«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Articolo Pubblicato il 8 Aprile, 2020

La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19

La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19

Il decreto “Cura Italia” (ex D.L. n. 18/2020) proietta la Pubblica Amministrazione, in stato emergenziale, in una situazione di essenzialità e indifferibilità, sospendendo i tempi dell’agere pubblico, ridimensionando il lavoro in agile, inteso quale via ordinaria di regolamentazione della «modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici» (appunto, smart working)[1], aprendo all’on line nel tentativo (tra un DPCM e un D.L., o qualche diretta facebook) di limitare gli sposamenti delle persone e assicurare una rapida morte al coronavirus.

Dunque, la presenza in servizio sarebbe l’eccezione, con l’obbligo della P.A. di individuare le attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, rispettando le misure di distanza droplet tra gli operatori pubblici e l’utenza, oppure con mediati incontri in videoconferenza.

Il Decreto – Legge è disseminato di norme agevolative del lavoro da casa (ex artt. 39, 47, 75 e 87), derogando le modalità ordinarie di scelta del contraente per l’acquisizione della strumentazione o dotazione informatiche, ovvero prescindendo dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi, previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81, celebrando le riunioni degli organi in videoconferenza.

E se mancano alternative al lavoro agile, e agli altri istituti che rispondono alla medesima ragione e non sia possibile la rotazione delle funzioni come extrema ratio (la Funzione pubblica, ricorda) «di esentare il personale dipendente, con equiparazione del periodo di esenzione al servizio prestato a tutti gli effetti di legge e, quindi, senza ripercussioni sulla loro retribuzione e senza che l’istituto incida negativamente ai fini della valutazione e dell’erogazione del trattamento accessorio».

Prima di collocare il personale “a casa”, senza compiti o mansioni per l’impossibilità di eseguire lavoro agile, per i diversi motivi da enunciare nel provvedimento, sia pure per l’assenza di strutture a rete o di hardware o software o, semplicemente, analfabetismo digitale, si potrebbe pensare di destinare il personale a corsi di formazione da remoto («utilizzando pacchetti formativi individuati dal datore di lavoro»)[2], ad auto formazione con la lettura di testi, a seguire programmi formativi presenti in video, sempre che questo sia possibile dalle capacità e dai profili ricoperti dal singolo.

La formazione come ultima frontiera dall’esenzione della prestazione.

Pensare che non si possa procedere con l’attribuzione a diverse mansioni e/o con lo scopo di impiegare il personale (temporaneamente) presso strutture di altre Amministrazioni per compiti emergenziali, o per quelle funzioni essenziali di controllo, previa una formazione di base, può essere uno dei motivi di una non attenta valutazione (ergo diligenza) del quadro possibile, sia con riferimento all’interesse del singolo alla prestazione (quasi un demansionamento) che dell’Amministrazione (in generale) all’utile perseguimento dell’interesse pubblico.

Non sono mancati, in questa e in altre occasioni, rivendicazioni sull’esigibilità di conoscenze basiche digitali per assolvere semplici funzioni di utilizzo di programmi informatici o di formazione a distanza (webinar), con la possibile conseguenza di accertare ex professo l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altri compiti, anticamera (inevitabile) in un prossimo presente di riorganizzativo, valorizzando i profili in termini di utilità e non di eccedenza (alias diponibilità).

Questa ordinaria forma lavorativa porta ad una prima conclusione sul futuro possibile.

Il lavoro agile potrà aprire molti spazi prestazionali, ove l’organizzazione dovrà essere ripensata, dove l’ufficio, la scrivania, l’help desk di servizio, potrà assumere significati diversi, non necessariamente in presenza (almeno per una giornata lavorativa), con recupero da una parte, in termini di spazi fisici e di risorse impiegate, aumentando di converso gli investimenti digitali, dall’altra, con un nuovo rapporto tra cittadini e P.A., potendo allestire orari di servizi personalizzati, prestazioni su risultati verificabili, qualità della vita, ovvero in un ambiente proprio, con effetti sul miglioramento del prodotto finale.

Di converso, il lavoro agile associato alla videoconferenza (in tutte le sue forme), in ufficio o in remoto, consente di ridurre gli spostamenti, di efficientare il procedimento, rendere rapide le decisioni, eliminando tutti quei limiti che il digitale rende possibile: le videoconferenze rispondono «alle direttive impartite dal Governo, proprio in questa fase di emergenza, in materia di “home working” o “smart working”, senza oneri per le finanze pubbliche»[3].

La Corte dei Conti, con il Decreto 1 aprile 2020 (in G.U. n. 89 del 3 aprile 2020) «Regole tecniche ed operative in materia di svolgimento delle udienze in videoconferenza e firma digitale dei provvedimenti del giudice nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti», esprime appieno questi passi verso il futuro, applicando l’art. 85 del D.L. n. 18/2020 per garantire la funzionalità della “Giustizia contabile” con collegamenti da remoto.

