«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 963 del 22 settembre 2022, interviene nel dichiarare inammissibile un appello concernente il rigetto di un’istanza del terzo di autorizzazione alla consultazione da remoto (rectius accesso telematico) del fascicolo telematico relativo ad un giudizio per l’espletamento dell’attività difensiva.

L’accesso agli atti processuali e diverso dal diritto di accesso documentale

In generale, giova rammentare che gli atti di un processo (civile) non rientrano, al pari di tutti gli atti giudiziari o processuali, tra quelli ostensibili[1] atteso che i limiti della nozione di attività amministrativa, nei cui confronti è esperibile il diritto di accesso a documenti che vi si ricolleghino, negano la proponibilità dell’actio ad exhibendum in relazione ad atti attinenti all’esercizio della funzione giurisdizionale o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo[2].

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Nessun diritto di accesso documentale agli atti processuali

Nessun diritto di accesso documentale agli atti processuali

La sez. giur. del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 963 del 22 settembre 2022, interviene nel dichiarare inammissibile un appello concernente il rigetto di un’istanza del terzo di autorizzazione alla consultazione da remoto (rectius accesso telematico) del fascicolo telematico relativo ad un giudizio per l’espletamento dell’attività difensiva.

L’accesso agli atti processuali e diverso dal diritto di accesso documentale

In generale, giova rammentare che gli atti di un processo (civile) non rientrano, al pari di tutti gli atti giudiziari o processuali, tra quelli ostensibili[1] atteso che i limiti della nozione di attività amministrativa, nei cui confronti è esperibile il diritto di accesso a documenti che vi si ricolleghino, negano la proponibilità dell’actio ad exhibendum in relazione ad atti attinenti all’esercizio della funzione giurisdizionale o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo[2].

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Principio di diritto

La sez. II Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 29 agosto 2022 n. 2316, interviene per legittimare la condotta di un’Amministrazione Locale che, nell’affidamento di un incarico legale (ove prevale il rispetto del principio di personalità della prestazione, in aderenza all’art. 2232., Esecuzione dell’opera, c.c.)[1], ha privilegiato il criterio soggettivo dell’esperienza professionale su una specifica materia (la riscossione negli Enti Locali), ritenendo non rientrare, la scelta discrezionale operata, in un’alterazione della concorrenza.

Fatto e clausola escludente

Il ricorso viene rivolto ad una determinazione con cui è stata approvata la graduatoria dei partecipanti alla selezione comparativa per titoli finalizzata all’affidamento di un incarico ad un avvocato esterno con esperienza in materia di riscossione e recupero crediti, e nello specifico della maturata esperienza professionale sull’oggetto dell’incarico.

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L’esperienza locale nell’affidamento dell’incarico legale

L’esperienza locale nell’affidamento dell’incarico legale

Principio di diritto

La sez. II Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 29 agosto 2022 n. 2316, interviene per legittimare la condotta di un’Amministrazione Locale che, nell’affidamento di un incarico legale (ove prevale il rispetto del principio di personalità della prestazione, in aderenza all’art. 2232., Esecuzione dell’opera, c.c.)[1], ha privilegiato il criterio soggettivo dell’esperienza professionale su una specifica materia (la riscossione negli Enti Locali), ritenendo non rientrare, la scelta discrezionale operata, in un’alterazione della concorrenza.

Fatto e clausola escludente

Il ricorso viene rivolto ad una determinazione con cui è stata approvata la graduatoria dei partecipanti alla selezione comparativa per titoli finalizzata all’affidamento di un incarico ad un avvocato esterno con esperienza in materia di riscossione e recupero crediti, e nello specifico della maturata esperienza professionale sull’oggetto dell’incarico.

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Massima

La sez. I del TAR Marche, con la sentenza 27 agosto 2022, n. 466, interviene riaffermando che la commissione giudicatrice di una gara pubblica può operare collegialmente nella valutazione delle offerte, integrando – nel suo plenum – la professionalità (che può essere diversificata) dei suoi componenti[1], i quali contribuiscono singolarmente ad apportare un contributo valutativo/qualitativo/specialistico finalizzato ad individuare la migliore offerta, sulla base della documentazione acquisita con la presentazione delle offerte.

