«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
  1. Un nuovo mondo. 2. Le mascherine. 3. Una misura abnorme. 4. Il distanziamento possibile. 5. Il principio di precauzione. 6. Nuovi scenari di verde confinamento. 7. Nuove parti sociali. 8. Disapplicazione della disciplina nazionale non conforme a quella comunitaria. 9. Il lavoro: un fine della Repubblica Italiana. 10. La tutela del lavoratore e il consenso informato. 11. Nuovi doveri civici. 12. Nuovi diritti della persona. 13. L’uomo nuovo digitale.

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021)

  1. Un nuovo mondo

Viviamo un momento difficile e oscuro dove le tecniche di condizionamento assumono una forma sottile, quasi invisibile, imponendo condotte che non sono coerenti con il diritto naturale, con l’ordinamento giuridico vigente, inducendo le persone (una parte prevalente) ad amare la schiavitù e l’obbedienza, sentendosi sicure del potere della scienza in mano alla politica, dimenticando che la prima non può asservire la seconda, e la dialettica tra maggioranza e opposizione (la c.d. minoranza) s’inquadra nelle nazioni democratiche da un sistema pluralista, distante e distinto dal pensiero unico: la historia magistra vitae non può essere confusa nella “narrazione”.

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Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale

Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale
  1. Un nuovo mondo. 2. Le mascherine. 3. Una misura abnorme. 4. Il distanziamento possibile. 5. Il principio di precauzione. 6. Nuovi scenari di verde confinamento. 7. Nuove parti sociali. 8. Disapplicazione della disciplina nazionale non conforme a quella comunitaria. 9. Il lavoro: un fine della Repubblica Italiana. 10. La tutela del lavoratore e il consenso informato. 11. Nuovi doveri civici. 12. Nuovi diritti della persona. 13. L’uomo nuovo digitale.

(pubblicato, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021)

  1. Un nuovo mondo

Viviamo un momento difficile e oscuro dove le tecniche di condizionamento assumono una forma sottile, quasi invisibile, imponendo condotte che non sono coerenti con il diritto naturale, con l’ordinamento giuridico vigente, inducendo le persone (una parte prevalente) ad amare la schiavitù e l’obbedienza, sentendosi sicure del potere della scienza in mano alla politica, dimenticando che la prima non può asservire la seconda, e la dialettica tra maggioranza e opposizione (la c.d. minoranza) s’inquadra nelle nazioni democratiche da un sistema pluralista, distante e distinto dal pensiero unico: la historia magistra vitae non può essere confusa nella “narrazione”.

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La V sez. Napoli del TAR Campania, con la sentenza 16 giugno 2021 n. 4127, interviene su un tema di attualità (e vitale) per la popolazione nazionale (altri direbbero, mondiale), sia in termini di “sanità pubblica” che di “libertà”, in un’epoca dove la riservatezza della persona (la c.d. privacy) non trovano grande affluenza (o prosperità), limitando gli spostamenti “mascherati”, con restrizioni incomprensibili, frutto di una corsa alla politica dei primi (posti), del PNRR, e di altro ancora, in funzione siderale di una evidente dittatura del COVID-19, in grado di affrancare il “diritto” in nome della “salute”, e di tutti gli interessi economici e transazionali conseguenti (correlati), con conseguente perdita di sovranità monetaria.

Il ricorso da parte di alcuni dirigenti scolastici, personale docente e collaboratori impiegati presso istituzioni scolastiche verte sull’annullamento di un’ordinanza avente ad oggetto «Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n.833 in materia di igiene e sanità pubblica e dell’art. 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. Misure di prevenzione dei contagi in vista dell’avvio dell’anno scolastico» nella parte in cui il Presidente della Regione «ha disposto l’obbligatorietà della sottoposizione a test sierologico e/o tampone per il personale scolastico, quale indefettibile misura di prevenzione sanitaria, finalizzata alla individuazione di eventuali casi di positività al virus in capo a soggetti asintomatici»[1].

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Gli obblighi vaccinali (test) per andare a scuola: un TSO illegittimo

Gli obblighi vaccinali (test) per andare a scuola: un TSO illegittimo

La V sez. Napoli del TAR Campania, con la sentenza 16 giugno 2021 n. 4127, interviene su un tema di attualità (e vitale) per la popolazione nazionale (altri direbbero, mondiale), sia in termini di “sanità pubblica” che di “libertà”, in un’epoca dove la riservatezza della persona (la c.d. privacy) non trovano grande affluenza (o prosperità), limitando gli spostamenti “mascherati”, con restrizioni incomprensibili, frutto di una corsa alla politica dei primi (posti), del PNRR, e di altro ancora, in funzione siderale di una evidente dittatura del COVID-19, in grado di affrancare il “diritto” in nome della “salute”, e di tutti gli interessi economici e transazionali conseguenti (correlati), con conseguente perdita di sovranità monetaria.

