«Libero Pensatore» (sempre)

La quarta sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 51 del 14 gennaio 2019, interviene per chiarire i limiti del diritto di accesso civico in ambito contrattuale.

Il ricorso verteva contro il provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso civico generalizzato (presentato da un’associazione di promozione sociale) da parte del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) in sede di riesame e da parte del Responsabile del Procedimento, oltre alla richiesta del risarcimento dei danni patiti e patiendi, relativamente all’offerta tecnica presentata dal ricorrente (società cooperativa sociale) in sede di gara.

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Accesso civico generalizzato autorizzato in modo illegittimo: il danno va provato

Accesso civico generalizzato autorizzato in modo illegittimo: il danno va provato

La quarta sez. Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza n. 51 del 14 gennaio 2019, interviene per chiarire i limiti del diritto di accesso civico in ambito contrattuale.

Il ricorso verteva contro il provvedimento di accoglimento dell’istanza di accesso civico generalizzato (presentato da un’associazione di promozione sociale) da parte del Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) in sede di riesame e da parte del Responsabile del Procedimento, oltre alla richiesta del risarcimento dei danni patiti e patiendi, relativamente all’offerta tecnica presentata dal ricorrente (società cooperativa sociale) in sede di gara.

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La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 283 annota – sul piano sostanziale – gli obblighi di trasparenza e gli effetti del conflitto di interessi sulla nomina della commissione di gara: l’assenza del conflitto di interessi non inficia l’operato, anche nei casi di mancato controllo da parte del RUP in sede di nomina.

È noto che, ai sensi della seconda parte del comma 9, dell’art. 77 del D.Lgs. n. 50/2016, «le stazioni appaltanti, prima del conferimento dell’incarico, accertano l’insussistenza delle cause ostative alla nomina a componente della commissione giudicatrice di cui ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo, all’articolo 35 bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all’articolo 42 del presente codice».

Tale attività istruttoria è finalizzata ad avere una commissione di gara composta di soggetti competenti, privi di impedimenti di natura giuridica (ovvero, che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale), senza conflitti di interessi, avendo lo scopo di valorizzare la neutralità del processo decisionale.

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Conflitto di interessi, pubblicità, trasparenza e nomina della commissione di gara: verifica effettiva più che onere formale

Conflitto di interessi, pubblicità, trasparenza e nomina della commissione di gara: verifica effettiva più che onere formale

La quinta sez. del Cons. Stato, con la sentenza 14 gennaio 2019, n. 283 annota – sul piano sostanziale – gli obblighi di trasparenza e gli effetti del conflitto di interessi sulla nomina della commissione di gara: l’assenza del conflitto di interessi non inficia l’operato, anche nei casi di mancato controllo da parte del RUP in sede di nomina.

È noto che, ai sensi della seconda parte del comma 9, dell’art. 77 del D.Lgs. n. 50/2016, «le stazioni appaltanti, prima del conferimento dell’incarico, accertano l’insussistenza delle cause ostative alla nomina a componente della commissione giudicatrice di cui ai commi 4, 5 e 6 del presente articolo, all’articolo 35 bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all’articolo 42 del presente codice».

Tale attività istruttoria è finalizzata ad avere una commissione di gara composta di soggetti competenti, privi di impedimenti di natura giuridica (ovvero, che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale), senza conflitti di interessi, avendo lo scopo di valorizzare la neutralità del processo decisionale.

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La sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta, con la sentenza del 14 gennaio 2019, n. 2 accoglie il ricorso contro il diniego di adozione di un progetto individuale di vita rivolto ad un minore, condannando la Regione ad attivare ad un facere: l’adozione degli atti necessario per garantire i diritti del minore disabile, di cui all’art. 8 della L.R.V.D.A. n. 14/2008 con tutte le misure previste.

La Regione denegava, anche in sede di riesame, l’istanza per un provvedimento di approvazione di un progetto previsto dalla disciplina nazionale e regionale di settore, per la valorizzazione, integrazione e promozione della qualità di vita in favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie (nel caso di specie, si trattava di un minore con grave disabilità riconosciuta, con necessità di assistenza infermieristica specializzata costante).

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Piena tutela del minore con disabilità alla richiesta di un progetto individuale di miglioramento della qualità di vita: un dovere di risultato in capo alla P.A.

Piena tutela del minore con disabilità alla richiesta di un progetto individuale di miglioramento della qualità di vita: un dovere di risultato in capo alla P.A.

La sez. Unica del T.A.R. Valle D’Aosta, con la sentenza del 14 gennaio 2019, n. 2 accoglie il ricorso contro il diniego di adozione di un progetto individuale di vita rivolto ad un minore, condannando la Regione ad attivare ad un facere: l’adozione degli atti necessario per garantire i diritti del minore disabile, di cui all’art. 8 della L.R.V.D.A. n. 14/2008 con tutte le misure previste.

La Regione denegava, anche in sede di riesame, l’istanza per un provvedimento di approvazione di un progetto previsto dalla disciplina nazionale e regionale di settore, per la valorizzazione, integrazione e promozione della qualità di vita in favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie (nel caso di specie, si trattava di un minore con grave disabilità riconosciuta, con necessità di assistenza infermieristica specializzata costante).

