La sez. giurisdizionale Campania, della Corte dei conti, con sentenza n. 317 del 13 ottobre 2025, non reputa la presenza della responsabilità erariale di un Sindaco (manca la prova del dolo), nel conferimento reiterato (per tutta la durata del mandato) dell’incarico di posizione organizzativa ad un dipendente dell’ufficio tecnico di categoria C, pur in presenza in organico ed in servizio di altro dipendente (sempre dell’ufficio tecnico, ma di altra area) di categoria D.
Il fatto
La procura erariale, a seguito di un esposto anonimo circostanziato, cita in giudizio un Sindaco per una responsabilità erariale a titolo di dolo (stante la piena consapevolezza del quadro normativo vigente di assumere determinazioni contra legem) derivante dall’erogazione illegittima di indennità di posizione attribuita (in via permanente) ad un dipendente di cat. C, l’incarico di responsabile del settore opere pubbliche pur in presenza di una categoria D nel medesimo ufficio tecnico (invero di altra Area), in violazione a quanto stabilito dagli artt. 8, Area delle posizioni organizzative («possono essere assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella categoria D, sulla base e per effetto d’un incarico a termine»), e 11, Disposizioni in favore dei Comuni di minori dimensioni demografiche («Nel caso in cui siano privi di posizioni della categoria D, i Comuni applicano la disciplina degli artt. 8 e ss. ai dipendenti di cui al comma 1 classificati nelle categorie C o B, ove si avvalgano della facoltà di cui alla disciplina di legge richiamata nello stesso comma 1»), del CCNL Regioni e Autonomie locali del 31 marzo 1999 e ss.mm.ii.
Il convenuto con memoria eccepiva:
- da una parte, la nullità della domanda fondata solamente su un esposto anonimo finalizzato a destabilizzare la corretta azione amministrativa;
- dall’altra parte, di essersi limitato a confermare l’assetto organizzativo preesistente, rinunciando a reperire il responsabile all’esterno (mediante convenzione/incarico) per privilegiare il personale interno.
Condotte con lo scopo primario di evitare, così facendo, maggiori spese e aggravi a carico del bilancio comunale, rientrando all’interno del tetto annuale del salario accessorio, con l’effetto di escludere l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, mancando qualsiasi negligenza o sprezzante trascuratezza dei propri doveri d’ufficio o disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni, avendo peraltro acquisito ex ante i pareri di legittimità e di regolarità contabile.
A completamento, annota che non è stata dimostrata, oltre al danno e nesso di causalità, la volontà (dolo) dell’evento dannoso, quale componente essenziale a seguito delle intervenute modifiche ad opera del comma 1, dell’art. 21, Responsabilità erariale, decreto – legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 120/2020, (il comma due ha inserito nell’ordinamento il c.d. scudo erariale sulla colpa grave, scriminante applicabile in via generale, salvo i casi dolosi per condotte attive)[1]; una modifica di inquadramento avente carattere sostanziale, incidendo su uno degli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito erariale, esigendo (ad avviso della difesa della parte evocata):
- la volontarietà del fatto;
- la consapevolezza delle sue conseguenze dannose;
- l’ingiustizia del danno stesso;
- il cosiddetto dolo generico.
In termini lineari, ai fini della configurazione della responsabilità amministrativo – contabile limitata ai casi di dolo, come previsto dalla norma cit., è necessario dimostrare non soltanto la volontà della condotta antigiuridica viola delle norme di servizio, ma anche la consapevole volontà dell’evento dannoso arrecato all’Amministrazione, non essendo sufficiente la mera consapevolezza della violazione degli obblighi di servizio (dolo contrattuale), ma è richiesta la prova della volontà di causare danno all’erario[2].