La lettera e) del comma 3, del cit. art. 85, «Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia contabile», consente «lo svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, ovvero delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentati delle amministrazioni, mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione all’udienza ovvero all’adunanza, anche utilizzando strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o con ogni mezzo di comunicazione che, con attestazione all’interno del verbale, consenta l’effettiva partecipazione degli interessati».

L’art. 1 del cit. Decreto 1 aprile 2020, indica ulteriori profili mutuabili anche per le videoconferenze, di cui all’art. 73, «Semplificazioni in materia di organi collegiali» del D.L. n. 18/2020, potendo utilizzare qualsiasi strumento informatico, di proprietà dell’Amministrazione o di terzi, dove l’elemento principale e certo – per tracciare la presenza dei partecipanti – è la «verbalizzazione», atto che fa piena fede fino a querela di falso, senza cioè la necessità di un’eventuale impronta digitale[4].

La verbalizzazione (contenuta nel provvedimento firmato digitalmente) assicura e semplifica i fatti di udienza o i provvedimenti degli organi elettivi negli Enti locali e degli altri soggetti indicati all’art. 73 del D.L. n. 18/2020, ad invarianza di spesa, poiché gli strumenti possono essere forniti anche da terzi, generalmente reperibili gratuitamente in rete.

L’art. 3, «Udienza in videoconferenza», del Decreto della Corte dei Conti al secondo comma indica un’ulteriore passaggio procedimentale disponendo che:

  • prima dell’udienza la segreteria della sezione avvisa le parti necessarie dello svolgimento della stessa con collegamento da remoto ed indica le relative modalità;
  • l’avviso viene inviato mediante posta elettronica certificata o ordinaria o, in mancanza, con altro mezzo idoneo allo scopo (stabilendo una molteplicità di forme adeguate di pubblicità, estraibili ad esempio per le convocazioni dei Consigli comunali, anche con un sms o WhatsApp o utilizzando altro strumento di messaggistica o social, anche facebook)[5];
  • il consenso alla partecipazione all’udienza telematica è comunicato alla segreteria tramite posta elettronica certificata o ordinaria;
  • all’udienza il Presidente o il giudice (rectius il Presidente del Consiglio o il Sindaco), con assistenza del segretario, verifica la funzionalità del collegamento nonché le presenze e dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta l’identità dei partecipanti e, ove trattasi di parti personalmente presenti, della loro libera volontà a dar corso all’udienza telematica (volendo dire che il difetto di convocazione è sanato con la presenza nella seduta degli interessati o degli organi elettivi, sempre per gli Enti locali);
  • qualora il collegamento non sia disponibile o la sua qualità non sia ritenuta idonea, ovvero nei casi di indisponibilità o impossibilità della partecipazione, chi presiede può rinviare l’udienza (seduta);
  • il verbale di udienza in videoconferenza, redatto come documento informatico, è sottoscritto con firma digitale da chi presiede l’udienza e dal segretario dell’udienza, ovvero qualora non sia possibile procedere alla sottoscrizione nelle forme predette, il verbale d’udienza è redatto su supporto cartaceo e sottoscritto nei modi ordinari, potendo il Presidente o il giudice disporre, qualora sia disponibile e nel rispetto della riservatezza dei dati personali, la registrazione audio/video della sessione di videoconferenza, per la quale viene apposta dal segretario di udienza la propria firma digitale (con un’ampia e diversificata forma di verbalizzazione in digitale o analogico);
  • in luogo della affissione alla porta dell’aula di udienza, l’ordine di discussione delle cause è pubblicato sul sito internet istituzionale o, in mancanza, portato a conoscenza delle parti mediante posta elettronica.

Risulta evidente che la videoconferenza, sia nel “processo contabile”, che nelle sedute degli organi degli Enti locali, è possibile con forme diverse e semplificate, ovvero potendo utilizzare, a seconda dei casi e delle esigenze, gli strumenti più adatti con piena libertà di forma, che si riverbera sugli effetti giuridici e validità degli atti, rendendo agile il provvedimento finale, d’udienza o di consiglio/giunta comunale.

L’art. 4, «Provvedimenti digitali del giudice», si occupa di stabilire la redazione del documento informatico:

  • sottoscritto con firma digitale, in formato PDF o PDF/ A ottenuto da trasformazione di documento testuale senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia, sottoscritto con firma digitale in formato PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures, è una firma apposta solo su file PDF: l’apposizione di una firma PAdES lascia immutata l’estensione del documento, che continuerà a chiamarsi …pdf)[6], nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (ex lgs. n. 82/2005)
  • qualora il giudice non possa adottare provvedimenti in forma digitale, la segreteria della Sezione provvede ad estrarre copia informatica, anche per immagine, dei provvedimenti depositati su supporto cartaceo, dopo avervi apposto la dichiarazione di conformità firmata digitalmente;
  • i provvedimenti sottoscritti con firma digitale sono inviati al sistema di conservazione documentale digitale.

