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Articolo Pubblicato il 16 Luglio, 2023

La legittima decadenza del consigliere assenteista

La legittima decadenza del consigliere assenteista

Il Testo unico degli enti locali (ex d.lgs. n. 267/2000, TUEL) prevede al quarto comma dell’art. 43, Diritti dei consiglieri, in opposizione ad una serie di correlate garanzie e prerogative inerenti lo status di amministratore pubblico (il c.d. esercizio del munus publicum)[1], una norma di chiusura che consente (una facoltà) allo statuto di stabilire «i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative», con il fine di sanzionare colui che con l’assenza non garantisce la funzionalità del Consiglio, ovvero non esercita la funzione per la quale è stato eletto: un dovere di assistere e partecipare alle attività del Consiglio comunale.

La fonte e la ratio

Se, dunque, il Consigliere è titolare di una serie di poteri funzionali al mandato ricevuto con il voto popolare, è altrettanto coerente che l’esercizio di tale potere costituisce un obbligo giuridico (oltre che morale, c.d. etico) di agire nell’interesse della Comunità (ovvero, di quella rappresentanza che l’elettore trasferisce all’eletto), e il suo fondamento, sotto il profilo costituzionale[2], lo si può incontrare nel secondo comma dell’art. 54, quando si dispone che «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore»: una specificazione dell’obbligo di fedeltà (indicato al primo comma dell’art. 54 Cost.) nell’interesse dell’ufficio, con esclusione di ogni interesse personale, al perseguimento del buon andamento e dell’imparzialità della PA, con il precipitato del dovere giuridico di partecipare (presenziare: essere presente) all’attività dell’Istituzione.

Allo statuto (dell’Ente) viene affidato il compito di introdurre una procedura di verifica della condotta del Consigliere comunale nell’ipotesi di una sua reiterata assenza alle sedute assembleari[3], dimostrando un disvalore per tutti quei comportamenti inerti dell’eletto che fanno venire meno il dovere di attivarsi e di partecipare ai lavori e alle discussioni in seno al Consiglio: l’assenza dovrà essere giustificata (rectius motivata).

Invero, anche la volontà di non presenziare per “ragioni politiche” non può spingersi nemmeno alla definitiva abdicazione del ruolo rivestito ma deve comunque estrinsecarsi in azioni capaci di dare attuazione, in qualsiasi forma al mandato elettivo, confermando che l’inerzia non può – anche ove costituisca il frutto di una scelta mirata – protrarsi oltre un tempo ragionevole pena la compromissione del rapporto eletti/elettori, dato che il ruolo dei primi risulta completamente azzerato, oltre ad alterare inesorabilmente il quorum funzionale.

Ne consegue che la giustificabilità delle assenze dalle sedute del Consiglio Comunale, possono dar luogo a revoca quando mostrano con ragionevole deduzione un atteggiamento di disinteresse per motivi futili o inadeguati rispetto agli impegni con l’incarico pubblico elettivo, visto che l’elettorato passivo trova tutela a livello costituzionale (ex art. 51 Cost.): le ragioni che, in relazione al modo di esercizio della carica, possono comportare decadenza devono essere obiettivamente gravi nella loro assenza o inconferenza di giustificazione, ovvero nella loro estrema genericità, tale da impedire qualsiasi accertamento sulla fondatezza, serietà e rilevanza dei motivi stessi, oltre che sfornita di qualsiasi principio di prova.

In questo senso, affinché l’assenza dalle sedute possa assumere la connotazione di “protesta politica” occorre che il comportamento ed il significato di protesta che il Consigliere comunale intende annettervi siano in qualche modo esternati al Consiglio o resi pubblici in concomitanza alla estrema manifestazione di dissenso, di cui la diserzione delle sedute costituisce espressione[4].

