«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

La sez. Unica del TAR Valle D’Aosta, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 37, definisce la distinzione tra strada pubblica e privata, il diritto d’uso e la cognizione incidentale in materia di servitù pubblica del GA, aspetto rilevante per comprendere i poteri della PA sul patrimonio, sia pubblico che privato, specie quando quest’ultimo è gravato da un’“utilità” di passaggio collettivo (di persone per soddisfare un interesse generale), idonea a far perdere il dominio del privato sul bene proprio[1].

Il privato, comunque, non può subire – in via unilaterale – dalla PA l’imposizione di una servitù pubblica, ovvero la realizzazione di un intervento (opera pubblica), senza un necessario, quanto doveroso, contraddittorio, a nulla rilevando da una parte, l’inserimento del bene (rectius strada) nell’elenco delle vie pubbliche, dall’altra, l’utilità pubblica a giustificazione dell’imposizione di un diritto reale (o intervento) senza una procedura espropriativa.

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Demanio stradale ed uso pubblico: i poteri della PA

Demanio stradale ed uso pubblico: i poteri della PA

La sez. Unica del TAR Valle D’Aosta, con la sentenza 8 agosto 2023 n. 37, definisce la distinzione tra strada pubblica e privata, il diritto d’uso e la cognizione incidentale in materia di servitù pubblica del GA, aspetto rilevante per comprendere i poteri della PA sul patrimonio, sia pubblico che privato, specie quando quest’ultimo è gravato da un’“utilità” di passaggio collettivo (di persone per soddisfare un interesse generale), idonea a far perdere il dominio del privato sul bene proprio[1].

Il privato, comunque, non può subire – in via unilaterale – dalla PA l’imposizione di una servitù pubblica, ovvero la realizzazione di un intervento (opera pubblica), senza un necessario, quanto doveroso, contraddittorio, a nulla rilevando da una parte, l’inserimento del bene (rectius strada) nell’elenco delle vie pubbliche, dall’altra, l’utilità pubblica a giustificazione dell’imposizione di un diritto reale (o intervento) senza una procedura espropriativa.

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La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2911 del 23 marzo 2023, interviene nel definire l’esercizio del potere amministrativo a fronte di una richiesta da parte dei cittadini del suo riesame.

I motivi del ricorso

Il ricorso viene improntato (da quanto si comprende nella sentenza) a fronte del silenzio serbato da un Comune alla sollecitazione popolare (una petizione con 940 sottoscrizioni), finalizzata a garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (SII), l’acqua un bene comune fondamentale di natura demaniale, attraverso la continuità nell’affidamento del servizio al gestore esistente, opponendosi alla scelta di aggregazione (l’affidamento ad una società), oppure – in alternanza – alla reinternalizzazione delle funzioni.

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Gli istituti di partecipazione popolare non rendono doverosa l’autotutela amministrativa sulla scelta del gestore del servizio idrico integrato

Gli istituti di partecipazione popolare non rendono doverosa l’autotutela amministrativa sulla scelta del gestore del servizio idrico integrato

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2911 del 23 marzo 2023, interviene nel definire l’esercizio del potere amministrativo a fronte di una richiesta da parte dei cittadini del suo riesame.

I motivi del ricorso

Il ricorso viene improntato (da quanto si comprende nella sentenza) a fronte del silenzio serbato da un Comune alla sollecitazione popolare (una petizione con 940 sottoscrizioni), finalizzata a garantire la gestione pubblica e partecipata del servizio idrico integrato (SII), l’acqua un bene comune fondamentale di natura demaniale, attraverso la continuità nell’affidamento del servizio al gestore esistente, opponendosi alla scelta di aggregazione (l’affidamento ad una società), oppure – in alternanza – alla reinternalizzazione delle funzioni.

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La sez. giur. Veneto della Corte dei Conti, con la sentenza n. 341 del 19 dicembre 2022 (relatore Consigliere Massa), interviene per condannare un economo e responsabile dell’ufficio finanziario di un Ente locale per l’indebita appropriazione di somme prelevate dal bilancio comunale (autoliquidazione di compensi aggiuntivi allo stipendio, operazioni di cassa ed economali) nell’arco di alcuni anni (sino alla data del suo trasferimento presso altra PA): un accertamento della responsabilità erariale, una palmare infedeltà (in violazione degli artt. 97 e 98 Cost.).