Il ricorso da parte di alcuni dirigenti scolastici, personale docente e collaboratori impiegati presso istituzioni scolastiche verte sull’annullamento di un’ordinanza avente ad oggetto «Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n.833 in materia di igiene e sanità pubblica e dell’art. 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. Misure di prevenzione dei contagi in vista dell’avvio dell’anno scolastico» nella parte in cui il Presidente della Regione «ha disposto l’obbligatorietà della sottoposizione a test sierologico e/o tampone per il personale scolastico, quale indefettibile misura di prevenzione sanitaria, finalizzata alla individuazione di eventuali casi di positività al virus in capo a soggetti asintomatici»[1].

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La sez. III del TAR Puglia, Lecce, con la sentenza 22 aprile 2021 n. 569, definisce la natura di strada pubblica rispetto a quella privata, ovvero ne delinea i contorni dell’uso pubblico e i suoi indici, legittimando il potere di ordinanza sulla viabilità, un dominio del “rapporto amministrativo” (quello tra privato e P.A.) configurato in termini di “supremazia”, non fondato su relazioni paritarie: l’uso collettivo priva il privato della piena titolarità del diritto di proprietà.

A tal proposito, non appare superfluo rilevare che la categoria dei diritti demaniali di uso pubblico il più importante e di maggiore applicazione pratica è senza dubbio quello dell’uso pubblico di passaggio, che, a sua volta, si distingue in due sottoclassi:

  • quella del passaggio sulle vie vicinali di uso pubblico – e cioè sulle strade private soggette a pubblico transito;
  • quella del passaggio su spiazzi, vicoli, corti di proprietà privata esistenti nelle città e negli agglomerati urbani.

Giova, altresì, rammentare, per ciò che interessa, che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico genera una sola presunzione di pubblicità dell’uso (che si esplicita di fatto nel pubblico transito jure servitutis publicae da parte di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza a una comunità territoriale)[1], superabile con la prova contraria, da parte del privato (in base al generale principio scolpito dall’art. 2697 del codice civile, l’onere della prova del diritto dominicale incombe in capo a chi ne afferma la sussistenza):

  • della natura della strada;
  • dell’inesistenza di un diritto collettivo di godimento (che non preclude la proprietà privata), mediante un’azione negatoria di servitù[2].

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La natura e i caratteri della strada privata ad uso pubblico

La natura e i caratteri della strada privata ad uso pubblico

La sez. III del TAR Puglia, Lecce, con la sentenza 22 aprile 2021 n. 569, definisce la natura di strada pubblica rispetto a quella privata, ovvero ne delinea i contorni dell’uso pubblico e i suoi indici, legittimando il potere di ordinanza sulla viabilità, un dominio del “rapporto amministrativo” (quello tra privato e P.A.) configurato in termini di “supremazia”, non fondato su relazioni paritarie: l’uso collettivo priva il privato della piena titolarità del diritto di proprietà.

A tal proposito, non appare superfluo rilevare che la categoria dei diritti demaniali di uso pubblico il più importante e di maggiore applicazione pratica è senza dubbio quello dell’uso pubblico di passaggio, che, a sua volta, si distingue in due sottoclassi:

  • quella del passaggio sulle vie vicinali di uso pubblico – e cioè sulle strade private soggette a pubblico transito;
  • quella del passaggio su spiazzi, vicoli, corti di proprietà privata esistenti nelle città e negli agglomerati urbani.

Giova, altresì, rammentare, per ciò che interessa, che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico genera una sola presunzione di pubblicità dell’uso (che si esplicita di fatto nel pubblico transito jure servitutis publicae da parte di una collettività di persone qualificate dall’appartenenza a una comunità territoriale)[1], superabile con la prova contraria, da parte del privato (in base al generale principio scolpito dall’art. 2697 del codice civile, l’onere della prova del diritto dominicale incombe in capo a chi ne afferma la sussistenza):

  • della natura della strada;
  • dell’inesistenza di un diritto collettivo di godimento (che non preclude la proprietà privata), mediante un’azione negatoria di servitù[2].