Di converso, le circostanze da cui consegue la decadenza del Consigliere comunale vanno interpretate restrittivamente e con estremo rigore, data la limitazione che essa comporta all’esercizio di un munus publicum, considerando dunque che gli aspetti garantistici della procedura devono essere valutati attentamente, anche al fine di evitare un uso distorto dell’istituto come strumento di discriminazione delle minoranze[5].

Il caso

La sez. I del TAR Molise, con la sentenza 11 luglio 2023, n. 211, conferma un orientamento che legittima la decadenza a fronte di reiterate assenze ingiustificate, qualora l’interessato, nella procedura di contestazione, non dimostri in modo inequivocabile che l’impedimento risulti oggettivamente indilazionabile (assoluto) e non dipeso da una negligenza o incapacità temporanea, rientrante nell’ordinaria alea di vita del Consigliere, ossia posto al di fuori del dominio dell’assente, dimostrando quella “diligenza media” che giustifica l’assenza (protratta per sette sedute consecutive) senza addebito.

I motivi del ricorso:

  • modalità di assunzione della delibera di decadenza a scrutinio palese, anziché segreto e in seduta pubblica;
  • scarsa motivazione di contestazione, disattendendo gli apporti (giustificazioni) del Consigliere decaduto, le quali erano riferite alle difficoltà tecniche di connessione da remoto e dissidi con la maggioranza sfociata nell’uscita dalla compagine di governo del Sindaco (donde, il provvedimento espulsorio sottoforma di “decadenza”, ossia ammantato da ragioni estranee all’assenza ingiustificata);
  • invalidità (nella sub specie di nullità) della deliberazione di adozione del regolamento per la disciplina delle sedute di Consiglio e Giunta in videoconferenza da remoto.

Il voto palese

Il Collegio analizza i richiami statutari sulle modalità di votazione non riscontrando alcuna preclusione alla votazione, anche con riferimento al provvedimento impugnato, che la difesa (diversamente) riteneva rappresentare una decisione connotata da un «marcato carattere personalistico”, implicando valutazioni necessariamente soggettive relative… a comportamenti tenuti dal soggetto» dichiarato decaduto, con la necessità di assicurare cautele e riservatezza (seduta e votazione segreta).

In effetti, la norma statutaria si limitava a richiedere la votazione segreta in presenza di apprezzamenti su «qualità morali o capacità professionali» di persone, rilevando che tali specifiche evenienze risultavano estranee al caso di specie, nel quale viene piuttosto in rilievo una verifica di oggettiva giustificabilità, a prescindere da qualsivoglia considerazione sulla persona e sulle sue doti, ovvero sulla “condotta” politica dell’interessato: il voto palese risulta legittimo e tale modalità di votazione non esige, alcuna motivazione specifica sulla modalità di espressione del voto, anche in presenza di un’opposizione alla votazione palese.

In termini diversi, quando non sia definita una modalità di votazione il voto è palese e, a fronte di una richiesta di votazione segreta, il Consiglio dovrebbe giustificare tale modalità derogatoria (visto che il principio generale è quello della trasparenza del processo decisionale, salvo i casi di valutazioni di persone nei termini sopra indicati), oltre alla possibilità di sottoporre a giudizio del suo Presidente ogni aspetto non definito dal regolamento o dallo statuto.

La ponderazione della decisione

Sulla sostenibilità del processo decisionale in relazione alle controdeduzioni fornite dal Consigliere[6], viene osservato che l’attività istruttoria risultava completa, argomentate nei punti, sostenuta dell’espressioni di voto della maggioranza consiliare (oneri motivazionale) sull’accertamento delle assenze in contestazione: il dato oggettivo riporta a 15 assenze in 23 sedute.

