«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Sotto un profilo generale e comune, l’art. 23, Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, individua una serie di condotte che “falsano” la realtà (il vero), esempi traslabili anche nell’ordinaria azione amministrativa a fronte del dovere di trasparenza (dall’accesso documentale al FOIA), nonché dei principi di collaborazione e buona fede tra PA e cittadino, ex comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990 (evidente precipitato del principio costituzionale di cui all’art. 97 Cost.).

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Pubblicità occulta e trasparenza

Pubblicità occulta e trasparenza

Sotto un profilo generale e comune, l’art. 23, Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, individua una serie di condotte che “falsano” la realtà (il vero), esempi traslabili anche nell’ordinaria azione amministrativa a fronte del dovere di trasparenza (dall’accesso documentale al FOIA), nonché dei principi di collaborazione e buona fede tra PA e cittadino, ex comma 2 bis, dell’art. 1 della legge n. 241/1990 (evidente precipitato del principio costituzionale di cui all’art. 97 Cost.).

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Il decreto “Cura Italia” (ex D.L. n. 18/2020) proietta la Pubblica Amministrazione, in stato emergenziale, in una situazione di essenzialità e indifferibilità, sospendendo i tempi dell’agere pubblico, ridimensionando il lavoro in agile, inteso quale via ordinaria di regolamentazione della «modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici» (appunto, smart working)[1], aprendo all’on line nel tentativo (tra un DPCM e un D.L., o qualche diretta facebook) di limitare gli sposamenti delle persone e assicurare una rapida morte al coronavirus.

Dunque, la presenza in servizio sarebbe l’eccezione, con l’obbligo della P.A. di individuare le attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, rispettando le misure di distanza droplet tra gli operatori pubblici e l’utenza, oppure con mediati incontri in videoconferenza.

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La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19

La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19

Il decreto “Cura Italia” (ex D.L. n. 18/2020) proietta la Pubblica Amministrazione, in stato emergenziale, in una situazione di essenzialità e indifferibilità, sospendendo i tempi dell’agere pubblico, ridimensionando il lavoro in agile, inteso quale via ordinaria di regolamentazione della «modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici» (appunto, smart working)[1], aprendo all’on line nel tentativo (tra un DPCM e un D.L., o qualche diretta facebook) di limitare gli sposamenti delle persone e assicurare una rapida morte al coronavirus.

Dunque, la presenza in servizio sarebbe l’eccezione, con l’obbligo della P.A. di individuare le attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, rispettando le misure di distanza droplet tra gli operatori pubblici e l’utenza, oppure con mediati incontri in videoconferenza.

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