«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

L’affidamento diretto di un bene pubblico – senza alcuna procedura comparativa – costituisce un’aperta violazione ai principi generali della contrattualistica pubblica che impongono da una parte, la redditività dei beni (con una conseguente entrata all’erario), dall’altra, una procedura aperta e trasparente (in piena aderenza alla disciplina comunitaria, deve intendersi «concorrenza»)[1].

Non va sottaciuto che secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, soltanto in presenza di beni demaniali o del patrimonio indisponibile, si impone il ricorso a procedura di concessione di beni, nel mentre di norma il rapporto avente ad oggetto il godimento di bene immobile compreso nel patrimonio disponibile si qualifica in termini privatistici[2]; di converso, la natura patrimoniale disponibile del bene pubblico discende che l’attribuzione in godimento a soggetti terzi venga effettuata secondo le categorie negoziali di diritto comune[3], non esimendo l’Amministrazione (in entrambi i casi) da una procedura di gara.

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Questioni sull’affidamento diretto di un bene e responsabilità

Questioni sull’affidamento diretto di un bene e responsabilità

L’affidamento diretto di un bene pubblico – senza alcuna procedura comparativa – costituisce un’aperta violazione ai principi generali della contrattualistica pubblica che impongono da una parte, la redditività dei beni (con una conseguente entrata all’erario), dall’altra, una procedura aperta e trasparente (in piena aderenza alla disciplina comunitaria, deve intendersi «concorrenza»)[1].

Non va sottaciuto che secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, soltanto in presenza di beni demaniali o del patrimonio indisponibile, si impone il ricorso a procedura di concessione di beni, nel mentre di norma il rapporto avente ad oggetto il godimento di bene immobile compreso nel patrimonio disponibile si qualifica in termini privatistici[2]; di converso, la natura patrimoniale disponibile del bene pubblico discende che l’attribuzione in godimento a soggetti terzi venga effettuata secondo le categorie negoziali di diritto comune[3], non esimendo l’Amministrazione (in entrambi i casi) da una procedura di gara.

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La sez. prima del T.A.R. Emilia Romagna, Parma, con la sentenza 2 dicembre 2019, n. 282, interviene per stabilire la legittimità di un atto dirigenziale che impone misure di natura pratica ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di cani, anche solo temporaneamente incaricati della loro custodia o conduzione, in relazione alle loro necessità essenziali di vita (c.d. deiezioni liquide), prevenendo l’asserito “pregiudizio igienico”.

La vicenda prende piede dall’impugnazione di un’ordinanza dirigenziale tesa a fornire una risposta ad «un disagio segnalato dai cittadini» conseguenza della «noncuranza con la quale sovente, le deiezioni liquide dei cani vengono lasciate dai loro detentori sui marciapiedi, strade, piazze pubbliche e di uso pubblico»,

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Potere di ordinanza, custodia animali e regole di condotta sulle deiezioni liquide

Potere di ordinanza, custodia animali e regole di condotta sulle deiezioni liquide

La sez. prima del T.A.R. Emilia Romagna, Parma, con la sentenza 2 dicembre 2019, n. 282, interviene per stabilire la legittimità di un atto dirigenziale che impone misure di natura pratica ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di cani, anche solo temporaneamente incaricati della loro custodia o conduzione, in relazione alle loro necessità essenziali di vita (c.d. deiezioni liquide), prevenendo l’asserito “pregiudizio igienico”.

La vicenda prende piede dall’impugnazione di un’ordinanza dirigenziale tesa a fornire una risposta ad «un disagio segnalato dai cittadini» conseguenza della «noncuranza con la quale sovente, le deiezioni liquide dei cani vengono lasciate dai loro detentori sui marciapiedi, strade, piazze pubbliche e di uso pubblico»,

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La sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 3 gennaio 2020, n. 6 conferma il perimetro di competenza del Giudice Amministrativo prima della sottoscrizione del contratto; successivamente opera il Giudice Ordinario quando la controversia verta sul rapporto negoziale in assenza dell’esercizio di un potere pubblicistico di stampo autoritativo.

Con l’approvazione della «proposta di aggiudicazione», ai sensi del comma 1, dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici, da parte dell’organo competente nel termine di trenta giorni decorrenti dalla presentazione, salvo sospensione, si può ritenere conclusa la fase pubblicistica e procedere con la sottoscrizione del contratto, dando ingresso al rapporto negoziale e la conseguente fase dell’esecuzione[1].

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Giurisdizione del rapporto negoziale con la P.A.

Giurisdizione del rapporto negoziale con la P.A.

La sez. Bari del T.A.R. Puglia, con la sentenza 3 gennaio 2020, n. 6 conferma il perimetro di competenza del Giudice Amministrativo prima della sottoscrizione del contratto; successivamente opera il Giudice Ordinario quando la controversia verta sul rapporto negoziale in assenza dell’esercizio di un potere pubblicistico di stampo autoritativo.

Con l’approvazione della «proposta di aggiudicazione», ai sensi del comma 1, dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici, da parte dell’organo competente nel termine di trenta giorni decorrenti dalla presentazione, salvo sospensione, si può ritenere conclusa la fase pubblicistica e procedere con la sottoscrizione del contratto, dando ingresso al rapporto negoziale e la conseguente fase dell’esecuzione[1].

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La sez. terza Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 27 dicembre 2019, n. 2750 chiarisce i contorni di un’istanza di accesso ai documenti, ben potendo coesistere – nella richiesta ostensiva – il diritto di accesso civico generalizzato (ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33/2013) e l’accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990).

