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Articolo Pubblicato il 30 Settembre, 2020

Sale da gioco, potestà regionale e provvedimenti d’ufficio inibitori

Sale da gioco, potestà regionale e provvedimenti d’ufficio inibitori

Con la sentenza n. 40 del 16 settembre 2020 il T.A.R. Valle D’Aosta interviene sulla distanza delle sale da gioco lecito rispetto ai luoghi “sensibili”, legittimando la revoca in autotutela della licenza, affrontando altresì il rapporto tra la disciplina nazionale e le potestà regionali.

Giova rammentare che è stata approvata il 10 settembre 2013 una risoluzione del Parlamento europeo nella quale si affermava la legittimità degli interventi degli Stati membri a protezione dei giocatori, anche se tali interventi dovessero comprimere alcuni principi cardine dell’ordinamento comunitario, quali ad esempio, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, rilevando che il gioco d’azzardo non è un’attività economica ordinaria, dati i suoi possibili effetti negativi per la salute (riferiti ai livelli essenziali di assistenza (LEA) per la cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da “ludopatia”) e a livello sociale, quali il gioco compulsivo (le cui conseguenze e i cui costi sono difficili da stimare), la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro e la manipolazione degli incontri sportivi, con la conseguenza che sono possibili interventi “interni” ai singoli Stati per contrastare gli effetti negativi e la lotta alla criminalità connessa alla diffusione del gioco d’azzardo e del fenomeno delle frodi[1].

In effetti, a livello comunitario si è sostenuto che le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche[2], ben potendo limitare la libertà di iniziativa economica e la sua comprimibilità qualora giustificata da esigenze imperative connesse all’interesse generale, come ad esempio la tutela dei destinatari del servizio e dell’ordine sociale, la protezione dei consumatori, la prevenzione della frode e dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco, con conseguente legittima introduzione, da parte degli Stati membri (e delle loro articolazioni ordinamentali), di restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela della salute di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CE)[3].

Nel caso di specie, dopo il rilascio della licenza per l’esercizio del gioco lecito la Questura provvedeva, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, con un decreto di revoca della licenza, «contestando il mancato rispetto delle distanze stabilite dalla l.r. Valle d’Aosta n. 14 del 2015, in quanto la sala giochi si sarebbe trovata a meno di 500 m dall’Università della Valle d’Aosta» (ritenuto luogo “sensibile”, ai fini della collocazione delle sale giochi).

Dopo una prima sentenza non definitiva, la parte ricorrente eccepiva l’incostituzionalità della disciplina regionale:

  • ove si dispone che la distanza non sia più misurata «in base al percorso pedonale più breve», come in precedenza, bensì «in linea d’aria» (ritenuta misura irragionevole e sproporzionata, lesiva della libertà d’iniziativa economica privata nel bilanciamento con le esigenze di tutela della salute);
  • l’anticipazione della disciplina rispetto al termine riferito alle sale gioco già in esercizio, originariamente previsto in otto anni dall’entrata in vigore della legge regionale (15 luglio 2023);
  • l’arricchimento dell’elenco dei luoghi “sensibili” indicati nel testo originario della legge (istituti scolastici di ogni ordine e grado; strutture culturali, ricreative o sportive; strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e strutture ricettive per categorie protette; ludoteche per minori), aggiungendone di ulteriori (istituti di credito e sportelli bancomat, esercizi di compravendita di oro e oggetti preziosi usati, luoghi di culto);
  • la mancata realizzazione di una “mappa dei luoghi sensibili”, che evidenzi le aree di interdizione dal gioco d’azzardo, nonché di elenchi degli stessi, da tenersi a cura dei Comuni.

Il Tribunale si sofferma sul fatto che il giudizio può essere definito, mediante accoglimento o rigetto della domanda di annullamento del provvedimento impugnato, indipendentemente dalla risoluzione delle questioni di legittimità costituzionale, circostanza che ne comporta, appunto, l’irrilevanza, centrando la questione sul nuovo criterio di misurazione della distanza dai luoghi “sensibili” dirimente per la soluzione del ricorso (oggetto, anche questo di rilevanza sotto il profilo della legittimità costituzionale).

In breve, nel ricorso si denuncia:

  • la presunta invasione della sfera di competenza legislativa attribuita in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, comma 2, Cost., in materia di ordine pubblico e sicurezza (lett. h) e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m);
  • la violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute – che, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost., rientra tra le materie di legislazione concorrente – posti dallo Stato con l’art. 7, comma 10, del decreto – legge 13 settembre 2012, n. 158 («Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», conv. in legge 8 novembre 2012, n. 189), ai sensi del quale l’Agenzia delle dogane e dei monopoli provvede a pianificare «forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco» sulla base di criteri «anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata», nonché con l’art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 (legge di Stabilità 2016), secondo cui, mediante intese in Conferenza unificata recepite con decreto del Ministro dell’economia «sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età».