Fatti

I fatti sono emersi a seguito di verifiche contabili in chiusura di esercizio e dell’avvio di un procedimento penale per ipotesi di peculato (ex art. 314 c.p., ossia sottrazione di denaro pubblico), con misura cautelare e sequestro preventivo del profitto del reato (seguiva condanna alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed incapacità di contrattare con la PA, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, e confisca dei beni).

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Danno erariale per l’appropriazione indebita di somme del bilancio

Danno erariale per l’appropriazione indebita di somme del bilancio

La sez. giur. Veneto della Corte dei Conti, con la sentenza n. 341 del 19 dicembre 2022 (relatore Consigliere Massa), interviene per condannare un economo e responsabile dell’ufficio finanziario di un Ente locale per l’indebita appropriazione di somme prelevate dal bilancio comunale (autoliquidazione di compensi aggiuntivi allo stipendio, operazioni di cassa ed economali) nell’arco di alcuni anni (sino alla data del suo trasferimento presso altra PA): un accertamento della responsabilità erariale, una palmare infedeltà (in violazione degli artt. 97 e 98 Cost.).

Fatti

I fatti sono emersi a seguito di verifiche contabili in chiusura di esercizio e dell’avvio di un procedimento penale per ipotesi di peculato (ex art. 314 c.p., ossia sottrazione di denaro pubblico), con misura cautelare e sequestro preventivo del profitto del reato (seguiva condanna alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed incapacità di contrattare con la PA, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, e confisca dei beni).

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  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine

Condotta illecita dell’assessore all’urbanistica e danno d’immagine
  1. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico. 2. Il reato. 3. L’urbanistica. 4. La condotta corruttiva. 5. La quantificazione del danno d’immagine. 6. La difesa. 7. Il principio ne bis in idem. 8. Il danno d’immagine. 9. Sulla retroattività del criterio di quantificazione del danno. 10. Piena cognizione del giudice contabile.
  2. Il danno d’immagine e la condotta dell’amministratore pubblico

La sez. giur. Lombardia della Corte dei Conti, con la sentenza n. 254 del 9 novembre 2022, interviene per condannare un amministratore locale al danno d’immagine (con conversione in pignoramento del sequestro conservativo su richiesta della Procura contabile ante causam), e relativo risarcimento, a favore del Comune in relazione ad una condotta corruttiva, consistente in un accordo con il privato in ambito urbanistico (l’illecita condotta nel c.d. mettersi “a disposizione”)[1], a seguito di condanna definitiva alla pena detentiva di anni tre di reclusione per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di cui all’art. 319 c.p. commesso in qualità di assessore comunale all’urbanistica.

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La sez. I Roma del TAR Lazio, con la sentenza 15 novembre 2022, n. 14981, chiarisce i contorni del silenzio dell’Amministrazione, dove allo stesso non necessariamente si possa attribuire un inadempimento dall’esercizio del potere amministrativo, quando manca il destinatario.

Fatti

Si ricorre (da parte di due associazioni) avverso il silenzio asseritamente ritenuto illegittimo (inadempimento), a seguito di diffida, volto ad ottenere l’emanazione di un provvedimento (da parte del Ministero della giustizia) finalizzato alla determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per la professione giornalistica, ai sensi dell’articolo 9, Disposizioni sulle professioni regolamentate, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere.

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Il silenzio in presenza di un potere regolamentare

Il silenzio in presenza di un potere regolamentare

La sez. I Roma del TAR Lazio, con la sentenza 15 novembre 2022, n. 14981, chiarisce i contorni del silenzio dell’Amministrazione, dove allo stesso non necessariamente si possa attribuire un inadempimento dall’esercizio del potere amministrativo, quando manca il destinatario.

Fatti

Si ricorre (da parte di due associazioni) avverso il silenzio asseritamente ritenuto illegittimo (inadempimento), a seguito di diffida, volto ad ottenere l’emanazione di un provvedimento (da parte del Ministero della giustizia) finalizzato alla determinazione dei parametri per la liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per la professione giornalistica, ai sensi dell’articolo 9, Disposizioni sulle professioni regolamentate, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere.

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