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Articolo Pubblicato il 19 Luglio, 2023

Potestà comunale di rimozione di barra metallica

Potestà comunale di rimozione di barra metallica

Va premesso, ai fini di inquadrare la potestà comunale, che il potere di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 378 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f), può essere esercitato (previa istruttoria e verifica del titolo) sempre in presenza dell’apposizione di limiti o ostacoli da parte del privato su suoli pubblici o d’ uso pubblico[1]: si tratta di un “forma” di ordinanza di messa in ripristino non riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma correlata alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto (e quali ne siano le cause)[2].

Invero, la PA non può sottrarsi – nell’interesse dell’intera collettività e degli eventuali proprietari confinanti – all’onere di specifica e puntuale esposizione delle ragioni, in fatto e in diritto, che consentono di legittimare l’opera realizzata sine titulo[3].

La sez. I del TAR Basilicata, con la sentenza 17 luglio 2023 n. 461, esprime appieno la facoltà (un dovere) dell’Ente locale di tutelare i diritti pubblici su un bene proprio (il c.d. patrimonio), quando adotta un provvedimento (ordine di rimozione) con lo scopo (motivazione, ex art. 3 della legge n. 241/1990) ad intervenire sul suolo pubblico (demaniale) contro i privati (condominio) che ne intercludono (abusivamente) l’ingresso.

Il fatto

Nella sua estrema essenzialità, viene presentato un ricorso avverso l’annullamento d’ufficio delle autorizzazioni (precedute da diffida alla rimozione) relative:

  • all’installazione di una barra metallica regolante l’accesso ai condomini di una area pubblica;
  • all’apposizione del segnale di divieto di sosta in corrispondenza del passo carrabile, di cui alla cennata sbarra e il conseguente ordine di rimozione.

Inquadramento del potere di ordinanza

In effetti, il Tribunale inquadra il fatto (gli atti e il procedimento) e le censure «fuori asse», dichiarando il ricorso infondato (con condanna alle spese).

Non si tratta, dunque, di un potere del dirigente esercitato illegittimamente secondo «le norme che disciplinano la riduzione in pristino delle strade sono l’art. 378 della l. 20 marzo 865, n. 2248, allegato f), e l’art. 20 del r.d. 8 dicembre 1933, n.1740, le quali conferiscono al Sindaco e al Prefetto un potere di imperio in ordine alla tutela delle strade pubbliche. Tale potere, per quanto riguarda il Sindaco, è poi limitato dall’ultimo comma dell’art. 20 del R.D. n.1740/1933 alle sole strade interne all’abitato, mentre per quelle poste al di fuori la competenza spetta al Prefetto», quanto di un provvedimento di autotutela, ex art. 21 nonies, Annullamento d’ufficio, della legge n. 241/1990, adottato dal Responsabile della viabilità: il Sindaco, risulta «un organo del tutto estraneo alla predetta normativa».

Far rientrare l’atto nei poteri di autotutela possessoria iuris publici, destinata ad assicurare il ripristino della situazione preesistente, sulla base di quelle stesse condizioni che rendono possibile la tutela possessoria in diritto civile in ordine allo spoglio subito da privati (ex art. 1168 c.c. e art. 703 c.p.c.) e, in particolare, esige l’intervento entro termini brevi (un anno dal sofferto spoglio o dalla conoscenza dell’avvenuta turbativa, qualora questa sia stata posta in essere in modo clandestino) scaduti i quali verrebbe meno il potere: la sbarra telecomandata veniva legittimamente apposta ben oltre l’anno (sin dal 1992), privando il Comune dal potere sindacale di riduzione in pristino relativamente ad opere che hanno determinato l’invasione del suolo stradale, ai sensi della disciplina dell’art. 378 della legge n. 2248/1865, allegato f).

In realtà, si annota, non siamo di fronte di un’occupazione senza titolo, ma di un provvedimento di secondo grado (rispetto al precedente autorizzato)[4], a cura del soggetto titolare della competenza, ex art. 107, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ove in modo espresso (in claris non fit interpretatio) si dispone che alla dirigenza (i responsabili degli uffici o con funzioni dirigenziali) compete «l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi…, salvo quanto previsto dall’articolo 50, comma 3, e dall’articolo 54» (ovvero, il potere di ordinanza del Sindaco nei termini previsti dalla norma)[5].

