«Libero Pensatore» (è tempo di agire)

Le sez. Unite Civili della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32976, intervengono per riaffermare che le controversie relative alla fase successiva alla stipulazione del contratto di regola ricadono nella giurisdizione dell’A.G.O.: la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, cui spetta di conoscere dei diritti e degli obblighi che derivano dalla stipulazione del contratto con la P.A.[1].

Va premesso che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione[2].

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Controversie (e forma) con la P.A. dopo la stipula del contratto

Controversie (e forma) con la P.A. dopo la stipula del contratto

Le sez. Unite Civili della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 13 dicembre 2019, n. 32976, intervengono per riaffermare che le controversie relative alla fase successiva alla stipulazione del contratto di regola ricadono nella giurisdizione dell’A.G.O.: la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, cui spetta di conoscere dei diritti e degli obblighi che derivano dalla stipulazione del contratto con la P.A.[1].

Va premesso che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione[2].

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Occorre, in premessa, rilevare che nella nozione di «servizi pubblici locali» si possono annoverare quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, con un’espressione che, nella sua sostanza evolutiva, si aggrega e individua negli scopi sociali e di sviluppo attenenti alle scelte di carattere politico attribuite al primo livello di governo: quello territoriale più prossimo ai cittadini[1].

Volendo andare oltre e precisare le coordinate di riferimento della cit. nozione di servizio pubblico (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), si devono tracciare le scelte su due elementi:

  1. la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
  2. la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità[2], rilevando che il fine dell’attività è quello di rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore[3].

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Le Autonomie Locali e il servizio pubblico di trasporto scolastico

Le Autonomie Locali e il servizio pubblico di trasporto scolastico

Occorre, in premessa, rilevare che nella nozione di «servizi pubblici locali» si possono annoverare quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, con un’espressione che, nella sua sostanza evolutiva, si aggrega e individua negli scopi sociali e di sviluppo attenenti alle scelte di carattere politico attribuite al primo livello di governo: quello territoriale più prossimo ai cittadini[1].

Volendo andare oltre e precisare le coordinate di riferimento della cit. nozione di servizio pubblico (in contrapposizione a quella di appalto di servizi), si devono tracciare le scelte su due elementi:

  1. la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti;
  2. la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico- professionale e qualità[2], rilevando che il fine dell’attività è quello di rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore[3].

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La sez. III Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 4 novembre 2019 n. 2300, interviene nel sanzionare la condotta irriguardosa nei confronti di un alunno tenuta da un compagno di scuola, segnando inevitabilmente una chiara indicazione precettiva nel censurare quelle manifestazioni di “violenza verbale” (c.d. bullismo) che operano all’interno di ambienti che dovrebbero “educare” la prole.

La sentenza è di vivo interesse giacché indica “la via” di condotta nei rapporti tra alunni ma estensibile, per ovvie ragioni di etica pubblica, nelle relazioni umane, ovvero nei rapporti tra “colleghi di lavoro” (sia con il pubblico) che devono essere improntati al rispetto reciproco e ai «doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare», ex art. 1 del D.P.R. n. 62/2013.

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Bullismo, sanzioni disciplinari e la perdita dell’etica

Bullismo, sanzioni disciplinari e la perdita dell’etica

La sez. III Milano del T.A.R. Lombardia, con la sentenza 4 novembre 2019 n. 2300, interviene nel sanzionare la condotta irriguardosa nei confronti di un alunno tenuta da un compagno di scuola, segnando inevitabilmente una chiara indicazione precettiva nel censurare quelle manifestazioni di “violenza verbale” (c.d. bullismo) che operano all’interno di ambienti che dovrebbero “educare” la prole.

La sentenza è di vivo interesse giacché indica “la via” di condotta nei rapporti tra alunni ma estensibile, per ovvie ragioni di etica pubblica, nelle relazioni umane, ovvero nei rapporti tra “colleghi di lavoro” (sia con il pubblico) che devono essere improntati al rispetto reciproco e ai «doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare», ex art. 1 del D.P.R. n. 62/2013.

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La terza sez. Palermo del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 2379, interviene per dichiarare illegittima un’ordinanza sindacale di requisizione loculi cimiteriali, ritenendo mancare i requisiti dell’urgenza e della straordinarietà per l’esercizio di poteri extra ordinem.

In effetti, il potere dell’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti, da parte del Sindaco[1], è volto a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, non hanno carattere sanzionatorio, ma svolgono una funzione necessaria all’eliminazione o rimozione dello stato di pericolo, con una prospettiva – immediata (indilazionabile) – di porre rimedio all’emergenza.

