«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

È noto che le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione locale realizza esclusivamente finalità istituzionali, nel corretto esercizio del potere (ampiamente discrezionale, espressione massima della politica) di pianificazione del territorio[1], rilevando che i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, sicché la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante, quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia[2].

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Mancato trasferimento di aree di lottizzazione

Mancato trasferimento di aree di lottizzazione

È noto che le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’Amministrazione locale realizza esclusivamente finalità istituzionali, nel corretto esercizio del potere (ampiamente discrezionale, espressione massima della politica) di pianificazione del territorio[1], rilevando che i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, sicché la convenzione urbanistica non ha una specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti, bensì si configura come accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante, quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia[2].

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La sez. I Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 13 luglio 2023, n. 906, interviene per affermare che l’onere della prova in materia di realizzazione di un intervento edilizio incombe sull’interessato, questo ai fini di dimostrare che nel momento di ultimazione dei lavori non sussisteva l’obbligo di richiedere il titolo abilitativo.

Il Fatto

Il Responsabile dell’UT di un Comune dichiarava la decadenza degli effetti di una SCIA in sanatoria, per ragioni di non conformità alla strumentazione urbanistica vigente, inibendo l’attività edilizia contenuta nella stessa, disponendo, altresì, la trasmissione del provvedimento alla Procura della Repubblica ed al Presidente dell’Ordine.

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Onere della prova in materia di abuso edilizio sanabile

Onere della prova in materia di abuso edilizio sanabile

La sez. I Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 13 luglio 2023, n. 906, interviene per affermare che l’onere della prova in materia di realizzazione di un intervento edilizio incombe sull’interessato, questo ai fini di dimostrare che nel momento di ultimazione dei lavori non sussisteva l’obbligo di richiedere il titolo abilitativo.

Il Fatto

Il Responsabile dell’UT di un Comune dichiarava la decadenza degli effetti di una SCIA in sanatoria, per ragioni di non conformità alla strumentazione urbanistica vigente, inibendo l’attività edilizia contenuta nella stessa, disponendo, altresì, la trasmissione del provvedimento alla Procura della Repubblica ed al Presidente dell’Ordine.

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È noto che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce un’attività vincolata e doverosa della Pubblica Amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali ad esempio un’ordinanza di demolizione, costituisce un atto vincolato per la cui adozione non è richiesto l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi alimentare aspetti di natura collaborativa una volta accertato l’abuso[1].

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Il potere di qualificazione dell’intervento edilizio spetta al Comune

Il potere di qualificazione dell’intervento edilizio spetta al Comune

È noto che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce un’attività vincolata e doverosa della Pubblica Amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali ad esempio un’ordinanza di demolizione, costituisce un atto vincolato per la cui adozione non è richiesto l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi alimentare aspetti di natura collaborativa una volta accertato l’abuso[1].

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La sez. I Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 marzo 2023 n. 401, interviene confermando, con una lettura sostanziale, l’imputabilità di un atto alla PA, anche qualora sia privo di firma, purché dagli ulteriori elementi si possa desumerne il suo autore, ovvero la titolarità del potere ascrivibile all’Amministrazione procedente (la riferibilità all’organo di competenza)[1], specie quando il provvedimento è vincolato[2] e susseguente ad un procedimento privo di discrezionalità (ordinanza di demolizione).

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Imputazione dell’atto privo di firma

Imputazione dell’atto privo di firma

La sez. I Lecce, del TAR Puglia, con la sentenza 27 marzo 2023 n. 401, interviene confermando, con una lettura sostanziale, l’imputabilità di un atto alla PA, anche qualora sia privo di firma, purché dagli ulteriori elementi si possa desumerne il suo autore, ovvero la titolarità del potere ascrivibile all’Amministrazione procedente (la riferibilità all’organo di competenza)[1], specie quando il provvedimento è vincolato[2] e susseguente ad un procedimento privo di discrezionalità (ordinanza di demolizione).

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La condotta abusiva

La sez. giur. Toscana, della Corte dei conti, con la sentenza n. 11 del 11 gennaio 2023, interviene condannare un impiegato al risarcimento del danno in favore della propria Amministrazione per la condotta assunta nell’effettuare le visite per verificare la sussistenza dei presupposti per la concessione di pensioni e assegni di invalidità e per gli accertamenti ex lege n. 104/92, avendo preteso, da diverse pazienti sottoposte a visita o dalle donne che accompagnavano gli esaminandi, una serie di prestazioni sessuali in cambio del rilascio di certificazioni mediche favorevoli: un clamoroso abuso doloso delle funzioni.

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Richieste dolosamente improprie e danno erariale

Richieste dolosamente improprie e danno erariale

La condotta abusiva

La sez. giur. Toscana, della Corte dei conti, con la sentenza n. 11 del 11 gennaio 2023, interviene condannare un impiegato al risarcimento del danno in favore della propria Amministrazione per la condotta assunta nell’effettuare le visite per verificare la sussistenza dei presupposti per la concessione di pensioni e assegni di invalidità e per gli accertamenti ex lege n. 104/92, avendo preteso, da diverse pazienti sottoposte a visita o dalle donne che accompagnavano gli esaminandi, una serie di prestazioni sessuali in cambio del rilascio di certificazioni mediche favorevoli: un clamoroso abuso doloso delle funzioni.

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  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine

Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine
  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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