«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La disciplina in materia di pubblico impiego, ex art. 56, comma 16 ter del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» (c.d. TUPI) pongono dei limiti (c.d. periodo di raffreddamento) all’assunzione di incarichi successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, la cui violazione è sanzionata con la nullità: si delinea una ipotesi di “incompatibilità successiva’”.

Il comma 16 ter dell’art. 56 del TUPI dispone: «I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni…, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».

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Porte girevoli e nuove mutazioni della dirigenza tra il digitale e il dato biometrico

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La disciplina in materia di pubblico impiego, ex art. 56, comma 16 ter del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» (c.d. TUPI) pongono dei limiti (c.d. periodo di raffreddamento) all’assunzione di incarichi successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, la cui violazione è sanzionata con la nullità: si delinea una ipotesi di “incompatibilità successiva’”.

Il comma 16 ter dell’art. 56 del TUPI dispone: «I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni…, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».

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Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è una persona fisica, individuata dagli organi di governo delle amministrazioni pubbliche e dai soggetti tenuti alle norme in materia di prevenzione della corruzione, titolare di compiti stabiliti dalla legge e dalle indicazioni programmatiche dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nelle sue formulazioni di soft law, a cui viene affidato il compito di gestire, coordinare e vigilare sulle “misure” di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, anche sanzionatorio, allo scopo di garantire un modello di tutela anticipata in grado di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione (c.d. maladministration), non necessariamente rilevanti sotto il profilo penale.

Il concetto voluto dal legislatore di “corruzione” ha un’accezione più ampia di quella penale, tale da ricomprendere le varie situazioni e condotte amministrative che esulano dal perseguimento dell’interesse generale, per giungere all’abuso del potere (rectius conflitto di interessi) al fine di ottenere vantaggi personali: un uso a fini privati delle funzioni pubbliche che si riversa sull’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo e sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.

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Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza

Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è una persona fisica, individuata dagli organi di governo delle amministrazioni pubbliche e dai soggetti tenuti alle norme in materia di prevenzione della corruzione, titolare di compiti stabiliti dalla legge e dalle indicazioni programmatiche dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nelle sue formulazioni di soft law, a cui viene affidato il compito di gestire, coordinare e vigilare sulle “misure” di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, anche sanzionatorio, allo scopo di garantire un modello di tutela anticipata in grado di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione (c.d. maladministration), non necessariamente rilevanti sotto il profilo penale.

Il concetto voluto dal legislatore di “corruzione” ha un’accezione più ampia di quella penale, tale da ricomprendere le varie situazioni e condotte amministrative che esulano dal perseguimento dell’interesse generale, per giungere all’abuso del potere (rectius conflitto di interessi) al fine di ottenere vantaggi personali: un uso a fini privati delle funzioni pubbliche che si riversa sull’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo e sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.

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IL RPCT

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è il dominus delle strategie definite dal legislatore, con la legge n. 190/2012, per contrastare il rischio corruttivo all’interno delle pubbliche amministrazioni (nella sua estesa accezione, da ricomprendere anche i soggetti privati esercenti servizi pubblici, compresi coloro che sono tenuti ai modelli 231), assume compiti proiettati a realizzare un sistema di misure idonee a ridurre i fenomeni degenerativi e afflittivi della buona amministrazione, predispone il Piano di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT), rapportandosi con il personale interno e gli organi esterni di vigilanza, compresa l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

La prima sezione del T.A.R. Lombardia, Brescia, con la sentenza n. 15 del 4 gennaio 2017, analizza i rapporti tra RPCT e il personale dipendente, che secondo le regole generali ut supra dovrebbe collaborare e mettere a disposizione la documentazione eventualmente richiesta.

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Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza

IL RPCT

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è il dominus delle strategie definite dal legislatore, con la legge n. 190/2012, per contrastare il rischio corruttivo all’interno delle pubbliche amministrazioni (nella sua estesa accezione, da ricomprendere anche i soggetti privati esercenti servizi pubblici, compresi coloro che sono tenuti ai modelli 231), assume compiti proiettati a realizzare un sistema di misure idonee a ridurre i fenomeni degenerativi e afflittivi della buona amministrazione, predispone il Piano di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT), rapportandosi con il personale interno e gli organi esterni di vigilanza, compresa l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

La prima sezione del T.A.R. Lombardia, Brescia, con la sentenza n. 15 del 4 gennaio 2017, analizza i rapporti tra RPCT e il personale dipendente, che secondo le regole generali ut supra dovrebbe collaborare e mettere a disposizione la documentazione eventualmente richiesta.

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