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I tempi dell’ordinanza di requisizione loculi

I tempi dell’ordinanza di requisizione loculi

La terza sez. Palermo del T.A.R. Sicilia, con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 2379, interviene per dichiarare illegittima un’ordinanza sindacale di requisizione loculi cimiteriali, ritenendo mancare i requisiti dell’urgenza e della straordinarietà per l’esercizio di poteri extra ordinem.

In effetti, il potere dell’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti, da parte del Sindaco[1], è volto a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, non hanno carattere sanzionatorio, ma svolgono una funzione necessaria all’eliminazione o rimozione dello stato di pericolo, con una prospettiva – immediata (indilazionabile) – di porre rimedio all’emergenza.

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Il T.A.R. Lombardia, sez. IV Milano, con la sentenza 7 ottobre 2019, n. 2106 conferma l’esigenza cogente, di matrice comunitaria, di procedere agli affidamenti in concessione di beni pubblici di rilevanza economica[1] solo a seguito di un procedimento ad evidenza pubblica, ammettendo un “diritto di prelazione” in capo al precedente gestore, in relazione all’interesse dell’affidatario uscente di continuare un’attività (didattica) di rilevanza pubblica (ex art. 33 Cost., rientrante nei c.d. diritti di libertà, con il connesso principio pluralistico della libertà di scuola)[2].

Il fatto, nella sua essenzialità, vede il ricorso del recedente affidatario (impresa sociale) avverso un bando per l’assegnazione in concessione d’uso di una unità immobiliare (c.d. valorizzazione immobiliare, ex art. 58 del D.L. n. 112/200), ubicata in un edificio comunale, per attività scolastiche nel quale non si ammetteva un diritto di rinnovo a favore del ricorrente (utilizzatore per il medesimo scopo nei precedenti dodici anni, sulla base di una concessione amministrativa) ma un diritto di prelazione.

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Concessionario uscente, diritto di prelazione e clausole concorsuali nell’affidamento di beni pubblici

Concessionario uscente, diritto di prelazione e clausole concorsuali nell’affidamento di beni pubblici

Il T.A.R. Lombardia, sez. IV Milano, con la sentenza 7 ottobre 2019, n. 2106 conferma l’esigenza cogente, di matrice comunitaria, di procedere agli affidamenti in concessione di beni pubblici di rilevanza economica[1] solo a seguito di un procedimento ad evidenza pubblica, ammettendo un “diritto di prelazione” in capo al precedente gestore, in relazione all’interesse dell’affidatario uscente di continuare un’attività (didattica) di rilevanza pubblica (ex art. 33 Cost., rientrante nei c.d. diritti di libertà, con il connesso principio pluralistico della libertà di scuola)[2].

Il fatto, nella sua essenzialità, vede il ricorso del recedente affidatario (impresa sociale) avverso un bando per l’assegnazione in concessione d’uso di una unità immobiliare (c.d. valorizzazione immobiliare, ex art. 58 del D.L. n. 112/200), ubicata in un edificio comunale, per attività scolastiche nel quale non si ammetteva un diritto di rinnovo a favore del ricorrente (utilizzatore per il medesimo scopo nei precedenti dodici anni, sulla base di una concessione amministrativa) ma un diritto di prelazione.

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La seconda sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza n. 1295 del 25 settembre 2019, interviene per limitare il diritto di accesso emulativo sull’attività della P.A., non funzionale o strumentale all’esercizio di una propria libertà o incisione della sfera giuridica: un controllo avulso dai principi del FOIA, pur ammissibile se circostanziato e anche in pendenza di procedimenti giudiziari.

La questione si presenta a fronte del silenzio – rigetto formatosi, ex art. 25, comma 4, della Legge n. 241/1990, sull’istanza relativa ad ordinanze di demolizione e successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione nei confronti di terzi soggetti, con l’intento di verificare l’attività posta in essere dagli organi tecnici in relazione ai provvedimenti repressivi in materia edilizia: una evidente cesura sul facere.

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Diritto di accesso “emulativo” in pendenza di procedimenti giudiziari

Diritto di accesso “emulativo” in pendenza di procedimenti giudiziari

La seconda sez. del T.A.R. Toscana, con la sentenza n. 1295 del 25 settembre 2019, interviene per limitare il diritto di accesso emulativo sull’attività della P.A., non funzionale o strumentale all’esercizio di una propria libertà o incisione della sfera giuridica: un controllo avulso dai principi del FOIA, pur ammissibile se circostanziato e anche in pendenza di procedimenti giudiziari.

La questione si presenta a fronte del silenzio – rigetto formatosi, ex art. 25, comma 4, della Legge n. 241/1990, sull’istanza relativa ad ordinanze di demolizione e successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione nei confronti di terzi soggetti, con l’intento di verificare l’attività posta in essere dagli organi tecnici in relazione ai provvedimenti repressivi in materia edilizia: una evidente cesura sul facere.

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