Giova richiamare il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sez. cons., 7 aprile 2020, n. 110 (numero affare 00099/2020), dove dopo aver ritenuto che l’adunanza degli organi potesse svolgersi con conferenza telefonica o con modalità telematica, «conclusione… peraltro in linea con quanto stabilito dall’articolo 1, comma 1, lett. q), d.P.C.M. 8 marzo 2020 (pubblicato sulla g.u. 8 marzo 2020 n. 60, nella parte in cui stabilisce che «sono adottate, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, modalità di collegamento da remoto»), ora esteso all’intero territorio nazionale dall’art. 1, d.P.C.M 9 marzo 2020» richiama una serie di norme non emergenziali (ex art. 3 bis della Legge n. 241/1990; ex art. 14, comma 1, della Legge n. 241/1990; ex art. 12 e 45, comma 1, del D. L.gs. n. 82/2005) che dimostrano il chiaro «indirizzo legislativo volto a potenziare il ricorso agli strumenti telematici», quale forma di miglioramento dell’attività e di performance in grado di ridurre gli spostamenti e di velocizzare l’azione giudiziaria.

Le considerazioni che precedono, gli effetti pratici conseguenti e già conseguiti, indicano un futuro già presente sollecitato (malgrado tutto) dall’emergenza COVID-19, dove il “lavoro agile” e la “videoconferenza” sono strumenti che entreranno nelle dinamiche dell’organizzazione del lavoro pubblico (nel privato già presente), capaci di rivalutare le professionalità esistenti, semplificando i rapporti tra la P.A. e i cittadini: riducendo tutto all’essenzialità (forse).

 

Due passi fuori casa (con il pensiero). Serve ancora molto (#tuttopassa).

In questa emergenza, si è compreso che la partecipazione da remoto, non sia “virtuale”, trattandosi, al contrario, di partecipazione effettiva, anche se manca il contatto umano (che non è poco), mentre il lavoro agile presenta più di qualche utilità, dimostrando che le prestazioni ridotte all’essenziale – per garantire la sopravvivenza – non necessitano delle migliaia di attività del tutto inutili, della compilazione di format incomprensibili, di adempimenti formali senza alcun collegamento con il reale, nemmeno per le statistiche (il c.d. Governo dei burocrati).

Serve una semplificazione normativa prima (ex ante), e amministrativa dopo (ex post), eliminare tutte queste sovrastrutture e costi amministrativi per la Comunità da trasferire tout court a garanzia della vita, riconvertire interi apparati pubblici per attività di utilità pubblica al servizio della persona.

Dicono che le politiche di contenimento della spesa, dei tagli alla sanità, degli equilibri di bilancio e del rispetto dei trattati UE hanno dimostrato – alla prova dei fatti – (secondo l’insegnamento evangelico, Matteo 7, 15-20) la loro instabile fragilità: in questa emergenza COVID-19 lo spazio Schengen, con il repentino ripristino delle frontiere interne (anche visivamente con pietre), limitando la libertà di circolazione dei cittadini comunitari (quelli italiani in primis), ha fatto mancare quella solidarietà che dovrebbe unire: l’umanità.

[1] Vedi F.P. Circolare n. 2/2020, «Misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19”».

[2] Punto 5, «Protocollo di accordo per la prevenzione e la sicurezza dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria da “Covid-19”», 3 aprile 2020, www.funzionepubblica.gov.it.

[3] Cfr. CGARS, sez. cons., 7 aprile 2020, n. 110 (Numero Affare 00099/2020).

[4] Cfr. un personale contributo, Riunioni degli organi in videoconferenza ai tempi del COVID-19, con schemi d’atto, mauriziolucca.com, 19 marzo 2020, ove si rilevava che « nelle sedute ordinarie, la tracciabilità, ovvero la genuinità della presenza fisica, viene dalla dichiarazione, ovvero dal verbale della seduta… Nel verbale sono contenute, quindi, le operazioni di formazione e di documentazione della manifestazione volitiva o della rappresentazione dell’Organo Collegiale: concretizza giuridicamente un’attività documentatrice».

[5] Cfr. un personale contributo, Obbligo di comunicazione telematica per la convocazione del Consiglio comunale, in LexItalia.it, 2013, n. 4, ove si scriveva che con la telematica «necessariamente inquadrata all’interno dello sviluppo tecnologico e della connessa riduzione della spesa pubblica, in una prospettiva di amministrazione “aperta e digitale”, e più in generale del c.d. “governo elettronico”, obbligando l’ente locale (la P.A.) all’utilizzo delle modalità informatiche per tutte le proprie comunicazioni, rimanendo residuale l’utilizzo della “posta ordinaria”».

[6] La firma digitale in formato PAdES, più nota come «firma PDF», è un file con normale estensione <*.pdf>, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato; inoltre, prevede diverse modalità per l’apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato predisposto o meno ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni, il che rende sì il documento più facilmente fruibile, ma consente di firmare solo documenti di tipo PDF, Cass. Civ., sez. Unite, 27 aprile 2018, n. 10266.