’operatore economico ha diritto di accesso agli atti di gara (decreto della Procura della Repubblica) se finalizzato alla tutela di una posizione giuridica qualificata, ove la richiesta ostensiva sia correlata alle condizioni di esclusione dalla stessa (e non vi siano ragioni di sicurezza interna o d’indagine).

La massima

La sez. I Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 4776, dando evidenza alla natura sostanziale del contenuto e degli effetti dell’atto (provvedimento), rispetto al soggetto che ha formato l’atto, sia pure nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria (PG), ha ritenuto illegittimo il diniego afferente ad attività di indagine e alla natura riservata della fonte informativa.

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Pieno diritto di accesso agli atti di gara formati dalla procura

Pieno diritto di accesso agli atti di gara formati dalla procura

In una procedura di gara l’operatore economico ha diritto di accesso agli atti di gara (decreto della Procura della Repubblica) se finalizzato alla tutela di una posizione giuridica qualificata, ove la richiesta ostensiva sia correlata alle condizioni di esclusione dalla stessa (e non vi siano ragioni di sicurezza interna o d’indagine).

La massima

La sez. I Napoli, del TAR Campania, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 4776, dando evidenza alla natura sostanziale del contenuto e degli effetti dell’atto (provvedimento), rispetto al soggetto che ha formato l’atto, sia pure nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria (PG), ha ritenuto illegittimo il diniego afferente ad attività di indagine e alla natura riservata della fonte informativa.

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