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Articolo Pubblicato il 10 Maggio, 2022

Verbalizzazioni e rifiuto alla sottoscrizione del verbale di gara

Verbalizzazioni e rifiuto alla sottoscrizione del verbale di gara

La sentenza

La sez. I del TAR Marche. con la sentenza 4 maggio 2022, n. 272, interviene per chiarire le operazioni di verbalizzazione di una Commissione di gara, qualora un proprio componente intenda dissentire rifiutandosi di sottoscrivere il verbale.

Il verbale

È noto che il verbale redatto da una Commissione non è atto collegiale, ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà dell’organo, rilevando che:

  • non deve necessariamente contenere la descrizione minuta di ogni singola modalità di svolgimento, ma deve riportarne soltanto gli aspetti salienti e significativi, tali da riscontrare la correttezza delle operazioni eseguite;
  • non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione viene effettuata;
  • l’attività certificativa insita nel verbale rimarcata dal regime di fidefacienza[1] che presidia la valenza dimostrativa dell’atto[2];
  • sono mere irregolarità formali non invalidanti la mancata indicazione del verbalizzante o della data di verbalizzazione, che può essere diversa dalla data della seduta, quest’ultima da riportare necessariamente[3];
  • la mancanza di firma da parte di uno dei commissari, ove non sia determinata dalla mancata partecipazione di questi alla seduta, non inficia la validità del verbale ma concreta una mera irregolarità sanabile[4];
  • l’efficacia probatoria qualificata deve essere contestata con il ricorso al rimedio tipico della querela di falso (e non con una semplice esternazione di invalidità)[5]: l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti va contestata con formale denuncia[6];
  • il verbale (delle Commissioni di gara/concorsuale) costituisce un atto pubblico (ex 2700 del cod. civ. dispone che l’atto pubblico fa piena prova, sino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti), che è assistito da fede privilegiata, facendo prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato[7];
  • il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile – non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari, sicché chi ne contesta la legittimità non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti (quando manca tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono)[8].

Le Commissioni di gara

Sotto diverso aspetto, le Commissioni giudicatrici delle gare indette per l’aggiudicazione di appalti con la PA devono:

  • essere necessariamente composte da un numero dispari dei membri onde assicurare la funzionalità del principio maggioritario, con la conseguenza che è illegittima, con effetti vizianti l’intero procedimento, la Commissione che opera con la partecipazione o numero pari di membri[9];
  • operare nel plenum, affinché tutti i componenti offrano il loro contributo, per la formazione della volontà (e dunque, del giudizio) collegiale, rilevando che tale principio deve essere necessariamente assicurato nelle fasi in cui la Commissione viene chiamata a fare scelte discrezionali (ad esempio per l’esame delle offerte tecniche), in ordine alle quali permane l’esigenza che tutti i suoi componenti offrano il loro contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale, potendo consentirsi la deroga al principio della collegialità solo per le attività preparatorie, istruttorie e vincolate[10].

Il verbale degli organi deliberanti

A completamento del tema, il verbale di seduta di un organo (quelli locali) non attiene al procedimento deliberativo, che si esaurisce e si perfeziona con la proclamazione del risultato della votazione, ma assolve ad una funzione di mera certificazione dell’attività dell’organo deliberante, confermando che il verbale attesta (in funzione certificativa) il compimento dei fatti svoltisi al fine di verificare il corretto iter di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, non avendo al riguardo alcuna rilevanza l’eventuale difetto di una minuziosa descrizione delle singole attività compiute o delle singole opinioni espresse (dai consiglieri).

In questo senso, il verbale di seduta (quello redatto dal Segretario comunale, ai sensi dell’art. 97, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 267/2000, mentre la deliberazione ha una autonomia rispetto al verbale di seduta)[11] costituisce atto pubblico che fa fede fino a querela di falso dei fatti in esso attestati[12], rilevando che non è richiesta la redazione del verbale durante la seduta, essendo sufficiente che avvenga in un tempo successivo e non sia protratta a tempo indefinito[13].

In termini diversi, la documentazione dell’atto, ovvero le deliberazioni, trova la sua fonte nella verbalizzazione di quanto viene manifestato all’interno della seduta del consesso: il verbale forma la memoria conservativa rispetto a quanto è accaduto nell’ambito delle decisioni intraprese dall’organo deliberante e va a costituire la documentazione amministrativa necessaria ai fini amministrativi (la deliberazione, comprensiva del verbale).

L’approdo porta a ritenere che la verbalizzazione può avvenire, in certi casi, anche nella seduta successiva, in cui viene dato atto della deliberazione adottata (già adottata e perfezionata, quindi), nella seduta precedente:

  • la redazione del verbale può avvenire in un momento diverso della seduta, così come la sua sottoscrizione;
  • il verbale non deve essere necessariamente prodotto ed approvato in contemporaneità con la seduta dell’organo collegiale, ma può essere prodotto anche in un momento successivo al provvedimento deliberativo adottato durante la seduta.