Fatti contestati

In una gara suddivisa a lotti, un operatore economico censura l’operato della commissione di gara, avendo i singoli commissari attribuito – nell’esercizio della loro discrezionalità – a ciascun concorrente, per ogni singolo criterio di valutazione, il medesimo punteggio (un’anomalia nel modus operandi): una violazione della lex specialis che assegnava ai commissari un range sulla determinazione dei punti, e, dunque, una necessaria differenziazione rispetto all’identità di giudizio («i quali hanno evidentemente concordato i punteggi»), visto che la legge di gara prevedeva «due fasi procedurali nettamente distinte, la prima delle quali presupponeva una valutazione autonoma da parte del singolo commissario, mentre la seconda era finalizzata a determinare la media aritmetica dei punteggi».

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Attribuzione dei punteggi e valutazione collegiale delle offerte da parte dei commissari di gara

Attribuzione dei punteggi e valutazione collegiale delle offerte da parte dei commissari di gara

Massima

La sez. I del TAR Marche, con la sentenza 27 agosto 2022, n. 466, interviene riaffermando che la commissione giudicatrice di una gara pubblica può operare collegialmente nella valutazione delle offerte, integrando – nel suo plenum – la professionalità (che può essere diversificata) dei suoi componenti[1], i quali contribuiscono singolarmente ad apportare un contributo valutativo/qualitativo/specialistico finalizzato ad individuare la migliore offerta, sulla base della documentazione acquisita con la presentazione delle offerte.

Fatti contestati

In una gara suddivisa a lotti, un operatore economico censura l’operato della commissione di gara, avendo i singoli commissari attribuito – nell’esercizio della loro discrezionalità – a ciascun concorrente, per ogni singolo criterio di valutazione, il medesimo punteggio (un’anomalia nel modus operandi): una violazione della lex specialis che assegnava ai commissari un range sulla determinazione dei punti, e, dunque, una necessaria differenziazione rispetto all’identità di giudizio («i quali hanno evidentemente concordato i punteggi»), visto che la legge di gara prevedeva «due fasi procedurali nettamente distinte, la prima delle quali presupponeva una valutazione autonoma da parte del singolo commissario, mentre la seconda era finalizzata a determinare la media aritmetica dei punteggi».

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I fatti

La sez. Giurisdizionale, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza 22 giugno 2022, n. 751, delinea una particolare condizione di segnalazione alla Procura della Repubblica che non obbliga, il soggetto coinvolto, dal dovere di astensione rispetto al procedimento oggetto di esposto, specie ove questi operi come Commissario ad acta.

Più specificatamente e per esteso, l’aggiudicazione in una procedura di gara veniva impugnata dal secondo in graduatoria, ricorso accolto e successivamente, vista l’inadempienza del giudicato, veniva nominato un Commissario ad acta, che confermava l’esclusione della ricorrente: seguiva reclamo e successivo appello, nel quale si opponeva la violazione, da parte del Commissario ad acta, dall’obbligo di astensione «in quanto incompatibile dal proseguire un’attività nella quale era già intervenuto adottando un provvedimento poi annullato dal giudice amministrativo e dal quale risulterebbero strascichi risarcitori che potrebbero coinvolgere lo stesso Funzionario. Dalla vicenda, peraltro, era derivato un esposto penale».

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I riflessi dell’astensione del Commissario ad acta

I riflessi dell’astensione del Commissario ad acta

I fatti

La sez. Giurisdizionale, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza 22 giugno 2022, n. 751, delinea una particolare condizione di segnalazione alla Procura della Repubblica che non obbliga, il soggetto coinvolto, dal dovere di astensione rispetto al procedimento oggetto di esposto, specie ove questi operi come Commissario ad acta.

Più specificatamente e per esteso, l’aggiudicazione in una procedura di gara veniva impugnata dal secondo in graduatoria, ricorso accolto e successivamente, vista l’inadempienza del giudicato, veniva nominato un Commissario ad acta, che confermava l’esclusione della ricorrente: seguiva reclamo e successivo appello, nel quale si opponeva la violazione, da parte del Commissario ad acta, dall’obbligo di astensione «in quanto incompatibile dal proseguire un’attività nella quale era già intervenuto adottando un provvedimento poi annullato dal giudice amministrativo e dal quale risulterebbero strascichi risarcitori che potrebbero coinvolgere lo stesso Funzionario. Dalla vicenda, peraltro, era derivato un esposto penale».