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Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza del 2 gennaio 2019, n. 12 definisce i confini del diritto di accesso (diritto soggettivo pubblico) dei consiglieri comunali, disciplinato dall’articolo 43, comma 2, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che se da una parte, viene ritenuto una espressione delle prerogative di controllo democratico e non incontra alcuna limitazione in relazione all’eventuale natura riservata degli atti o delle informazioni, stante anche il vincolo del segreto d’ufficio, dall’altra parte, non può che essere strumentale all’esercizio della funzione pena la sua limitazione.

In via generale, tale diritto di informazione è funzionale al particolare munus espletato dal consigliere comunale, proiettato all’esercizio della funzione, con piena cognizione di causa, e senza alcuna interposizione da parte degli uffici sul contenuto del diritto.

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Limiti cogenti ed evolutivi al diritto di accesso dei consiglieri comunali

Limiti cogenti ed evolutivi al diritto di accesso dei consiglieri comunali

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza del 2 gennaio 2019, n. 12 definisce i confini del diritto di accesso (diritto soggettivo pubblico) dei consiglieri comunali, disciplinato dall’articolo 43, comma 2, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che se da una parte, viene ritenuto una espressione delle prerogative di controllo democratico e non incontra alcuna limitazione in relazione all’eventuale natura riservata degli atti o delle informazioni, stante anche il vincolo del segreto d’ufficio, dall’altra parte, non può che essere strumentale all’esercizio della funzione pena la sua limitazione.

In via generale, tale diritto di informazione è funzionale al particolare munus espletato dal consigliere comunale, proiettato all’esercizio della funzione, con piena cognizione di causa, e senza alcuna interposizione da parte degli uffici sul contenuto del diritto.

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La sez. II bis Roma, del T.A.R. Lazio con la sentenza n. 10268 del 23 ottobre 2018, interviene rilevando lo spessore istruttorio di una segnalazione anonima, capace di dare impulso ad un’attività d’indagine con effetti diretti sul contenuto dei fatti esposti (abuso edilizio), seppure di ignota provenienza.

La sentenza affronta gli effetti di un esposto anonimo sull’attività di vigilanza conseguente, compresi gli effetti sanzionatori, affrontando con chiarezza e puntualità una serie di argomenti di primario interesse per l’azione amministrativa e di vigilanza.

A seguito di un esposto, pervenuto per posta ordinaria, i Vigili Urbani effettuavano un sopralluogo, dal quale si accertava la presenza di tre cancelli abusivi (realizzati anche con demolizione di muro di recinzione) aggettanti su pubblica via.

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Piena cittadinanza nel diritto all’esposto anonimo come atto d’impulso per l’accertamento dell’istallazione abusiva di cancelli

Piena cittadinanza nel diritto all’esposto anonimo come atto d’impulso per l’accertamento dell’istallazione abusiva di cancelli

La sez. II bis Roma, del T.A.R. Lazio con la sentenza n. 10268 del 23 ottobre 2018, interviene rilevando lo spessore istruttorio di una segnalazione anonima, capace di dare impulso ad un’attività d’indagine con effetti diretti sul contenuto dei fatti esposti (abuso edilizio), seppure di ignota provenienza.

La sentenza affronta gli effetti di un esposto anonimo sull’attività di vigilanza conseguente, compresi gli effetti sanzionatori, affrontando con chiarezza e puntualità una serie di argomenti di primario interesse per l’azione amministrativa e di vigilanza.

A seguito di un esposto, pervenuto per posta ordinaria, i Vigili Urbani effettuavano un sopralluogo, dal quale si accertava la presenza di tre cancelli abusivi (realizzati anche con demolizione di muro di recinzione) aggettanti su pubblica via.

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Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Colpa grave del Sindaco che nomina dirigenti e addetti stampa senza titoli

Le sez. Unite Civ. della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33365 del 24 dicembre 2018, acclarano – in via definitiva – la colpa grave del Sindaco, del capoluogo di una Regione, per assunzione di personale privo di titoli necessari (12 persone, tra dirigenti e addetti stampa), pur in presenza di una militanza politica e riposta fiduciarietà (che, si presumeva, “fa curriculum”).

Viene, confermato, la c.d. sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave del Sindaco nell’attività svolta nella sua duplice veste di:

  1. proponente dei soggetti beneficiari degli incarichi;
  2. componente dell’organo politico collegiale che approvò le proposte.

L’intervento segue il ricorso avverso la sentenza n. 1391 del 22 dicembre 2016 della Corte Conti, sez. giurisdizionale Centrale di Appello, che disponeva condanne per varie fattispecie di danno erariale subito dal Comune, quali:

  1. illegittimi incarichi dirigenziali (6 persone), in mancanza dei presupposti normativi di cui all’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 (c.d. TUEL), in relazione al necessario possesso delle specifiche competenze professionali da individuare, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sottolineando l’irrilevanza al riguardo delle esperienze politiche;
  2. assunzioni addetti all’Ufficio Stampa (6 persone), carenti di presupposti stabiliti dalla Legge n. 150 del 2000 e dal regolamento attuativo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422.

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