Esposto anonimo
Sulla questione pregiudiziale, la Corte respinge l’eccezione richiamandosi all’art. 51, commi 1, 2 e 3, c.g.c, rilevando che la “specifica e concreta notizia di danno”, deve intendersi come informazione che abbia una sua peculiarità e individualità e che non sia riferibile ad una pluralità indifferenziata di fatti, tale da non apparire generica, bensì ragionevolmente circostanziata, da intendersi come obiettivamente attinente alla realtà e non a mere ipotesi o supposizioni, ritenendo valide (ai fini dell’avvio dell’azione erariale da parte del PM):
- l’esposto anonimo, se riveste i caratteri di specificità e concretezza innanzi precisati (come nel caso di specie, avendo un contenuto non meramente fondato su supposizioni ma su prove concrete e puntuali);
- i fatti conosciuti nel corso della fase dell’invito a dedurre, anche per soggetti diversi dall’invitato, nei medesimi termini;
- i fatti conosciuti a seguito di delega alle indagini, attribuita dalla Procura regionale ad organismi quale la Guardia di Finanza;
- da ultimo non possono considerarsi specifiche e concrete le notizie relative alla mera condotta, in carenza di ipotesi di danno, quale presupposto oggettivo della responsabilità amministrativa (ciò, a differenza delle ipotesi di fattispecie direttamente sanzionate dalla legge)[3].
Merito
La richiesta di condanna viene rigettata per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo, anche nei termini di dolo eventuale, con rifusione delle spese a carico del Comune.
Il Giudice erariale analizza le norme negoziali, soffermandosi su quelle (ripetute nei CCNL, riprodotte anche per gli incarichi di elevata qualificazione, c.d. EQ) che ammettono, qualora la categoria D non possa assumere, per la carenza di competenze professionali e per una sola volta (oppure, reiterata in attesa dell’assunzione), la posizione organizzativa ad interim, allo scopo di assicurare «la continuità e la regolarità dei servizi istituzionali, è possibile, in via eccezionale e temporanea, conferire l’incarico di posizione organizzativa anche a personale della categoria C, purché in possesso delle necessarie capacità ed esperienze professionali».
In definitiva, la disciplina di riferimento comporta il divieto di affidare una posizione organizzativa a personale non appartenente alla categoria D o di EQ, se non nei casi eccezionalmente previsti e in presenza dei presupposti delineati dalla normativa citata: nel caso in discussione siamo in presenza di una indubbia violazione reiterata del quadro normativo di settore da parte del Sindaco.
Tuttavia, il Collegio riscontra l’assenza dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa mancando la dimostrazione del dolo, neppure sotto il profilo del dolo eventuale.
Il dolo
La Corte nel motivare la decisione procede all’esegesi della norma, rilevando che prima dell’entrata in vigore dell’art. 21 del DL n. 76 del 2020 (prima parte del periodo considerato della nomina) si sono andati delineando due indirizzi nell’ambito della giurisprudenza contabile:
- un primo e recessivo orientamento, ispiratosi alla nozione civilistica del dolo in adimplendo, il dolo (c.d. dolo contrattuale)[4] va inteso non come coscienza e volontà di provocare il danno, ma quale mera consapevolezza e volontarietà dell’inadempimento; nozione ampiamente utilizzata sul presupposto che la responsabilità amministrativa abbia natura di responsabilità contrattuale, invero caratterizzata dalla violazione di obblighi di servizio inerenti al rapporto che lega il funzionario pubblico con l’Amministrazione[5];
- un secondo, di segno opposto e prevalente (condiviso dal Collegio), chiarisce che il dolo altro non è che l’intenzionalità di un comportamento produttivo di un evento pregiudizievole: la consapevole volontà di arrecare un nocumento contra ius all’Amministrazione lato sensu intesa; talché per la sussistenza del c.d. dolo erariale non basta la consapevole violazione degli obblighi di servizio ma serve la volontà (intenzionalità) di produrre l’evento dannoso[6], nel senso che il dolo consiste nell’intenzionalità del comportamento produttivo dell’evento lesivo, vale a dire nella consapevole volontà di arrecare un danno ingiusto all’Amministrazione, in una chiave penalistica della condotta (ex 43, Elemento psicologico del reato, c.p.)[7].