In effetti, provvedimenti previsti dagli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 sono di esclusiva competenza del Sindaco nella sua specifica qualità di ufficiale di governo e non sono delegabili ad altri organi[6], al dirigente dell’Ente locale, ai sensi dell’art. 107 del cit. d.lgs., sono attribuiti compiti di ordinaria gestione del patrimonio comunale che non prevedono l’adozione di provvedimenti extra ordinem a tutela dell’incolumità collettiva e della sicurezza, visto anche che il comma 5, di detto art. 107, esclude espressamente dalle attribuzioni dei dirigenti, i provvedimenti previsti dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54, citt.[7].

A sostegno interpretativo, in opposizione dalle ulteriori prospettazioni della parte ricorrente, non si comprende le ragioni «di ordine e sicurezza pubblica correlata alla rimozione di un passo carrabile e di un segnale stradale di divieto di sosta», con l’obiettivo processuale di rendere l’atto dirigenziale viziato, ritenendolo (erroneamente) una prerogativa sindacale.

L’atto dirigenziale di annullamento in autotutela risulta sufficientemente motivato in relazione:

  • al profilo della non conformità degli atti caducati al quadro disciplinare di riferimento;
  • all’attualità e concretezza dell’interesse pubblico alla sua rimozione;
  • al contraddittorio procedimentale correttamente instaurato (avendo l’Amministrazione in istruttoria le memorie presentate, non sussistendo in relazione al procedimento amministrativo, differentemente da quanto previsto dalla legge n. 681 del 1989, un diritto all’audizione orale).

Natura demaniale dell’area

Il Tribunale osserva che la natura demaniale del bene è stata dichiarata dalla Giunta comunale, in sede di presa d’atto dell’inventario generale del patrimonio comunale dei beni immobili, atto divenuto inoppugnabile:

  • risultando manifestamente tardiva l’azione di annullamento proposta dal ricorso (palesemente inammissibile);
  • incontroversa l’avvenuta sua pubblicazione all’albo pretorio per il periodo di legge (essendo spirati da oltre due lustri il termine, di cui agli artt. 29 e 41 cod. proc. amm);
  • non si tratta di atto per il quale è richiesta la notificazione individuale (peraltro, prodotto in giudizio).

A margine, in sede di contestazione la natura del bene assume rilevanza dirimente, posto che:

  • nel caso dei beni demaniali e indisponibili, l’Amministrazione titolare gode di poteri amministrativi, a fronte dei quali la situazione soggettiva dei privati assume i contorni dell’interesse legittimo, con conseguente rimessione alla cognizione del giudice amministrativo;
  • nel caso dei beni disponibili, i rapporti tra le parti, analoghi a quelli interprivati, prefigurano la mera esistenza di diritti soggettivi in conflitto, come tali rimessi alla giurisdizione ordinaria[8].

La sentenza ha modo di affrontare un tema di costante attualità (ormai dei must per ogni Comune) dove da una parte, i privati motu proprio ostacolano l’accesso alle proprietà private “dimenticando” che l’accesso viene inibito su un suolo che (seppure privato) è ad uso pubblico (vedi, le strade vicinali)[9], dall’altra parte, operano direttamente sui beni demaniali senza alcuna autorizzazione, pretendendo di acquisirne – nel tempo e nel possesso – un diritto non usucapibile, altre volte, mettendo delle “catenelle” nei sentieri, intralciando o inibendo il passaggio ove il bene è gravato da una servitù pubblica.

[1] TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 21 settembre 2020, n. 1868.

[2] Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2015, n. 2196; sez. VI, 26 aprile 2018, nn. 2519 e 2520.

[3] TAR Campania, Salerno, sez. II, 17 luglio 2023, n. 1735.

[4] L’intervento edilizio di un’istallazione di una sbarra metallica, per la sua tipologia e per l’irrilevanza dell’impatto, non necessita di permesso di costruire, essendo riconducibile all’attività di manutenzione ordinaria, Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2015, n. 3898 e TAR Umbria, sez. I, 2 febbraio 2017, n. 120, ed esplicazione del diritto di lecita recinzione della proprietà privata, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 16 luglio 2020, n. 1330.

[5] I presupposti del potere di ordinanza, ex art. 50, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 non si discostano da quelli del successivo art. 54, comma 4, TAR Trieste, sez. I, sentenza n. 246/2021.

[6] Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5044/2017; sentenza sez. II, n. 7734/2020.

[7] Cass. pen., sez. I, sentenza n. 54841/2018.

[8] TAR Campania, Napoli, sez. VII, 10 luglio 2023, n. 4107.

[9] Cfr. LUCCA, Strada privata ad uso pubblico (vicinale) sottratta alla disponibilità del proprietario, lentepubblica.it, 1° agosto 2022.