Sulle difficoltà di connessione da remoto in videoconferenza (circostanza non congruamente dimostrata), viene appurato che sul punto dolente l’Amministrazione (fatto non contestato) proprio per risolvere i limiti tecnologici metteva a disposizione apposite postazioni presso la sede comunale, soddisfando la richiesta: aspetto risolutorio che non è stato utilizzato dal ricorrente («ovviando alle proprie difficoltà di collegamento ad internet mediante il percorso –senza traffico di sorta- dei pochi chilometri separanti la propria frazione dal centro del Comune»), ergo nessun impedimento assoluto o temporaneo.

Privo di pregio risultano le argomentazioni dell’assenza, quale forma di dissenso politico con il Sindaco e la maggioranza, atteso che il ricorrente in occasione delle proprie assenze, non risulta avere mai assegnato pubblicamente (o in sede consiliare, a verbale dell’assenza) a queste un significato: “politico” o “ostruzionistico[7].

In breve, le reiterate assenze non sono mai state giustificate da impedimenti e/o motivi di eventuale opposizione politica (aspetto dichiarato solo a posteriori in sede di contestazione)[8].

La seduta in videoconferenza

Con riferimento alla decisione adottata in videoconferenza, con la modalità prevista per il periodo emergenziale della pandemia, seguito anche dopo la scadenza ed in assenza di regolamento, il Tribunale osserva che, al di là dell’assenza di una fonte interna (e non di legge) la deliberazione risulterebbe semplicemente annullabile, e non già radicalmente nulla; era, quindi, soggetta ad onere d’impugnativa nel consueto breve termine perentorio: onere ravvisabile anche in capo all’odierno ricorrente, per la semplice ragione che il regolamento in questione investiva direttamente le modalità di esercizio delle sue prerogative di Consigliere comunale: aspetto non rilevato nei termini ordinari di impugnazione (e, pertanto, presentato in modo tardivo).

Viene osservato, altresì, che l’utilizzo in modalità di video conferenza (poi prevista da regolamento) delle sedute rientra tra le scelte discrezionali di colui che è legittimato a convocare la seduta, rilevando che tale modalità “da remoto” sarebbe divenuta ormai, di fatto, una forma ordinaria di operare degli organi deliberanti, rendendo del tutto evanescente la circostanza di motivarne la scelta[9].

Osservazioni

La sentenza ha il pregio di entrare nella sostanza del contenuto della norma in termini di evidenza, senza soffermarsi sulle sfumature di una condotta che si è protratta nel tempo di diserzione dai compiti affidati attraverso una votazione popolare (le elezioni), espressione della partecipazione democratica alla vita delle Istituzioni, con piena libertà di mandato.

Nel corso del tempo, non è il primo caso, le maggioranze possono cambiare e l’adesione iniziale può venire meno rispetto alla conduzione della gestione amministrativa (aspetto legato alle libertà di opinione/pensiero), la dimensione pratica dell’êthos (greco) esigerebbe chiarezza e prudenza (saggezza, con riferimento alle virtù cardinali), evitando il ricorso alla decadenza ingiustificata o giustificata dall’azione politica (vige il principio dell’assenza di vincolo di mandato): la mancata partecipazione al dibattito deve essere giustificata con ragioni oggettive e credibili, senza mediazioni ultronee (ossia, estranee al contesto).

Giustificare l’assenza per la mancata connessione da remoto o per il dissenso politico non sono state ritenute cause esimenti dal GA (specie in presenza di supporti tecnici adeguati messi a disposizione dall’Amministrazione al Consigliere e senza alcun preavviso di natura politica avverso): l’espulsione dal Consiglio comunale mediante la decadenza per assenze ingiustificate allontana sempre più il divario tra cittadini elettori e amministratori pubblici, alimentando l’astensione, quella perdita di fiducia nei valori che le Istituzioni dovrebbero incarnare.

