«Libero Pensatore» (sempre)

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 giugno 2025, n. 5622, conferma un orientamento granitico secondo il quale non può operare l’istituto del silenzio – assenso in ambito edilizio quando il privato presenta consapevolmente un’errata rappresentazione dei fatti (data di realizzo): l’eventuale pretesa sanatoria per silentium non trova cittadinanza, ben potendo (senza limitazioni) l’Amministrazione operare d’ufficio l’annullamento e i poteri sanzionatori del ripristino dei luoghi.

È noto che in presenza di un’opera abusiva non è configurabile alcun legittimo affidamento che possa giustificare la conservazione dello stato di illiceità, ben potendo l’Amministrazione operare alla rimozione dell’abuso anche a distanza di tempo[1], donde l’inadempimento dell’ordinanza di demolizione, in linea con la natura afflittiva della sanzione, comporta l’acquisizione gratuita[2].

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Il silenzio assenso non opera in presenza dell’infedele rappresentazione

Il silenzio assenso non opera in presenza dell’infedele rappresentazione

La sez. II del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 giugno 2025, n. 5622, conferma un orientamento granitico secondo il quale non può operare l’istituto del silenzio – assenso in ambito edilizio quando il privato presenta consapevolmente un’errata rappresentazione dei fatti (data di realizzo): l’eventuale pretesa sanatoria per silentium non trova cittadinanza, ben potendo (senza limitazioni) l’Amministrazione operare d’ufficio l’annullamento e i poteri sanzionatori del ripristino dei luoghi.

È noto che in presenza di un’opera abusiva non è configurabile alcun legittimo affidamento che possa giustificare la conservazione dello stato di illiceità, ben potendo l’Amministrazione operare alla rimozione dell’abuso anche a distanza di tempo[1], donde l’inadempimento dell’ordinanza di demolizione, in linea con la natura afflittiva della sanzione, comporta l’acquisizione gratuita[2].

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La sez. V bis Roma, del TAR Lazio, con la sentenza 27 giugno 2025, n. 12775, individua quale requisito per l’ottenimento della cittadinanza italiana la residenza anagrafica nel territorio, aspetto da comprovare mediante una certificazione anagrafica, senza possibilità di “autocertificarlo” con altri elementi o situazioni di fatto[1].

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La residenza effettiva quale requisito per la cittadinanza italiana

La residenza effettiva quale requisito per la cittadinanza italiana

La sez. V bis Roma, del TAR Lazio, con la sentenza 27 giugno 2025, n. 12775, individua quale requisito per l’ottenimento della cittadinanza italiana la residenza anagrafica nel territorio, aspetto da comprovare mediante una certificazione anagrafica, senza possibilità di “autocertificarlo” con altri elementi o situazioni di fatto[1].

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La sez. IV, del Consiglio di Stato, con la sentenza 17 giugno 2025 n. 5289, delimita i limiti esterni delle società partecipate, quelle a doppio oggetto, con vincoli più restrittivi delle società in house, per tutelare la concorrenza tra imprese private (il c.d. leveling the playing field)[1], le quali possono operare all’interno delle attività affidate dai soci non potendo entrare nel libero mercato, avendo vincoli di scopo invalicabili: la società mista, pubblico frazionato al 51% (incapace da solo di controllare la società, ex art. 2359 c.c.) e privato, non può concorrere a gare bandite da Enti non soci.

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Società pubblica e vincolo di scopo

Società pubblica e vincolo di scopo

La sez. IV, del Consiglio di Stato, con la sentenza 17 giugno 2025 n. 5289, delimita i limiti esterni delle società partecipate, quelle a doppio oggetto, con vincoli più restrittivi delle società in house, per tutelare la concorrenza tra imprese private (il c.d. leveling the playing field)[1], le quali possono operare all’interno delle attività affidate dai soci non potendo entrare nel libero mercato, avendo vincoli di scopo invalicabili: la società mista, pubblico frazionato al 51% (incapace da solo di controllare la società, ex art. 2359 c.c.) e privato, non può concorrere a gare bandite da Enti non soci.

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La sez. V bis Roma, del TAR Lazio con la sentenza 29 maggio 2025, n. 10391, entra nel merito del giudizio sulla valutazione dell’integrazione dello straniero ai valori dell’ordinamento nazionale (quelli costituzionali), dove le condotte penalmente rilevanti (reiterate in un breve arco temporale) possono incidere sull’esito dell’istruttoria per la concessione dello status di cittadino.

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Cittadinanza e integrazione ai valori costituzionali

Cittadinanza e integrazione ai valori costituzionali

La sez. V bis Roma, del TAR Lazio con la sentenza 29 maggio 2025, n. 10391, entra nel merito del giudizio sulla valutazione dell’integrazione dello straniero ai valori dell’ordinamento nazionale (quelli costituzionali), dove le condotte penalmente rilevanti (reiterate in un breve arco temporale) possono incidere sull’esito dell’istruttoria per la concessione dello status di cittadino.

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La sez. controllo della Corte dei conti per la Regione Sicilia, con parere n. 178 del 23 giugno 2025, nel confermare un orientamento sul lavoro svolto dal personale in quiescenza, che esclude il pagamento delle prestazioni svolte, in assonanza con il dato normativo (divieto di incarichi di studio e consulenza o direttivi), segnala una linea interpretativa, la quale ammette il pagamento delle prestazioni non escluse dalla legge, nel senso di non essere ricomprese nel non permesso: piena legittimità del pagamento della prestazione legale esercitata in via professionale dall’ex dipendente, un compito assolto prima della cessazione del rapporto.

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Affidamento incarico ad un legale (ex dipendente)

Affidamento incarico ad un legale (ex dipendente)

La sez. controllo della Corte dei conti per la Regione Sicilia, con parere n. 178 del 23 giugno 2025, nel confermare un orientamento sul lavoro svolto dal personale in quiescenza, che esclude il pagamento delle prestazioni svolte, in assonanza con il dato normativo (divieto di incarichi di studio e consulenza o direttivi), segnala una linea interpretativa, la quale ammette il pagamento delle prestazioni non escluse dalla legge, nel senso di non essere ricomprese nel non permesso: piena legittimità del pagamento della prestazione legale esercitata in via professionale dall’ex dipendente, un compito assolto prima della cessazione del rapporto.

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