Orientamento, quest’ultimo, recepito successivamente dal legislatore, ponendo fine al contrasto interpretativo/ in ordine all’applicabilità nel giudizio contabile del cosiddetto “dolo civile”, imponendo al giudicante di accertare non soltanto la volontà della condotta posta in essere ma anche degli effetti della stessa, con un necessario adattamento dell’elemento soggettivo di matrice penalistica – configurate rispetto ad illeciti la cui condotta è tipizzata – rispetto all’illecito contabile, necessariamente atipico.
Con riguardo all’avvenuta entrata in vigore dell’art. 21, del citato DL n. 76/2020 (seconda parte del periodo oggetto di giudizio), la norma prevede espressamente di fornire la prova del dolo (comma 1), che consiste nella dimostrazione dell’intenzionalità del soggetto agente di arrecare danno, esonerandolo da responsabilità «per i danni cagionati da omissione o inerzia» (comma 2, ultimo periodo): sotto il profilo dell’elemento soggettivo del dolo, la suddetta previsione normativa impone, conseguentemente, al Giudice di accertare lo stato soggettivo caratterizzato da due fattori concomitanti:
- non soltanto la volontà (consapevolezza della violazione degli obblighi contrattuali) della condotta del soggetto agente posta in essere in violazione degli obblighi di servizio;
- ma anche degli effetti della stessa, ossia la volontà dell’evento dannoso (la prova)[8].
In dipendenza di ciò, per il dolo erariale:
- non risulta sufficiente, ai fini della configurazione dell’elemento soggettivo doloso, la sola consapevolezza della violazione degli obblighi di servizio (dolo contrattuale), ma è necessaria anche la consapevolezza di ledere terzi (e cioè di agire in danno all’Amministrazione);
- lo stato soggettivo censurabile si presenta quando risulta accertata la consapevolezza e la volontà dell’azione od omissione contra legem, con specifico riferimento alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano l’esercizio delle funzioni amministrative e alle sue dannose conseguenze per le pubbliche finanze.
In termini, la novella ha sì introdotto nel processo per responsabilità amministrativa una nozione dell’elemento soggettivo di evidente matrice penalistica, essa va interpretata alla luce delle peculiarità che connotano il processo contabile, dove il riferimento dettato dall’art. 21 alla “volontà dell’evento dannoso”, se nel diritto penale il “dolo dell’evento” trova ragion d’essere nella condotta tipizzata dalla previsione di reato, nel caso dell’illecito contabile il danno, che è un evento in senso giuridico conseguente alla condotta illecita, difficilmente è oggetto di volizione diretta in un sistema che dovrebbe essere improntato al principio di buon andamento.
Ne consegue che ai fini della prova del dolo è indispensabile che la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso sia compatibile solo con ipotesi di dolo intenzionale (in cui l’agente ha di mira proprio la realizzazione del danno) e, al limite, di dolo diretto, ovvero se possa conciliarsi anche con il dolo eventuale, che costituisce lo stadio più lieve d’intensità dolosa (profilo non escluso dalla norma, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit)[9], per la cui sussistenza è infatti idonea una positiva adesione all’evento, una volontà indiretta nei confronti delle conseguenze collaterali ed accessorie della condotta, che, sulla base di una chiara visione delle prospettive di quest’ultima, esprima una volontaria determinazione alla condotta antigiuridica[10].
La condotta assunta e la prova
Così ricostruita la disciplina di riferimento, i fatti dimostrano che l’affidamento avveniva a seguito della cessazione di uno scavalco condiviso (esternalizzando la funzione), optando per una risorsa interna, evitando di unificare due posizioni organizzative, quelle del Settore tecnico e del Settore lavori pubblici, dimostrando che l’agire era proiettato a dare una soluzione ad una carenza organizzativa e del personale in servizio.
Nessuna prova dell’elemento soggettivo di arrecare un danno al Comune, anzi è stato dimostrato l’intento di evitare un carico di notevoli incombenze, adottando una soluzione di ripartizione del lavoro su due diversi responsabili (vengono indicate le progettualità intraprese, anche legate al PNRR e l’esiguità del personale in servizio, il 50%, rispetto a quello in dotazione), assicurando (allo stesso tempo) la funzionalità degli uffici e la specifica competenza rispetto alla concentrazione delle funzioni in capo ad un unico responsabile (tutti aspetti e percorsi motivazionali riportati negli atti di conferimento).