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La sez. II del T.A.R. Veneto, con la sentenza 11 gennaio 2021 n. 34, dichiara illegittima un’ordinanza contingibile ed urgente (con condanna alle spese) con la quale si è disposto, in assenza di una disciplina nazionale cogente (di recepimento comunitario) o di motivi ambientali il «divieto di utilizzo e distribuzione di materiali di plastica per la somministrazione a qualsiasi titolo di alimenti e bevande» su tutto il territorio comunale.

Sul ricorso al giudice di prime cure vengono rilevati i seguenti contrasti:

  • con il nuovo art. 226 quater (Plastiche monouso) del lgs. 152/2006, introdotto dalla Legge Finanziaria 2019, che prevede la possibilità di continuare a produrre e utilizzare piatti, posate e bicchieri in plastica fino al 2023, nel rispetto di determinate condizioni;
  • con gli indirizzi europei in materia di riduzione dei rifiuti in plastica, di cui alla comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Strategia Europea per la plastica nell’economia circolare”, COM (2018) 28 final del 16 gennaio 2018, nonché della direttiva 2019/904/UE del 5 giugno 2019 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla riduzione dell’impatto di determinati prodotti in plastica sull’ambiente.

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Illegittimo il divieto anzi tempo di uso su tutto il territorio comunale della plastica per le bevande

Illegittimo il divieto anzi tempo di uso su tutto il territorio comunale della plastica per le bevande

La sez. II del T.A.R. Veneto, con la sentenza 11 gennaio 2021 n. 34, dichiara illegittima un’ordinanza contingibile ed urgente (con condanna alle spese) con la quale si è disposto, in assenza di una disciplina nazionale cogente (di recepimento comunitario) o di motivi ambientali il «divieto di utilizzo e distribuzione di materiali di plastica per la somministrazione a qualsiasi titolo di alimenti e bevande» su tutto il territorio comunale.

Sul ricorso al giudice di prime cure vengono rilevati i seguenti contrasti:

  • con il nuovo art. 226 quater (Plastiche monouso) del lgs. 152/2006, introdotto dalla Legge Finanziaria 2019, che prevede la possibilità di continuare a produrre e utilizzare piatti, posate e bicchieri in plastica fino al 2023, nel rispetto di determinate condizioni;
  • con gli indirizzi europei in materia di riduzione dei rifiuti in plastica, di cui alla comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Strategia Europea per la plastica nell’economia circolare”, COM (2018) 28 final del 16 gennaio 2018, nonché della direttiva 2019/904/UE del 5 giugno 2019 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla riduzione dell’impatto di determinati prodotti in plastica sull’ambiente.

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La sentenza

La prima sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 2077 del 18 dicembre 2020 (in piena coerenza con altra sentenza del 18 dicembre 2020, n. 2075)[1], interviene per annullare un’ordinanza sindacale di chiusura delle scuole, a seguito dell’intensificarsi del contagio da Covid-19, in assenza di “dati certi” idonei a sostenere la lecita sospensione dell’attività didattica a tutela della popolazione e dei minori.

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Illegittimità del potere di ordinanza sindacale di chiusura delle scuole per emergenza Covid-19: una questione etica

Illegittimità del potere di ordinanza sindacale di chiusura delle scuole per emergenza Covid-19: una questione etica

La sentenza

La prima sez. Catanzaro del T.A.R. Calabria, con la sentenza n. 2077 del 18 dicembre 2020 (in piena coerenza con altra sentenza del 18 dicembre 2020, n. 2075)[1], interviene per annullare un’ordinanza sindacale di chiusura delle scuole, a seguito dell’intensificarsi del contagio da Covid-19, in assenza di “dati certi” idonei a sostenere la lecita sospensione dell’attività didattica a tutela della popolazione e dei minori.

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La prima sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza 23 ottobre 2020 n. 1275, dichiara illegittima una norma del regolamento di Polizia Urbana che vieta la prostituzione su tutto il territorio comunale.

La disciplina del D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città» (c.d. Decreto Minniti), convertito con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48 dispone:

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Interessi diffusi e limiti regolamentari al divieto generalizzato delle zone sex work

Interessi diffusi e limiti regolamentari al divieto generalizzato delle zone sex work

La prima sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza 23 ottobre 2020 n. 1275, dichiara illegittima una norma del regolamento di Polizia Urbana che vieta la prostituzione su tutto il territorio comunale.

La disciplina del D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città» (c.d. Decreto Minniti), convertito con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48 dispone:

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