«Libero Pensatore» (è tempo di agire)
Le strade ad uso pubblico

Le strade ad uso pubblico

Strade ad uso pubblico

Una strada per essere classificata come pubblica non è sufficiente l’uso pubblico (il c.d. transito) ma deve sussistere una manifestazione espressa, da parte della pubblica amministrazione (c.d. P.A.), che quel determinato bene assolva una destinazione pubblica accompagnato da un valido titolo di proprietà del suolo o di un diritto di servitù pubblica, in base ad un atto idoneo a trasferire il dominio od a costituire la servitù: appartenenza all’ente pubblico (quoad proprietatem) e destinazione all’uso pubblico (quoad usum).

L’accertamento, pertanto, in ordine alla natura “pubblica” di una strada presuppone necessariamente l’esistenza di un atto o di un fatto in base al quale la proprietà del suolo su cui essa sorge sia di proprietà di un ente pubblico territoriale, ovvero che a favore del medesimo ente sia stata costituita una servitù di uso pubblico e che la stessa sia destinata all’uso pubblico con una manifestazione di volontà espressa o tacita dell’ente medesimo, senza che sia sufficiente a tal fine l’esplicarsi di fatto del transito del pubblico né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica o l’intervento di atti di riconoscimento da parte dell’amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta.

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Il divieto di pantouflage

Il divieto di pantouflage

SALO'La disciplina in materia di prevenzione della corruzione, ex legge n. 190/2012, ha inserito nell’art. 53, comma 16 ter del d.lgs. n. 165/2011 un vincolo per tutti i dipendenti (futuri ex dipendenti) che, negli ultimi tre anni di servizio (cd. periodo di raffreddamento), hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle P.A., di non poter svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.

In conformità a quanto sopra, l’ANAC nel bando – tipo n. 2 del 2 settembre 2014 ha espressamente previsto l’introduzione, tra le condizioni ostative alla partecipazione, oggetto poi di specifica dichiarazione da parte dei concorrenti, tale divieto ope legis, costituendo un modello di riferimento sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara per l’affidamento dei contratti pubblici, potendo discostarsene esclusivamente in presenza di una motivata deroga: tale clausola in tema di divieto di pantouflage risulta

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Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza

Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è una persona fisica, individuata dagli organi di governo delle amministrazioni pubbliche e dai soggetti tenuti alle norme in materia di prevenzione della corruzione, titolare di compiti stabiliti dalla legge e dalle indicazioni programmatiche dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nelle sue formulazioni di soft law, a cui viene affidato il compito di gestire, coordinare e vigilare sulle “misure” di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, anche sanzionatorio, allo scopo di garantire un modello di tutela anticipata in grado di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione (c.d. maladministration), non necessariamente rilevanti sotto il profilo penale.

Il concetto voluto dal legislatore di “corruzione” ha un’accezione più ampia di quella penale, tale da ricomprendere le varie situazioni e condotte amministrative che esulano dal perseguimento dell’interesse generale, per giungere all’abuso del potere (rectius conflitto di interessi) al fine di ottenere vantaggi personali: un uso a fini privati delle funzioni pubbliche che si riversa sull’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo e sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.

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Le novità normative in materia di whistleblowing

Le novità normative in materia di whistleblowing

Il whistleblowing è un istituto di prevenzione della corruzione, derivato dall’esperienza dei Paesi anglosassoni (oltreoceano), recepito a livello ordinamentale dalla Legge n. 190/2012, con l’inserimento nel Testo Unico del Pubblico Impiego (TUPI) dell’art. 54 bis a tutela del dipendente, fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro: la disciplina, assicura delle garanzie minime contro eventuali sanzioni o misure discriminatorie, dirette o indirette, avente effetti sulle condizioni di lavoro per ragioni collegate alla denuncia.

La proposta di legge «Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato» (approvata dalla Camera e modificata dal Senato. La proposta di legge C. 3365-B è stata trasmessa dal Senato il 18 ottobre 2017, in Commissione iniziato l’iter il 24 ottobre 2017 e concluso il 9 novembre 2017; discussione in Assemblea Camera iniziata il 14 novembre 2017 e conclusa il 15 novembre 2017, approvato definitivamente), intende rivedere la materia sostituendo integralmente l’articolo 54 bis del D.Lgs. n. 165/2001 (art. 1), prevedendo una tutela maggiore anche nel settore privato, incidendo sul c.d. modello 231, «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica» (art. 2), integrando la disciplina sul segreto (art. 3).

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La motivazione negli affidamenti

La motivazione negli affidamenti

Motivazione per tutti gli affidamenti

Non può mancare in questa prospettiva l’obbligo di motivare (ex art. 3 della legge n. 241/1990) le proprie determinazioni, le scelte compiute rendendo conto del processo decisionale, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche, motivazione (anche sintetica per gli affidamenti diretti) che deve trovare una propria coerenza con l’istruttoria, dimostrando che i criteri di scelta reggono su determinati presupposti da elencare “in chiaro” nel testo redazionale della determinazione a contrarre o dell’atto ad essa equivalente, al fine di assicurare la massima trasparenza, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione [41].

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Le valutazioni del d.lgs. n. 74/2017: i venti (o vinti) delle riforme

Le valutazioni del d.lgs. n. 74/2017: i venti (o vinti) delle riforme

Il decreto legislativo n. 74/2017 introduce una normativa di dettaglio a chiarimento di tutti quegli aspetti non sempre di facile applicazione:

1. la valutazione negativa delle performance, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e, in casi specifici e determinati, a fini disciplinari;

2. ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti, in una visione complessiva dell’agire pubblico;

  1. oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;
  2. gli OIV assumono un ruolo attivo nel segnalare eventuali necessità di interventi correttivi rispetto agli obiettivi programmati, anche in relazione alle risultanze dei controlli interni, con poteri propri di indagine e accesso agli atti;
  3. i cittadini diventano protagonisti ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;
  4. nella misurazione delle performance individuali del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità, rilevando che nei contratti di lavoro gli obiettivi di trasparenza s’intersecano con la produttività;
  5. è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria, introducendo sanzioni più incisive in caso di mancata adozione del Piano;
  6. sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati.

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