In effetti, è necessario distinguere tra atto documentato e verbale ed anche tra documento e verbale in cui si conserva l’atto già valido: l’iter logico seguito per l’adozione di una deliberazione da parte di un organo collegiale deve risultare dalla delibera stessa e non dal verbale della seduta poiché il verbale ha l’esclusivo compito di certificare fatti storici già accaduti e di assicurare certezza a delle determinazioni che sono già state adottate e che sono già entrate a fare parte del mondo giuridico dal momento della loro adozione: la mancanza o il difetto di verbalizzazione non comportano, quindi, l’inesistenza dell’atto amministrativo, poiché la determinazione di volontà da parte dell’organo è distinta inequivocabilmente dalla sua proiezione formale.

Il difetto di verbalizzazione non comporta l’inesistenza dell’atto amministrativo, dato che la determinazione volitiva dell’organo è ben distinta dalla sua proiezione formale: confermando la distinzione tra atto deliberato e sua verbalizzazione[14].

La verbalizzazione postuma

Le osservazioni che precedono manifestano, in linea generale, la piena legittimità di una verbalizzazione postuma che non inficia le operazioni della Commissione di gara.

Si può affermare che in mancanza di norme contrarie, anche della lex specialis, che prescrivano la verbalizzazione distinta di ogni singola riunione, la Commissione aggiudicatrice ben può far risultare in unico verbale tutte le operazioni poste in essere, ancorché svoltesi in più giornate, dando conto di tale distinzione[15].

La verbalizzazione successiva è ammessa purché sopraggiunga in un arco temporale ragionevolmente breve e tale da evitare che vi possano essere errori od omissioni nella ricostruzione dei fatti e dell’iter valutativo posto in essere dalla Commissione di gara, a scapito di imprecisioni tali da travolgere l’operato della stessa (fatti che devono essere allegati/dimostrati in sede di contestazione giurisdizionale).

La questione di diritto

Le questioni nella loro essenzialità vertono, per ciò che interessa:

  • nelle modalità di raggiungimento delle valutazioni (sui «criteri di valutazione», peraltro definiti nella lex specialis), ovvero, sulla sussistenza o meno dei presupposti per derogare all’applicazione del principio generale secondo cui la Commissione di gara delibera anche a maggioranza, in presenza di un commissario dissenziente: un giudizio formato non all’unanimità;
  • nell’esigenza di superare la mancata sottoscrizione del verbale da parte del dissenziente in presenza di una nuova Commissione.

Operazioni della Commissione e il dissenso

Sul modus operandi del commissario (che rifiuta la firma del verbale delle operazioni effettuate) e della Commissione, il giudice di seconde cure delinea una serie di condotte esigibili:

  • le Commissioni di gara o di concorso non risultano obbligate, a pena di invalidità del loro operato, a verbalizzare in tempo reale le operazioni compiute nel corso di ogni singola seduta, rilevando che in caso di prove orali dei concorsi pubblici tale attività redazionale viene giustificata dal procedimento stesso, il quale prevede di rendere noti ai candidati i risultati al termine di ogni sessione;
  • in presenza di una verbalizzazione ex post delle attività si può legittimamente supporre che i singoli commissari annotino via via in un “brogliaccio” i punteggi e le valutazioni riservate a ciascuna offerta, al fine di consentire – al termine delle operazioni – di riportare i giudizi espressi nel verbale (dunque, una “verbalizzazione formale”, quella avente natura fidefacente[16], al termine delle operazioni e non in simultanea);
  • la mancata verbalizzazione di una fase procedimentale, quella della prima Commissione (fino al momento dell’arresto procedimentale del commissario dissenziente) costituisce un fatto oggettivo, che incide sulla trasparenza complessiva dell’intera procedura, da ricomprendere l’attività anche della nuova Commissione di gara, specie quando i commissari (quelli della prima Commissione) si sono espressi con l’attribuzione di punteggi (e manca una verbalizzazione);
  • appartiene alle prerogative/funzioni di ogni singolo commissario il c.d. diritto di rimostranza, ovvero di mettere a verbale il proprio dissenso, mutuando tale facoltà rinvenibile in quella del dipendente pubblico che, in presenza di un ordine o di una direttiva illegittima, ben è concesso di rappresentare tale circostanza al superiore che ha impartito l’ordine o la direttiva, pur essendo tenuto ad eseguire ugualmente la disposizione se il superiore la conferma per iscritto, salvo che la condotta non integri un reato (ex 17, Limiti al dovere verso il superiore, del DPR n. 3/1957)[17];
  • (a rafforzare tale principio) nel funzionamento degli organi collegiali le decisioni possono essere assunte anche a maggioranza (semplice o qualificata), con l’inevitabile conseguenza della presenza di un diritto dei componenti che sono posti in minoranza (quelli dissenzienti, ossia coloro che non condividono le decisioni) di far risultare a verbale la c.d. dissenting opinion: una modalità redazionale di indicare coloro che sono contrari alla decisione (un onere istruttorio nel quale viene descritto la motivazione delle ragioni contrapposte);
  • la manifestazione di dissenso può essere espressa anche da una votazione contraria, modalità con la quale negli organi collegiali può essere riportato (a verbale) l’opinione contraria: di norma la forma scritta non qualifica le decisioni adottate dagli stessi potendosi le stesse manifestare mediante forme anche diverse dallo scritto, come per le votazioni e proclamazione delle stesse[18].

