«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La massima

La sez. Brescia I del TAR Lombardia, con la sentenza 25 luglio 2022 n. 734, interviene per riconfermare che un bene privato – gravato da una servitù di uso pubblico – è sottratto alla disponibilità del proprietario che non può disporne l’interdizione, né limitarne l’uso.

L’uso pubblico

È noto che una strada privata – gravata da uso pubblico (c.d. strada vicinale)[1] – si caratterizza per la sua destinazione al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato: un uso (ovvero, utilizzazione, c.d. passaggio) da parte di una collettività indeterminata di persone sul bene privato: bene idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa[2].

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Strada privata ad uso pubblico (vicinale) sottratta alla disponibilità del proprietario

Strada privata ad uso pubblico (vicinale) sottratta alla disponibilità del proprietario

La massima

La sez. Brescia I del TAR Lombardia, con la sentenza 25 luglio 2022 n. 734, interviene per riconfermare che un bene privato – gravato da una servitù di uso pubblico – è sottratto alla disponibilità del proprietario che non può disporne l’interdizione, né limitarne l’uso.

L’uso pubblico

È noto che una strada privata – gravata da uso pubblico (c.d. strada vicinale)[1] – si caratterizza per la sua destinazione al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato: un uso (ovvero, utilizzazione, c.d. passaggio) da parte di una collettività indeterminata di persone sul bene privato: bene idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa[2].

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L’attività ad iniziativa del privato

È noto che l’attività oggetto della segnalazione (ex art. 19, comma 2 della legge n. 241/1990) può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19 bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, con la conseguenza che in mancanza dei requisiti o dei presupposti l’attività di controllo è limitata in un stretto arco temporale definito, trascorso il quale gli effetti si consolidano, salvo i poteri di annullamento d’ufficio (ovvero, di vigilanza in materia urbanistica – edilizia), esprimendo le sorti di uno strumento giuridico di accelerazione, semplificazione e liberalizzazione delle attività di iniziativa dei privati.

In questo senso, la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, imponendo ai terzi («gli interessati») eventualmente danneggiati (dalla sua illegittimità) di sollecitare l’Amministrazione alle verifiche c.d. repressive/inibitorie (un dovere sull’an)[1] e in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio (inadempimento): una violazione dall’obbligo di provvedere, ex art. 2 della legge n. 241/1990[2].

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Attività privata in ambito edilizio, tutela del terzo e obbligo di provvedere della P.A.

Attività privata in ambito edilizio, tutela del terzo e obbligo di provvedere della P.A.

L’attività ad iniziativa del privato

È noto che l’attività oggetto della segnalazione (ex art. 19, comma 2 della legge n. 241/1990) può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19 bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, con la conseguenza che in mancanza dei requisiti o dei presupposti l’attività di controllo è limitata in un stretto arco temporale definito, trascorso il quale gli effetti si consolidano, salvo i poteri di annullamento d’ufficio (ovvero, di vigilanza in materia urbanistica – edilizia), esprimendo le sorti di uno strumento giuridico di accelerazione, semplificazione e liberalizzazione delle attività di iniziativa dei privati.

In questo senso, la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, imponendo ai terzi («gli interessati») eventualmente danneggiati (dalla sua illegittimità) di sollecitare l’Amministrazione alle verifiche c.d. repressive/inibitorie (un dovere sull’an)[1] e in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio (inadempimento): una violazione dall’obbligo di provvedere, ex art. 2 della legge n. 241/1990[2].

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La sez. III del TAR Puglia, Lecce, con la sentenza 22 aprile 2021 n. 569, definisce la natura di strada pubblica rispetto a quella privata, ovvero ne delinea i contorni dell’uso pubblico e i suoi indici, legittimando il potere di ordinanza sulla viabilità, un dominio del “rapporto amministrativo” (quello tra privato e P.A.) configurato in termini di “supremazia”, non fondato su relazioni paritarie: l’uso collettivo priva il privato della piena titolarità del diritto di proprietà.