[1] La strumentalità dei diritti previsti dai primi tre commi dall’art. 43 del TUEL, afferenti alla carica consiliare, comporta una serie di prerogative di indirizzo e controllo sull’operato degli uffici comunali, destinate ad essere esercitate con una potenziale conoscibilità erga omnes dei dati e delle informazioni detenute dagli uffici, anche di natura riservate, dimostrando che l’esigenza conoscitiva (per queste ultime) si collega effettivamente all’esame di questioni proprie dell’assemblea consiliare, TAR Marche, Ancona, sez. I, 31 marzo 2022, n. 213.

[2] Cfr. il primo comma, dell’art. 78, Doveri e condizione giuridica, del d.lgs. n. 267/2000, si esplicitano i principi costituzionali dell’art. 97 Cost., «il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2 e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni».

[3] La valutazione circa la sussistenza delle cause di decadenza del Consigliere è di esclusiva competenza del Consiglio comunale ex art. 43, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000. Resta ferma la potestà del singolo consigliere comunale di esercitare il diritto d’iniziativa, Ministero Interno, Decadenza del consigliere per mancata partecipazione alle sedute consiliari, 3 marzo 2021, 05.02.05, Consiglieri: prerogative e compiti.

[4] TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 gennaio 2022, n. 7. Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. I 29 marzo 2019, n. 1765, ove si chiarisce che la decadenza, intesa quale misura sanzionatoria, non può riguardare il deliberato astensionismo di un Consigliere comunale che viene esercitato in un contesto di dialettica politica tra maggioranza ed opposizione di documentata conflittualità tanto più se l’astensionismo risulta deliberato e preannunciato, in conformità ad una decisione assunta dai gruppi consiliari di appartenenza ed adeguatamente motivata in relazione ad un asserito atteggiamento della maggioranza che li ha esclusi dalle scelte amministrative più significative.

[5] Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 743.

[6] Cfr. LUCCA, Il consigliere assenteista che diserta ingiustificatamente le sedute del consiglio comunale, segretaricomunalivighenzi.it, 28 gennaio 2019, ove si analizza il contenuto minimo che deve assumere la giustificazione dell’assenza in Consiglio comunale, da parte di un componente del plènum, «deve essere presente un “impedimento oggettivo”, o quanto meno “credibile”, che escluda che le assenze dalle sedute siano motivate da un atteggiamento di disinteresse per motivi “futili o inadeguati” non compatibili con la funzione ricoperta, proiettata a garantire il buon andamento dell’azione amministrativa: non deve emergere una condotta di “disinteresse e noncuranza” nell’espletamento del mandato amministrativo». Sulla casistica, vedi, LUCCA, Brevi considerazioni sulla decadenza dalla carica di consigliere comunale per assenze ingiustificate, LexItalia.it, 2012, n. 10 e Decadenza dalla carica del consigliere comunale assente con certificazione medica, lasettimanagiuridica.it, 28 febbraio 2021.

[7] Cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 24 settembre 2012, n. 1541.

[8] Le assenze per mancato intervento dei Consiglieri dalle sedute del Consiglio comunale non devono essere giustificate preventivamente di volta in volta; ciò in quanto possono essere fornite successivamente, anche dopo la notificazione all’interessato della proposta di decadenza, ferma restando l’ampia facoltà di apprezzamento del Consiglio comunale in ordine alla fondatezza e serietà ed alla rilevanza delle circostanze addotte a giustificazione delle assenze, Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2019, n. 4047 e 20 febbraio 2017, n. 743.

[9] Cfr. LUCCA, La videoconferenza e il lavoro agile verso il futuro dopo il COVID-19, segretaricomunalivighenzi.it, 9 aprile 2020, ove si annotava che «gli effetti pratici conseguenti e già conseguiti, indicano un futuro già presente sollecitato (malgrado tutto) dall’emergenza COVID-19, dove il “lavoro agile” e la “videoconferenza” sono strumenti che entreranno nelle dinamiche dell’organizzazione del lavoro pubblico (nel privato già presente), capaci di rivalutare le professionalità esistenti, semplificando i rapporti tra la P.A. e i cittadini: riducendo tutto all’essenzialità (forse)».