La verbalizzazione del dissenso

Si deve acclarare che il componente dissenziente può legittimamente riportare il proprio dissenso che non può coincidere con la mancata sottoscrizione del verbale, quanto con l’annotazione delle proprie motivazioni «facendo constare il proprio dissenso».

Tuttavia, se il commissario dissenziente si rifiuta di firmare il verbale non volendo riportare alcuna annotazione limitandosi ad una condotta omissiva (rifiuto alla sottoscrizione), la Commissione può – in ogni caso – deliberare «dando atto nel verbale del rifiuto della sottoscrizione da parte del terzo componente»: elemento fattuale comprovabile.

Se a fronte di tale comportamento interno alla Commissione, la serenità di giudizio dei commissari “superstiti” risultasse del tutto compromessa la via maestra sarebbe quella del rinnovo della gara limitatamente alla parte non conclusa (caso di specie, i lotti non assegnati).

[1] La fede privilegiata che assiste i verbali della Commissione giudicatrice, in quanto atti pubblici, prescinde dal formato (cartaceo o digitale) utilizzato, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 6 maggio 2020, n. 334.

[2] Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2019, n. 7270.

[3] TAR Lazio, Roma, sez. I, 30 ottobre 2018, n. 10460.

[4] Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2016, n. 9312. In mancanza di specifica contestazione in merito alla effettiva mancata partecipazione ai lavori da parte di un commissario, la mancata sottoscrizione di alcuni verbali non determina la nullità e/o annullabilità della procedura; invero, in assenza di una norma che commini l’invalidità delle operazioni verbalizzate perché prive della sottoscrizione di soggetti non muniti di funzioni certificative, la eventuale carenza di firme integra una mera irregolarità formale, TAR Lazio, Roma, sez. III quater, 3 marzo 2020, n. 2789.

[5] Il verbale di gara, così come il processo verbale di constatazione, redatto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., quanto ai fatti in esso descritti, Cass. civ., sez. V, ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1354. Idem, Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2019, n. 7270; TAR Lazio, Roma, sez. III, 21 novembre 2019, n. 13363; TAR Sardegna, sez. I, 15 gennaio 2008, n. 31.

[6] TAR Lazio, Roma, sez. III, 21 novembre 2019, n. 13363.

[7] Cons. Stato, sez. III, 2 febbraio 2013, n. 1222 e 23 marzo 2012, n. 1690.

[8] Cons. Stato, sez. III, 30 settembre 2020, n. 5746.

[9] TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 2 luglio 2015, n. 1593; Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6713.

[10] Cons. Stato, sez. III, 24 dicembre 2021, n. 8608 e 15 luglio 2011 n. 4332.

[11] La manifestazione di volontà dell’organo necessita ad substantiam di una esternazione costituita dal processo verbale, redatto dal Segretario dell’ente, il quale pone in essere, mediante la verbalizzazione, un’attività strumentale di documentazione dell’atto, TAR Friuli Venezia Giulia, 26 settembre 1984, n. 278.

[12] Cons. Stato, sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4074.

[13] Cons, Stato, sez. IV, 28 gennaio 1975, n. 60.

[14] Cons. Stato, sez. IV, 18 luglio 2018, n. 437.

[15] Cons. Stato, sez. IV, 8 aprile 2021, n. 2822. Il principio di analiticità e tempestività della verbalizzazione delle operazioni di gara non comporta anche la necessaria contestualità di esternalizzazione dell’attività svolta dalla Commissione, così che la materiale redazione del verbale e l’approvazione dello stesso non devono necessariamente avvenire al termine di ogni seduta: nulla impedisce ad una Commissione di gara di redigere un unico verbale di tutte o di parte delle operazioni compiute, ancorché relativo a più giornate, così che la verbalizzazione successiva allo svolgersi delle sedute è ammessa purché sopravvenga in tempi idonei ad evitare l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione sia dei fatti che dell’iter valutativo percorso dalla Commissione di gara, TAR Lazio, Roma, sez. I, 30 ottobre 2018, n. 10460.

[16] Un’esigenza probatoria con fede privilegiata redatta da un pubblico ufficiale che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell’atto, alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti, Cass., sez. I, 3 dicembre 2002, n. 17106.

[17] Deve trattarsi di un’obiezione ragionevole che si basi su una reale e oggettiva illegittimità dell’ordine e che può essere esternata e percepita anche soltanto dal destinatario dell’ordine medesimo, ma nel suo ruolo di “sentinella” e di collaboratore ad assicurare la legalità dell’Amministrazione, che gli deriva dall’art. 54, comma 2, Cost. e non per finalità, ragioni e percezioni meramente personali, Cass. civ., sez. lavoro, 30 novembre 2018, n. 31086.

[18] TAR Lazio, Roma, sez. III bis, 26 gennaio 2022, n. 881.