A tal proposito, non appare superfluo rilevare che la categoria dei diritti demaniali di uso pubblico il più importante e di maggiore applicazione pratica è senza dubbio quello dell’uso pubblico di passaggio, che, a sua volta, si distingue in due sottoclassi:

  • quella del passaggio sulle vie vicinali di uso pubblico – e cioè sulle strade private soggette a pubblico transito;
  • quella del passaggio su spiazzi, vicoli, corti di proprietà privata esistenti nelle città e negli agglomerati urbani.

Giova, altresì, rammentare, per ciò che interessa, che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico genera una sola presunzione di pubblicità dell’uso (che si esplicita di fatto nel pubblico transito jure servitutis publicae da parte di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza a una comunità territoriale)[1], superabile con la prova contraria, da parte del privato (in base al generale principio scolpito dall’art. 2697 del codice civile, l’onere della prova del diritto dominicale incombe in capo a chi ne afferma la sussistenza):

  • della natura della strada;
  • dell’inesistenza di un diritto collettivo di godimento (che non preclude la proprietà privata), mediante un’azione negatoria di servitù[2].

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La natura e i caratteri della strada privata ad uso pubblico

La natura e i caratteri della strada privata ad uso pubblico

La sez. III del TAR Puglia, Lecce, con la sentenza 22 aprile 2021 n. 569, definisce la natura di strada pubblica rispetto a quella privata, ovvero ne delinea i contorni dell’uso pubblico e i suoi indici, legittimando il potere di ordinanza sulla viabilità, un dominio del “rapporto amministrativo” (quello tra privato e P.A.) configurato in termini di “supremazia”, non fondato su relazioni paritarie: l’uso collettivo priva il privato della piena titolarità del diritto di proprietà.

A tal proposito, non appare superfluo rilevare che la categoria dei diritti demaniali di uso pubblico il più importante e di maggiore applicazione pratica è senza dubbio quello dell’uso pubblico di passaggio, che, a sua volta, si distingue in due sottoclassi:

  • quella del passaggio sulle vie vicinali di uso pubblico – e cioè sulle strade private soggette a pubblico transito;
  • quella del passaggio su spiazzi, vicoli, corti di proprietà privata esistenti nelle città e negli agglomerati urbani.

Giova, altresì, rammentare, per ciò che interessa, che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico genera una sola presunzione di pubblicità dell’uso (che si esplicita di fatto nel pubblico transito jure servitutis publicae da parte di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza a una comunità territoriale)[1], superabile con la prova contraria, da parte del privato (in base al generale principio scolpito dall’art. 2697 del codice civile, l’onere della prova del diritto dominicale incombe in capo a chi ne afferma la sussistenza):

  • della natura della strada;
  • dell’inesistenza di un diritto collettivo di godimento (che non preclude la proprietà privata), mediante un’azione negatoria di servitù[2].

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Si può validamente sostenere che una volta manifestati il consenso negoziale, con la sottoscrizione del contratto, gli atti unilaterali della P.A. di annullamento in autotutela diretti a sottrarsi agli obblighi consensuali, anche in relazione ad un supposto o sopraggiunto squilibrio economico che rivela non conveniente la decisione assunta o l’eventuale illegittimità della procedura di vendita, postulano l’esaurimento del potere amministrativo una volta cessati o prodotti gli effetti del contratto, dovendo semmai azionare i dovuti istituti civilistici, a garanzia del sinallagma contrattuale, in adesione ai principi di correttezza e buona fede che governano le relazioni in ambito privatistico.