Il Tribunale si pronuncia sulla manifesta infondatezza alla luce dei pronunciamenti del Giudice delle leggi in materia di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni nella materia dei giochi pubblici:

  • l’individuazione dei giochi leciti e la disciplina delle modalità d’installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco rientrano nella competenza legislativa dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza alla luce della finalità di prevenzione dei reati che esse perseguono;
  • alle Regioni, tuttavia, non è preclusa l’adozione di «misure tese a inibire l’esercizio di sale da gioco e di attrazione ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati “sensibili”, al fine di prevenire il fenomeno della “ludopatia”»;
  • la disciplina di riferimento prende «in considerazione principalmente le conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi da parte degli utenti»[4];
  • la conseguenza diretta di tali affermazioni portano a ritenere che le materie rientrano nella disciplina della “tutela della salute” e del “governo del territorio”, attribuite alla legislazione concorrente, con inevitabile competenza regionale di disporre interventi per prevenire la “ludopatia”, tra cui anche la fissazione di distanze minime tra le sale da gioco e alcuni luoghi “sensibili”, come, nella specie, l’Università[5];

Sotto il profilo della denunciata violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute annota che:

  • se il d.l. n. 158 del 2012 (conv. in legge n. 189 del 2012) prevede la progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco mediante “slot machines” che si trovano in prossimità di luoghi “sensibili” con decreto del Ministro dell’economia, anche nelle more della realizzazione di questa pianificazione, la competenza legislativa regionale ben può essere esercitata, nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale e in quadro normativo e giurisprudenziale che «consente espressamente alle Regioni d’intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal d.l. n. 158 del 2012, come convertito»;
  • la stessa intesa in Conferenza unificata del 7 settembre 2017 per la distribuzione sul territorio dei punti di gioco fa esplicitamente salva l’efficacia delle vigenti disposizioni delle Regioni «se prevedono una tutela maggiore» e riconosce a tali Enti la facoltà di prevedere «forme maggiori di tutela per la popolazione» a fini di contrasto della “ludopatia”;
  • ne consegue la palese insussistenza delle censure basate sulla presunta violazione dei limiti della competenza legislativa regionale.

Sotto il profilo della misurazione della distanza il giudice rileva che:

  • la lesione del principio di ragionevolezza, desumibile dell’art. 3 Cost., è presente quando si accerti l’esistenza di un’irrazionalità “interna” al precetto, ovvero non coerente con le finalità perseguite[6];
  • il criterio di misurazione della distanza in linea d’aria non si appalesa ex se incoerente o contraddittorio rispetto alla finalità perseguita dal legislatore, che risiede nella volontà di prevenire la ludopatia “allontanando” i punti in cui si raccoglie il gioco pubblico dai luoghi “sensibili”, rilevando che la misurazione del percorso pedonale, oppure in linea d’aria, quale criterio di riferimento non determinano una disparità evidente, ossia una irragionevole scelta del legislatore nell’esercizio della propria discrezionalità;
  • non si concretizza alcuna lesione per la tutela della salute e la libertà d’impresa dal criterio di misurazione adottato: manca la prova di tale pregiudizio economico;
  • sulla decorrenza anticipatoria del termine di applicazione viene accertato che, né dalla legge di Stabilità 2016, né dalla successiva intesa in Conferenza unificata del 7 settembre 2017 emerge un esplicito e generale esonero delle sale gioco già in attività dal rispetto delle normative in materia di distanze dai luoghi “sensibili”, riconoscendo al legislatore regionale una discrezionalità nella definizione dei tempi e dei modi per conciliare le esigenze di tutela della salute, sottese alla nuova disciplina sulle distanze, e la libertà d’impresa, cui è correlata la salvaguardia degli investimenti esistenti, senza comunque precludere l’estensione della prima ai secondi.

Il pronunciamento fa prevalere nel concreto il rispetto del principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini, da ricomprendere il diritto di iniziativa economica, possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici generali: la salute, nel caso di specie, ben potendo la disciplina generale intervenire bilanciando le esigenze di tutela individuale con quelle del mercato e degli interessi privati, anche con la potestà legislativa regionale.

Si conferma, di riflesso, che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco sono dirette al perseguimento di finalità prevalentemente di carattere socio-sanitario: lo Stato ha il compito di fissare i principi generali che ispirano la materia, dettati dalla riduzione e dal contrasto all’attività del gioco d’azzardo, mentre le Regioni e gli Enti locali hanno il potere di disciplinarne le concrete modalità, avuto riguardo, da un lato, agli obiettivi programmati a livello nazionale, e, dall’altro, alle caratteristiche peculiari del territorio entro cui le attività del gioco sono destinate ad incidere, con il prevalente interesse alla salute pubblica[7].

L’approdo di tale orientamento porta e riconferma che l’esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, arginando i fenomeni di “ludopatia” (a riferimento alla condizione di dipendenza dal gioco d’azzardo)[8].

Si può concludere affermando che lo spazio di intervento del legislatore regionale, pur nell’assenza delle norme esecutive nazionali, nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale, ammette la possibilità di individuare distanze minime da rispettare e le modalità di misura, espressione di esigenze di tutela della salute pubblica e individuale[9].

[1] Cons. Stato, sez. III, 1 luglio 2019, n. 4509. Cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2016, n. 579; sez. V 1° agosto 2015, n. 3778 e 23 ottobre 2014, n. 5251, che avrebbe legittimato gli interventi dei Comuni in questo settore, censurando solo i provvedimenti in cui l’estensione dei luoghi sensibili precludesse, di fatto, l’apertura di sale giochi nel territorio.

[2] Cfr. Corte di Giustizia Europea, sentenza del 22 ottobre 2014, C-344/13 e C367/13.

[3] Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2020, n. 4464.

[4] Corte Cost., 27 febbraio 2019, n. 27.

[5] T.A.R. Aosta, sentenza n. 20 del 2020

[6] Corte Cost., sentenza. n. 6 del 2019.

[7] T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 22 marzo 2017, n. 1567.

[8] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710 e sez. I, parere 18 agosto 2020, n. 1418.

[9] Cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 dicembre 2019, n. 8563.