La soluzione organizzativa, annota il Collegio, pur non conforme al quadro normativo delineato dal CCNL di Comparto, non appare dettata (esclude la consapevolezza) al fine di cagionare un danno all’erario, ma invece risulta (al contrario) finalizzata (una proiezione al buon andamento organizzativo, e quindi del servizio alla popolazione) ad evitare una ulteriore spesa esternalizzando il servizio (un aggravio al bilancio comunale), oltre che volta a garantire una migliore erogazione del medesimo servizio in termini di efficienza, efficacia e correttezza (i canoni imposti all’azione amministrativa dall’art. 1 della legge n. 241/1990, in riflesso diretto dell’art. 97 Cost.)[11].
In effetti, nei piccoli Comuni (fatto noto, senza chiosare alla c.d. paura della firma o burocrazia/amministrazione difensiva o fatica dell’amministrare)[12], la carenza di personale, i limiti di spesa (c.d. rigidità), la mobilità del personale (compreso il recesso dal rapporto di lavoro), impediscono una stabilità/continuità dell’azione amministrativa, dove le scadenze e gli impegni strutturali minimi (che esigono sempre più professionalità specialistiche, vedi ultimo gravame dei commi 3 e 4, dell’art. 14. Uso dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione, della legge n. 132/2025, nella forma utile all’equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito, ex art. 97, comma 1: «provvedono agli adempimenti previsti dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente») anche senza investimenti o servizi aggiuntivi, possono essere ostacolo alla stessa sopravvivenza dell’ente, senza considerare l’assenza di una reale ed effettiva differenziazione dei compiti, dove la semplificazione aggiunge sempre nuovi obblighi di servizio piuttosto che togliere.
Più in particolare, doveva essere provata la finalizzazione non fermandosi ad una mera eventualità: la mera violazione della normativa di settore non è bastante per la prova del dolo: l’elemento soggettivo della fattispecie assume una connotazione psicologico/naturalistica che necessita di essere specificamente provata (non invocata).
Il dolo eventuale
Re melius perpensa, conclude il Giudice, nemmeno si può ravvisare dolo eventuale, in cui l’evento non costituisce l’esito finalistico della condotta né è previsto come conseguenza certa o altamente probabile (dolo diretto), ma l’agente si rappresenta un possibile risultato della propria condotta e, ciononostante, si determina ad agire accertando la prospettiva che l’accadimento abbia luogo[13].
Dagli atti non si riscontra, dunque, nemmeno una consapevole autodeterminazione di agire pur accettando l’eventualità di arrecare un danno.
[1] L’applicazione di norme di carattere sostanziale, come quelle relative alla responsabilità erariale, deve rispettare il principio di irretroattività della legge; pertanto, la norma che introduce una nozione tipizzata del dolo erariale richiedendo la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso, non può essere applicato retroattivamente a fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore, Corte Conti, sez. I App., 11 giugno 2025, n. 84. Idem, Corte Conti, sez. giur. Liguria, 4 aprile 2025, n. 32. La scriminante non è applicabile nelle fattispecie di omissione di specifici obblighi di controllo, rilevando esclusivamente il comportamento omissivo, piuttosto che un’azione commissiva, Corte conti, sez. giur. Molise, 28 febbraio 2025, n. 11.
[2] Corte conti, sez. giur. Campania, 30 aprile 2025, n. 130.
[3] Corte conti, sez. Riunite, pronuncia n. 12/QM/2011.
[4] Nella visione civilistico-contrattuale esige un comportamento consapevole di omissione di una prestazione dovuta in violazione dei principi che regolano l’azione amministrativa, senza che sia rilevante sotto questo fine la consapevolezza del danno cagionato dalla condotta, Corte conti, sez. giur. Sardegna, 18 novembre 2014, n. 229.
[5] Cfr. Corte conti, sez. II App., sentenza. n. 399/2017.
[6] Corte conti, sez. giur. Veneto, sentenza n. 191/2014; sez. II App., sentenza n. 534/2014.