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Nessuna autotutela decisoria nella vendita di un bene pubblico dopo la manifestazione del consenso negoziale

Nessuna autotutela decisoria nella vendita di un bene pubblico dopo la manifestazione del consenso negoziale

Si può validamente sostenere che una volta manifestati il consenso negoziale, con la sottoscrizione del contratto, gli atti unilaterali della P.A. di annullamento in autotutela diretti a sottrarsi agli obblighi consensuali, anche in relazione ad un supposto o sopraggiunto squilibrio economico che rivela non conveniente la decisione assunta o l’eventuale illegittimità della procedura di vendita, postulano l’esaurimento del potere amministrativo una volta cessati o prodotti gli effetti del contratto, dovendo semmai azionare i dovuti istituti civilistici, a garanzia del sinallagma contrattuale, in adesione ai principi di correttezza e buona fede che governano le relazioni in ambito privatistico.

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Il caso

La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 luglio 2020 n. 4745 (estensore Sabatino), declina gli obblighi istruttori e di verifica della provenienza della proprietà (o del diritto reale) del soggetto che richiede il titolo edilizio, sussistendo in capo al Responsabile del procedimento da una parte, un dovere di accertare la legittimazione all’istanza, dall’altra, una correlata “giustificazione” se il provvedimento esorbita il perimetro del destinatario, incidendo (salvo diritti) sui terzi.

La questione è riferita ad una pratica di condono e all’intervento del controinteressato che ne contestava la consistenza, lamentando l’esecuzione di opere in difformità, avvenute senza il suo consenso, violando anche le distanze, chiedendone il rigetto alla sanatoria: seguiva il pronunciamento sulla legittimazione e sull’operato dell’Amministrazione, in relazione alla impossibilità della sanatoria richiesta ed alla conseguente necessità del ripristino.

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Rilascio del titolo edilizio “salvo diritti di terzi” (non sempre invocabile)

Rilascio del titolo edilizio “salvo diritti di terzi” (non sempre invocabile)

Il caso

La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 24 luglio 2020 n. 4745 (estensore Sabatino), declina gli obblighi istruttori e di verifica della provenienza della proprietà (o del diritto reale) del soggetto che richiede il titolo edilizio, sussistendo in capo al Responsabile del procedimento da una parte, un dovere di accertare la legittimazione all’istanza, dall’altra, una correlata “giustificazione” se il provvedimento esorbita il perimetro del destinatario, incidendo (salvo diritti) sui terzi.

La questione è riferita ad una pratica di condono e all’intervento del controinteressato che ne contestava la consistenza, lamentando l’esecuzione di opere in difformità, avvenute senza il suo consenso, violando anche le distanze, chiedendone il rigetto alla sanatoria: seguiva il pronunciamento sulla legittimazione e sull’operato dell’Amministrazione, in relazione alla impossibilità della sanatoria richiesta ed alla conseguente necessità del ripristino.

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Il pronunciamento

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7484 del 2 novembre 2019, interviene per descrivere i poteri di ordinanza sindacale a tutela delle immissioni moleste prodotte da un’azienda agricola, anche con riferimento agli spazi di intervento e ai limiti territoriali del provvedimento atipico.

Il caso da risolvere

Il fatto, nella sua essenzialità, coinvolgeva un cittadino al quale era stata diagnosticata una malattia il cui aggravamento veniva imputato (a suo dire) dall’utilizzo di prodotti fito-sanitari da parte di un’azienda agricola adiacente alla propria abitazione.

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Potere di ordinanza del sindaco (per le immissioni moleste) a tutela della salute del singolo e della popolazione (no da coronavirus)

Potere di ordinanza del sindaco (per le immissioni moleste) a tutela della salute del singolo e della popolazione (no da coronavirus)

Il pronunciamento

La terza sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7484 del 2 novembre 2019, interviene per descrivere i poteri di ordinanza sindacale a tutela delle immissioni moleste prodotte da un’azienda agricola, anche con riferimento agli spazi di intervento e ai limiti territoriali del provvedimento atipico.

Il caso da risolvere

Il fatto, nella sua essenzialità, coinvolgeva un cittadino al quale era stata diagnosticata una malattia il cui aggravamento veniva imputato (a suo dire) dall’utilizzo di prodotti fito-sanitari da parte di un’azienda agricola adiacente alla propria abitazione.

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