A fronte del silenzio di una richiesta rivolta alla P.A. veniva inoltrata tramite pec da un legale, appositamente autorizzato dal titolare del diritto, domanda di accesso documentale, ai sensi della Legge n. 241/1990, nonché di accesso generalizzato, ai sensi del D.lgs. 33/2013 al fascicolo personale ed a tutta la documentazione in possesso dell’Amministrazione, chiedendo in particolare:

  • l’ufficio competente all’istruttoria;
  • «di poter prendere visione ed estrarre copia di qualsivoglia atto e/o documento relativo al procedimento de quo».

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Istanza congiunta di accesso documentale e generalizzato

Istanza congiunta di accesso documentale e generalizzato

La sez. terza Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 27 dicembre 2019, n. 2750 chiarisce i contorni di un’istanza di accesso ai documenti, ben potendo coesistere – nella richiesta ostensiva – il diritto di accesso civico generalizzato (ex art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 33/2013) e l’accesso documentale (ex art. 22 della Legge n. 241/1990).

A fronte del silenzio di una richiesta rivolta alla P.A. veniva inoltrata tramite pec da un legale, appositamente autorizzato dal titolare del diritto, domanda di accesso documentale, ai sensi della Legge n. 241/1990, nonché di accesso generalizzato, ai sensi del D.lgs. 33/2013 al fascicolo personale ed a tutta la documentazione in possesso dell’Amministrazione, chiedendo in particolare:

  • l’ufficio competente all’istruttoria;
  • «di poter prendere visione ed estrarre copia di qualsivoglia atto e/o documento relativo al procedimento de quo».

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Il pronunciamento

La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 settembre 2019 n. 6043, interviene per annullare un provvedimento di acquisizione gratuita al demanio marittimo di un chiosco – bar nell’errata convinzione dell’avvenuta scadenza della concessione, in realtà oggetto di richiesta di rinnovo (previsto nell’atto originario se presentato prima della scadenza, con effetti che si avrà modo di analizzare).

Le fonti di legge

In via di premessa, è noto che le concessioni demaniali marittime sono concessioni amministrative aventi ad oggetto l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato (ex art. 822, comma 1, c.c.) e il rilascio delle stesse è disciplinato dal Codice della Navigazione che, all’art. 37, prevede che nel caso di più domande di concessione sia preferito (cd. diritto di insistenza)[1] il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico e, a tal fine, l’art. 18 del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione prevede un iter procedimentale finalizzato alla pubblicazione delle istanze di rilascio di concessione[2].

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Demanio marittimo (spiagge) e acquisizione delle opere inamovibili al termine della concessione

Demanio marittimo (spiagge) e acquisizione delle opere inamovibili al termine della concessione

Il pronunciamento

La sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 settembre 2019 n. 6043, interviene per annullare un provvedimento di acquisizione gratuita al demanio marittimo di un chiosco – bar nell’errata convinzione dell’avvenuta scadenza della concessione, in realtà oggetto di richiesta di rinnovo (previsto nell’atto originario se presentato prima della scadenza, con effetti che si avrà modo di analizzare).

Le fonti di legge

In via di premessa, è noto che le concessioni demaniali marittime sono concessioni amministrative aventi ad oggetto l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni facenti parte del demanio necessario dello Stato (ex art. 822, comma 1, c.c.) e il rilascio delle stesse è disciplinato dal Codice della Navigazione che, all’art. 37, prevede che nel caso di più domande di concessione sia preferito (cd. diritto di insistenza)[1] il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che risponda ad un più rilevante interesse pubblico e, a tal fine, l’art. 18 del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione prevede un iter procedimentale finalizzato alla pubblicazione delle istanze di rilascio di concessione[2].

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La sesta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 agosto 2019 n. 5934 (estensore Caputo) definisce i poteri di tutela esecutoria dell’Amministrazione in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando agisca in area appartenente al patrimonio disponibile, dove l’esercizio di tale potere autoritativo non trova fondamento, dovendo ricorrere alle comuni azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

È noto che sono soggetti al regime del demanio pubblico i beni indicati dagli artt. 823 e 824 c.c., e, in tale materia, non è possibile ipotizzare la modifica della titolarità del bene per effetto di comportamenti occupativi o di impossessamento da parte dei privati, stante il divieto di usucapione del demanio di cui all’art. 823 c.c.[1].

Il potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F), legittima la P.A. ad esercitare la tutela possessoria in presenza dell’apposizione di limiti od occupazioni da parte del privato: il potere esercitato attraverso l’ordinanza di sgombero non è riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma è correlato alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene pubblico in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto e quali ne siano le cause[2].

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Niente tutela esecutoria (ordinanza di sgombero) sul patrimonio disponibile

Niente tutela esecutoria (ordinanza di sgombero) sul patrimonio disponibile

La sesta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 agosto 2019 n. 5934 (estensore Caputo) definisce i poteri di tutela esecutoria dell’Amministrazione in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando agisca in area appartenente al patrimonio disponibile, dove l’esercizio di tale potere autoritativo non trova fondamento, dovendo ricorrere alle comuni azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

È noto che sono soggetti al regime del demanio pubblico i beni indicati dagli artt. 823 e 824 c.c., e, in tale materia, non è possibile ipotizzare la modifica della titolarità del bene per effetto di comportamenti occupativi o di impossessamento da parte dei privati, stante il divieto di usucapione del demanio di cui all’art. 823 c.c.[1].

Il potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F), legittima la P.A. ad esercitare la tutela possessoria in presenza dell’apposizione di limiti od occupazioni da parte del privato: il potere esercitato attraverso l’ordinanza di sgombero non è riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma è correlato alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene pubblico in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto e quali ne siano le cause[2].

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