[7] Nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio” (ex art. 533 c.p.p.; cfr. Cass. pen., SS.UU., 11 settembre 2002, n. 30328, mentre nel processo civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non” (ex artt. 115 e 116 c.p.c., Cass., 16 ottobre 2007, n. 21619; 18 aprile 2007, n. 9238; 5 settembre 2026, n. 19047, 13 luglio 2006, n. 295; 4 marzo 2024, n. 4400; 21 gennaio 2000, n. 632, Corte giustizia CE, 15 febbraio 2005, n. 12), giudizio che si basa sugli elementi di convincimento disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana), la cui attendibilità va verificata sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni), giungendo a ritenere che la portata innovativa della previsione contenuta all’articolo 21 debba essere circoscritta alla natura dell’elemento soggettivo richiesto e non anche sul grado probatorio dello stesso agganciato sulla soglia del “più probabile che non” dovendosi invece escludere la necessita di una prova che conferisca certezze “oltre ogni ragionevole dubbio” all’assunto accusatorio, Corte Conti, sez. giur. Sicilia, 22 marzo 2023, n. 147.
[8] Corte conti, sez. giur. Campania, sentenza n. 102/2025.
[9] La volontarietà dell’evento è da ritenersi senz’altro immanente nella nozione di dolo eventuale, Cass. pen., SS.UU., 18 settembre 2014, n. 38343.
[10] Corte conti, sez. II App., 11 luglio 2024, n. 176.
[11] Da solo iI principio di efficacia indica il rapporto tra risultati ottenuti e obiettivi prestabiliti ed esprime l’esigenza che l’Amministrazione adotti tutte le misure che appaiono più idonee a conseguire i propri fini. I suddetti principi, a loro volta, costituiscono corollario del canone consacrato nell’art. 97 della Costituzione, che impone alle Amministrazioni Pubbliche il conseguimento degli obiettivi legislativamente prefissati, agendo con il minor dispendio di mezzi, come buona amministrazione, Corte conti, sez. Ill App., sentenza n. 396 del 2016.
[12] Corte cost., 17 luglio 2024, n. 132, dove si dipana la “fatica dell’amministrare”, che rende «difficile l’esercizio della discrezionalità amministrativa e stimolando, come reazione al rischio percepito di incorrere in responsabilità, la “burocrazia difensiva”. Quest’ultima risulta peraltro alimentata anche dall’incertezza provocata da una disciplina che si affida a un concetto giuridico indeterminato, quale quello della colpa grave, anziché procedere a una sua tipizzazione». Un «copyright di quest’ultimo slogan… riconosciuto alla recente sentenza n. 132/2024 della Consulta che, sulla base di tali (asserite ma indimostrate) “paure e fatiche”, ha fatto salvi interventi legislativi fortemente restrittivi sulla responsabilità amministrativa dei dipendenti e amministratori pubblici (art. 21 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, definito come “scudo erariale”) ed ha nel contempo, in modo sorprendente, dato una “benedizione anticipata”, un vero e proprio innovativo “parere preventivo di costituzionalità” a prossimi ulteriori ed imminenti interventi restrittivi in cantiere da parte del legislatore sul regime delle responsabilità del dipendente pubblico (progetto di legge Foti C1621, ora al Senato con numero S1457, definibile come “armatura erariale”)», TENORE, La “paura della firma” e “la fatica dell’amministrare” tra mito e realtà: categorie reali o mera giustificazione per l’impunità normativa degli amministratori pubblici? dalla “corte dei conti” alla “corte degli sconti”, Rivista della Corte dei conti, 2025, n. 1, pag. 2.
[13] L’adesione psichica dell’agente rivolta non solo alla condotta illecita e antidoverosa, bensì anche alle sue conseguenze dannose, che costituiscono un evento accessorio e collaterale non oggetto di volizione diretta e immediata da parte del soggetto agente, che, ciononostante, si autodetermina ugualmente nella propria condotta (accettando la prospettiva di cagionare un danno all’erario), Corte conti, sez. App. Sicilia, 22 novembre 2023, n. 62.