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Il PTPCT

La legge 190 del 2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, composta di due soli articoli (votata con un voto di fiducia) segna i confini di una serie di istituti volti da una parte, a definire la “politica” e la “strategia” in materia di reati contro la P.A., dall’altra (in modo più estensivo, nel senso di “oltre l’aspetto penalistico”), interviene su una molteplicità di materie e discipline con il fine di rendere trasparente l’azione amministrativa (poi estesa con il modello c.d. FOIA), incidendo sulla condotta del dipendente pubblico allo scopo di ridurre il rischio corruttivo e i conflitti di interessi, ovvero la maladministration intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari (il c.d. interesse secondario)[1].

Il primo PNA tra gli obiettivi strategici ed azioni indicava:

  • ridurre le opportunità che si manifestano casi di corruzione;
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione:
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

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Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Considerazioni sull’approvazione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza negli Enti Locali (minimali)

Il PTPCT

La legge 190 del 2012, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, composta di due soli articoli (votata con un voto di fiducia) segna i confini di una serie di istituti volti da una parte, a definire la “politica” e la “strategia” in materia di reati contro la P.A., dall’altra (in modo più estensivo, nel senso di “oltre l’aspetto penalistico”), interviene su una molteplicità di materie e discipline con il fine di rendere trasparente l’azione amministrativa (poi estesa con il modello c.d. FOIA), incidendo sulla condotta del dipendente pubblico allo scopo di ridurre il rischio corruttivo e i conflitti di interessi, ovvero la maladministration intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari (il c.d. interesse secondario)[1].

Il primo PNA tra gli obiettivi strategici ed azioni indicava:

  • ridurre le opportunità che si manifestano casi di corruzione;
  • aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione:
  • creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

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La legittimazione

La sez. giur. del C.G.A.R.S., con il decreto del 4 marzo 2022, n. 91, interviene per riaffermare i confini della legittimazione del consigliere comunale a fronte della violazione dei propri diritti afferenti alla lesione del munus publicum.

La legittimazione da parte del consigliere comunale, al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento, ad impugnare le deliberazioni emanate dal consiglio è ammissibile solo quando esse ledano un suo interesse personale diretto, sicché il consigliere dell’Ente locale non può impugnare le deliberazioni con le quali è semplicemente in disaccordo, perché ciò significherebbe trasporre e continuare nelle sedi di giustizia la competizione che lo ha visto in minoranza, gravando le sedi medesime di decisioni che competono all’organo collegiale elettivo[1].

La questione, nella sua essenzialità, verteva sul difetto di legittimazione e difetto di interesse alla proposizione di un ricorso proposto da un consigliere comunale avverso un atto consigliare, ove si intendeva contrastare l’errato conteggio dei voti, e dunque l’esito del deliberato in relazione alle evidenti ripercussioni sull’esercizio delle funzioni e delle prerogative connesse all’incarico ricoperto (e alla stessa esistenza dell’organo).

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La legittimazione del consigliere comunale sull’errato conteggio dei voti

La legittimazione del consigliere comunale sull’errato conteggio dei voti

La legittimazione

La sez. giur. del C.G.A.R.S., con il decreto del 4 marzo 2022, n. 91, interviene per riaffermare i confini della legittimazione del consigliere comunale a fronte della violazione dei propri diritti afferenti alla lesione del munus publicum.

La legittimazione da parte del consigliere comunale, al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento, ad impugnare le deliberazioni emanate dal consiglio è ammissibile solo quando esse ledano un suo interesse personale diretto, sicché il consigliere dell’Ente locale non può impugnare le deliberazioni con le quali è semplicemente in disaccordo, perché ciò significherebbe trasporre e continuare nelle sedi di giustizia la competizione che lo ha visto in minoranza, gravando le sedi medesime di decisioni che competono all’organo collegiale elettivo[1].

La questione, nella sua essenzialità, verteva sul difetto di legittimazione e difetto di interesse alla proposizione di un ricorso proposto da un consigliere comunale avverso un atto consigliare, ove si intendeva contrastare l’errato conteggio dei voti, e dunque l’esito del deliberato in relazione alle evidenti ripercussioni sull’esercizio delle funzioni e delle prerogative connesse all’incarico ricoperto (e alla stessa esistenza dell’organo).

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